di Fabrizio Casari

La cosiddetta riforma del Senato ha appena scavallato l’ennesima “settimana decisiva” - come ripete ormai ossessivamente, tra una foto e l’altra, la ministro Boschi - senza che nessuno possa dire quale sarà esattamente il testo, quanti la voteranno e quando sarà votata. Il Presidente del Consiglio, ormai auto avvoltosi nella sua immagine di politico determinato e determinante, distribuisce alternativamente minacce e ricatti all’interno del suo partito mentre spaccia selfie di passione con la famiglia Berlusconi. La noia monta, grazie a un copione composto da battute, pose e banalità infilate come perline che assumono ormai la valenza di un tormentone teatrale.

Per Renzi, le riforme sono il visto per l’Europa. Ma se è vero che l’Europa chiede le riforme istituzionali in cambio della flessibilità sui conti, perché mai le chiede solo a noi? Di quali riforme ha urgenza l’Europa? O meglio: cosa serve a quella lobby di tecnocrati e rappresentanti di gruppi bancari e finanziari che ha preso il controllo delle istituzioni continentali?

Bruxelles chiede le riforme solo a noi perché l’Italia, per storia, per collocazione geografica, per rilevanza economica e per cultura politica, come sempre nella storia, è un elemento di straordinaria importanza anche nella nuova architettura europea a trazione autoritaria. Si ritiene fattibile imporre il nuovo modello di dittatura europea perché l’Italia non ha mai goduto di sovranità nazionale, essendo dal 1946 un protettorato statunitense. Non ha mai goduto di alcuna forma di autonomia politica ed anche per questo è il Paese che più di ogni altro dispone di una classe dirigente acquistabile a prezzi di saldo.

E’ poi l’unico paese europeo che ha una storia di grandezza patria ferma al Risorgimento e alla guerra partigiana e che dispone di un’idea unitaria e di un concetto di nazione al di sotto di qualunque standard internazionale. Non fosse abbastanza, per giunta l’Italia è l’unico fra i principali Paesi europei che ha visto l’auto-dissolvimento della sinistra e, con essa, di ogni idea di destino diverso. Per questo si presta molto più che qualunque altro paese europeo all’esperimento di espropriazione definitiva della sua sovranità. L’Italia, in sostanza, è uno straordinario laboratorio per il nuovo modello europeo.

L’urgenza delle élites europee sta tutta qui. Nel ridisegno continentale del mercato del lavoro e della circolazione dei capitali, le multinazionali e le grandi organizzazioni della finanza speculativa vogliono poter rappresentare i propri interessi con una sorta di legittimità prevalente rispetto alle leggi nazionali. Ritengono cioè di poter vantare un diritto di sorvolo e di saccheggio su qualunque paese senza che le leggi interne di quei paesi possano in alcun modo impedirne o anche solo limitarne l’operato.

Per rendere fattibile tutto ciò si vuole marciare al passo dell’oca verso le riforme, per ridurre al minimo la possibilità di sopravvivenza della critica politica. Si vuole azzerare il dissenso politico per fare in modo che passino rapidamente ed agevolmente i trattati internazionali in discussione, che regolano e legalizzano il sovvertimento definitivo rispetto alle architetture statuali precedenti nella gerarchia tra finanza e politica, tra interessi di pochi e diritti di tutti.

Una partita difficile di cui si gioca qui il primo tempo. C’è la definitiva soppressione dell’equilibrio tra i poteri, dal momento che quello esecutivo comanda e controlla quello legislativo. Ridurre il ruolo ed il peso delle Assemblee Legislative ed ampliare i poteri del governo intacca in profondità a favore dell'Esecutivo il bilanciamento tra pesi e contrappesi, unica garanzia contro l'abuso. L'equilibrio tra i poteri viene così ridefinito a vantaggio della riorganizzazione del comando.

Si può infatti già vedere con nettezza come l’implosione dell’architettura istituzionale comporti, in premessa, l’alterazione profonda del rapporto tra controllati e controllori, tra eletti ed elettori. Dunque la riforma del Senato non ha nulla a che vedere con la modernizzazione del Paese.

E’ invece un’operazione utile a ridisegnare il quadro istituzionale dell’Italia con un modello di sistema che vede l’eliminazione “legale” di ogni possibile dissenso, di ogni forza politica non affine al bipartitismo di fatto che si esercita come grande coalizione. E’ la negazione per legge al diritto di obiettare, di concorrere ad armi pari per alternative di programma e di sistema e che consegna all’Esecutivo l’unico mazzo di chiavi disponibile per la governance del Paese.

Coerentemente con quanto avviene in molte repubbliche delle banane, il governo Renzi si mostra portatore di un modello che vede l’Italia dominante verso l’interno e dominata dall’esterno. Invece che “i cittadini sono uguali di fronte alla legge”, il nuovo cartello renzista indica, più agilmente, “non disturbate il manovratore”.

Lega, Forza Italia, Ncd, tutto va bene e tutti vanno bene, il Premier è pronto a concedere tutto mentre fa finta di non cedere su niente, purché si arrivi ad un voto in più con il quale possa finalmente raccontare al mondo che lui è riuscito dove altri hanno fallito. Quello che però si delinea ogni giorno più chiaramente è come la cosiddetta “riforma istituzionale” che propone il Presidente del Consiglio, al netto delle balle sulla storia dell’immunità, sia un orrido brogliaccio politicamente indigeribile sotto il profilo della relazione tra eletti ed elettori, addirittura incostituzionale in alcune delle norme che prevede.

Ed è triste che debbano essere Chiti e Mineo insieme a qualche malpancista forzitaliota a esprimere il dissenso (peraltro solo su alcuni aspetti del progetto), mentre il partito che un tempo rappresentò la sinistra declama l’avvenuta mutazione genetica del paese e della politica. L’Europa sognata e concepita da Altiero Spinelli e altre grandi personalità della cultura e della politica è tornata indietro, infrangendosi senza rumore sugli scogli di Ventotene.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy