di Rosa Ana De Santis

Sono arrivati persino nella tv rassicurante della domenica pomeriggio della Rai i nuovi poveri. Ex commercianti, padri separati, persone giovani che sono costrette ad andare alla Caritas per un pasto caldo e per un letto. Storie normali che proprio per questo tratto non eccezionale battono il tempo di un tempo che è cambiato. Un milione di famiglie non vive attraverso il reddito da lavoro: un numero allarmante e doppio rispetto alle stime del 2007.

E’ l’Istat a raccontare questa Italia del 2012 che è fuori dal mercato e dall’occupazione e che vive di entrate saltuarie o di misere pensioni. In questa quota ci saranno sicuramente dei privilegiati che possono contare su varie rendite, ma non sono certamente loro la quota significativa di questa ferita profonda della società italiana che conta un  aumento del ben 32%.

Anche per questo la sconfitta e l’implosione di quello che doveva essere il partito di riferimento della sinistra fa ancora più male e assume connotati più gravi. Sono 955 mila i nuclei familiari in queste condizioni e, soprattutto perché senza concrete vie di uscita, diventano un esercito, una mina vagante, un rischio anche per la tenuta democratica del Paese.

La politica, ovviamente, non fa una piega. Aver individuato in Napolitano, grande protettore del governo Monti e dominus del prossimo governissimo, l’unica soluzione possibile alla profonda crisi politico-istituzionale significa non aver individuato nel lavoro e nella crescita le priorità assolute per salvare il paese dal tracollo, non aver colto l’urgenza del cambiamento, ma l’aver avallato il metodo della continuità con il rigore e la finanza in cima alla lista della spesa nazionale.

E’ questo forse quell’elettorato esasperato che ha espresso la protesta votando Grillo il quale per ora, nonostante qualche inciampo da eccesso di entusiasmo, riesce a governare l’ebollizione di un popolo vessato e impoverito dove i poveri non sono più i disagiati e gli emarginati di anni fa, ma normalissimi cittadini senza lavoro, con figli a carico, e una casa che non riescono più a pagare e una spesa alimentare da Italia post bellica.

E se è la Caritas, come è, ad occuparsi di costoro è evidente che il welfare non tiene più. Del resto agli esodati non sono state date opzioni, il sistema della cassa integrazione non regge e i servizi pubblici assistenziali non arrivano a soddisfare la domanda. Il combinato di questi elementi con la restaurazione al governo fa dell’Italia una pentola a pressione come mai nella storia degli ultimi anni.

Qualcuno, sempre meno a dire il vero, investe speranza nel congresso futuro del PD, qualcuno dovrà fare i conti con la matematica politica, che assegna ancora al vecchio Cavaliere perdente un ruolo vincente o, per lo meno, un primato importante. Qualcuno (ancora troppo pochi) è pronto alla piazza della protesta.

E mentre si prepara il governo del Presidente viene in mente che forse per una volta nella storia italiana è la Chiesa ad aver capito, prima dello stato laico, quanto fosse urgente una svolta per non bruciare definitivamente il futuro della Casa di Dio e la fede dei suoi credenti. Questo mentre l’Italia non ha saputo fare altro che richiamare un presidente emerito indietro e un club di ragionieri per rispondere all’Europa e sempre meno e meno bene al bisogno di speranza o peggio ancora alla rabbia della disperazione targata Italia.

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