di Antonio Rei

La svolta bulgara di Matteo Renzi sull'Italicum frantuma il Partito Democratico e non convince gli italiani. Ma al Premier non interessa, ormai la decisione è presa. L'attuale Parlamento - delegittimato politicamente in quanto eletto con il Porcellum, dichiarato incostituzionale dalla Consulta - voterà una raffica di fiducie e seguirà una tabella di marcia a tappe forzate per approvare una legge elettorale che, in combinazione con la riforma del Senato, distorce l'assetto istituzionale del nostro Paese in senso autoritario.

Grazie al doppio turno e al premio di maggioranza previsto per la Camera, chi otterrà la maggioranza relativa nelle urne porterà a casa una quantità di seggi oceanica nell'unica Aula che avrà ancora potere decisionale sulle leggi ordinarie, visto che Palazzo Madama si trasformerà in un dopolavoro per enti locali. Addio ai pesi e ai contrappesi previsti dai padri costituenti: quello che ci attende è un presidenzialismo forte e mascherato, in cui il capo del governo avrà molto più margine decisionale rispetto ad oggi.

Il tutto amplificherà il meccanismo già in atto che attribuisce all'Esecutivo anche il potere legislativo tramite la pratica illegittima di moltiplicare l'associazione decreto-legge-voto-di-fiducia. Con tanti saluti al principio di rappresentanza e alla divisione dei poteri, evidentemente derubricati come inutili vezzi costituzionali. D'altra parte, la legge elettorale deve assicurare governabilità, no? Si parla e si discute, ma alla fine qualcuno deve pur decidere, giusto? Poco importa che questa strada logica, se percorsa fino in fondo, riesca a giustificare il dispotismo (in fondo, nel Ventennio mancavano i diritti, non certo la governabilità...).

"Il capo dello Stato conosce bene le prerogative del Parlamento e del governo - commenta Rosy Bindi, facendo seguito alle critiche di Pier Luigi Bersani -. Io comunque non faccio previsioni né do consigli a Capo dello Stato ma mettere la fiducia vuol dire tradire i rapporti fra governo e Parlamento e tradire la nostra vita democratica. La richiesta di fiducia sull'Italicum sarebbe una prova di debolezza da parte del governo e da Renzi non ce lo aspettiamo, ci aspettiamo prove di coraggio". Anche secondo il capogruppo dimissionario Roberto Speranza "Renzi sta commettendo un errore grave nel procedere con questa legge elettorale senza alcuna modifica. La scelta della fiducia è irricevibile, sarebbe errore politico madornale, una violenza vera e propria al Parlamento italiano".

I 5 Stelle minacciano "azioni extraparlamentari" e Arturo Scotto, capogruppo di Sel e Montecitorio, sottolinea che "la fiducia sulla legge elettorale è un'aberrazione: parliamo di una legge di rango costituzionale e sulla Costituzione nessun governo guidato dal buonsenso porrebbe mai la questione di fiducia".

Intanto, un sondaggio Ipsos pubblicato dal Corriere della Sera fotografa una situazione inquietante: il 35 percento degli italiani dichiara di non sapere quale sia il contenuto dell'Italicum (e l'ignoranza è in crescita, visto che a dicembre era il 29 percento), il 51 percento è contrario al provvedimento e solo il 34 percento si dice favorevole (un dato che sta cadendo a picco: dopo l’insediamento di Renzi, nel febbraio 2014, era al 58%, mentre lo scorso dicembre era al 45%). Il 61 percento, infine, ha una particolare avversione per i capilista bloccati.

Quest'ultimo punto è di particolare rilevanza. Di per sé, in verità, il tema generale delle preferenze assomiglia molto a uno specchietto per le allodole. La vulgata sostiene che bloccare le liste o i capilista significhi limitare la libertà di scelta degli elettori per favorire un sistema meno democratico di nomine. In realtà, si tratta di una considerazione parziale: anche con le preferenze gli elettori possono scegliere solo all'interno di una rosa limitata di nomi indicata dai partiti, perciò è evidente che non stiamo parlando di chissà quale strumento di democrazia diretta.

Tutto questo però non toglie che proprio l'avversione dello stomaco degli italiani al concetto di "blocco" nelle liste potrebbe spostare in modo decisivo l'ago della bilancia quando gli elettori saranno chiamati alle urne per il previsto referendum confermativo (o abrogativo?) sulle riforme. L'Italicum, insomma, otterrà quasi certamente il via libera Parlamento e non si trasformerà nella pietra su cui si consumerà la caduta del governo. Ma potrebbe comunque non sopravvivere fino alle prossime elezioni.

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