di Rosa Ana De Santis

Le immagini dei migranti nel lager di Lampedusa, in fila come polli in batteria sotto i getti dell’acqua e dei disinfettanti, diffuse dal Tg2 hanno fatto il giro delle emittenti e del web. Scene che per chi è stato immigrato nei primi anni del secolo o nel dopoguerra non suscitano forse troppo clamore. Odioso che tutto questo accada ancora oggi, quando diritti universali e politiche per l’immigrazione sono, almeno sulla carta,  l’evidenza e le sfide culturali dell’agenda politica europea.

Sabato 21 dicembre, nel CIE di Ponte Galeria di Roma, gli ospiti, in segno di protesta, si sono cuciti la bocca. Sul posto sono giunti immediati i soccorsi del personale sanitario. Otto e tutti giovanissimi i protagonisti di questo rito scioccante. Il Sindaco Marino su Facebook ha espresso solidarietà e vicinanza per le condizioni estreme e indegne in cui i migranti sono costretti a vivere in questi centri di espulsione. Prigioni di fatto per persone che vengono equiparate a criminali da una legge decisamente inadeguata a gestire i flussi migratori.

E’ la cronaca ad argomentare questa tesi e non le fazioni politiche. Inadempienza della filiera legge-polizia e gestione dei CIE inadeguata costringono persone che non hanno commesso reati, ma sono rifugiati o profughi, a vivere anche molti mesi in queste condizioni. Non c’è solo il lager di Lampedusa, ma tutta la situazione dei CIE e dei CARA sul territorio nazionale rappresenta un’emergenza e una mina vagante per il paese. Le responsabilità del governo e dei soldi sprecati è allarmante.

La gestione dei CIE e di tutta l’immigrazione clandestina non è solo una spesa per il governo italiano, ma anche un’occasione di guadagno e una vera e propria forma di business. I volumi dei soldi spesi in queste strutture sono infatti da capogiro: milioni di euro all’anno per - in sostanza - non riuscire a gestire adeguatamente i flussi delle persone, esponendosi persino a denunce e moniti europee per i lager in cui gli stranieri sono trattenuti, come accaduto di recente, dopo i fatti di Lampedusa, da parte dell’Alto Commissariato per i rifugiati.

Le procedure di identificazione sono del tutto inadeguate e i soldi pubblici, spesi non si sa bene come, nei CIE non fanno che alimentare una “non soluzione” del problema, cronicizzandola ogni giorno un po’ di più. Nel 2012, per citare un esempio, sono state trattenute 7.700 persone nei CIE e rimpatriate meno della metà. Tutto questo rapportato al totale, certamente sottostimato, di 326mila immigrati senza documenti secondo la Fondazione Ismu.

Trattandosi di soldi dei contribuenti sarebbe il caso di capire perché si sia preferito investirli quasi tutti nella costruzione di queste galere per stranieri, piuttosto che nel rafforzamento dei soccorsi in mare o nella “burocrazia” addetta allo studio dei casi degli immigranti in arrivo. Da una parte sta il tentativo, complesso, di gestire il fenomeno inarrestabile dell’immigrazione, dall’altra la ricerca di sopportare questa pagina di storia mettendo in campo palliativi e magari qualche occasione fertile di guadagni.

E’ proprio questa seconda opzione che impedisce ancora oggi alle nostre istituzioni di sedersi in Europa con maggiore credibilità. Forse, altro esempio, perché la Germania ha accusato l’Italia di proporre buone uscite da 500 euro per chi proseguisse il viaggio verso altre mete europee. I documenti giornalistici di denuncia e le proteste dovrebbero mettere il Governo alla ricerca veloce di un rimedio.

Si potrebbe partire da un’ispezione palmo a palmo dei centri, da una rendicontazione dei soldi spesi e si dovrebbe ascoltare l’input delle associazioni impegnate sul campo per ripensare la legge e studiare procedure di identificazione e gestione del fenomeno finora disattese, ci sono innumerevoli documenti a riguardo.

L’inefficacia della procedura sembra non scuotere il Palazzo e l’indifferenza e l’avidità fanno sì che criminali e rifugiati sono trattati allo stesso modo. E’ così che muore e sta morendo il sogno dell’integrazione e anche la sicurezza di un paese.

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