di Antonio Rei

Non fosse per la nausea, rimarrebbe solo la tristezza. La baracconata romana organizzata sabato dalla Lega di Matteo Salvini, che ha dato ampio spazio ai neofascisti di Casa Pound, si è risolta in un'accozzaglia di sproloqui male assortiti e male organizzati. Hanno fallito anche nel tentativo di riempire Piazza del Popolo, facendosi surclassare nei numeri dal corteo della sinistra antagonista romana, che ha portato 20mila persone in strada al grido di "Mai con Salvini" e "Fascisti e leghisti fuori da Roma".

Gli antirazzisti e gli antifascisti romani sono stati più che sufficienti a umiliare lo zoo fascio-leghista, ma è assurdo che l'unica risposta all'abominio salviniano sia arrivata dalla società civile. Davanti al palco di Salvini c'erano bandiere con croci celtiche bianche su fondo nero, ritratti di Benito Mussolini, energumeni rasati a pelle con il braccio destro caricato a molla per il saluto romano.

Non è mancata la solidarietà degli amichetti stranieri: dal videomessaggio di Marie Le Pen, leader dell'estrema destra francese, ai simpatizzanti di Alba dorata, il partito nazista che siede nel parlamento greco.  Accanto a tutte queste amenità sventolavano i vessilli della Lega e le bandiere anti-euro. Qualcuno, poco seguito, blaterava di quote latte, indossando con ingenua coerenza elmi cornuti.

Ha aderito alla manifestazione perfino il sindacato autonomo di Polizia, chiarendo a tutti in quali mani sia l'ordine pubblico. Sarebbe interessante sentire cosa pensa di fare il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ovvero quali provvedimenti intenderà adottare nei confronti degli agenti intervenuti sabato sul palco, alla luce dell'articolo 81 della legge n. 121 del 1981, in cui si chiarisce che "gli appartenenti alle forze di polizia debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche e non possono assumere comportamenti che compromettano l'assoluta imparzialità delle loro funzioni. Agli appartenenti alle forze di polizia è fatto divieto  di  partecipare  in  uniforme,  anche  se  fuori servizio, a riunioni  e  manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche".

E' vero, i poliziotti in questione non erano in divisa, ma hanno partecipato alla manifestazione di sabato in quanto SAP, non a titolo personale, perciò sarebbe legittimo attendersi per loro il divieto di prender parte al servizio d'ordine pubblico destinato alla vigilanza sulle manifestazioni operaie e studentesche o di qualunque altra natura riconducibile alla sinistra. L’evidente orientamento politico del SAP (già protagonista di altri episodi disgustosi e censurabili) è incompatibile con la neutralità politica ed obiettività richiesta alle forze di sicurezza a tutela dei diritti dei cittadini.

Insomma, sotto ogni punto di vista la baracconata di sabato è stata un insulto all'Italia. Sarà pedante, ma vale sempre la pena di ricordare che la XII disposizione transitoria della Costituzione italiana vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito Nazionale Fascista.

E la legge Scelba del 1952, quella che proibisce l'apologia del Fascismo, precisa che "la riorganizzazione" di cui parla la Carta si ha "quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista".

Difficile negare che in questa descrizione rientri a pieno titolo il raduno di Piazza del Popolo. E allora perché mai nessun membro del governo ha aperto bocca per condannare lo scempio? Sabato Renzi ha trovato il tempo di pubblicare un tweet puerile sulla nazionale di rugby, ma non di ricordare che in Italia l'antifascismo è un valore fondamentale.

E' una questione di dignità, ma naturalmente non significa che alle porte si affacci un nuovo Pnf. Lo zoo di Salvini è tutto tranne che un gruppo coeso. Nel suo eclettismo spregiudicato (che non gli vieta nemmeno di citare Don Sturzo e Don Milani), il leader leghista è riuscito a infilare nello stesso calderone persone che fino a un paio d'anni fa si sarebbero prese a schiaffi per strada (i celoduristi di "Roma ladrona" e la destra romana più becera).

Il problema è che per riuscirci ha dovuto usare i fattori aggreganti più efficaci sui trogloditi: il razzismo (ormai l'attacco ai rom è un ritornello), l'aspirazione alla violenza come legittima difesa (quasi santificato Graziano Stacchio, il benzinaio vicentino col fucile) e vari slogan dai contenuti elementari ma dalla forma accattivante, in quanto satura di male parole ("Vaffanculo alla Fornero", "Faremo un mazzo così ai burocrati"). Tutto pur di fare leva sul testosterone mal gestito e sulla libido repressa dei neofascisti. Che hanno trovato finalmente il loro nuovo capo.

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