di Fabrizio Casari

Come previsto, il Presidente del Consiglio in carica per il disbrigo degli affari correnti, utilizza sfacciatamente la sua posizione istituzionale per svolgere la sua personale campagna elettorale. Sdoppiamento non nuovo, ne avevamo avuto dimostrazione con Berlusconi;  ma da cotanto esponente della “salita” in campo, qualcuno si sarebbe aspettato un maggiore aplomb, una più sobria gestione del doppio livello di presidente non eletto e candidato non eleggibile. Invece, senza nessun accenno al buon gusto istituzionale, senza nessun rispetto per una terzietà che s’imporrebbe visto che non è formalmente candidato a nulla, il professor Monti non cessa di esibirsi in una campagna elettorale sferrando colpi in ogni direzione al riparo della sua veste istituzionale.

L’ultima esibizione è andata in scena a Davos, dove ha (come sempre) addossato colpe a partiti e sindacati per quello che è stato il fallimento totale suo e della sua compagine di demiurghi improvvisati. Se nelle scorse settimane in alcune delle sue innumerevoli ospitate televisive aveva accusato i partiti di non avergli dato carta bianca per disegnare l’Italia a piacimento suo e dei suoi sponsor, stavolta l’obiettivo principale del premier candidato per procura è stata la CGIL, accusata di avere fermato la riforma del mercato del lavoro: "Non abbiamo potuto andare avanti abbastanza - ha detto - perché uno dei sindacati ha opposto una consistente resistenza e non ha firmato neanche l'accordo per la produttività come fatto dagli altri".

Già solo queste parole, visti il merito e l’impatto sul paese delle cosiddette riforme del governo dei professori e presunti tali, configurano un dato di merito inoppugnabile per il sindacato guidato da Susanna Camusso. Sia sulla riforma delle pensioni che su quella del mercato del lavoro i guasti prodotti dalla coppia Monti-Fornero sono stati pesantissimi. Nella vicenda degli esodati, poi, l’incapacità conclamata, miscelata con l’idolatria narcisista ed autoreferenziale dello scombinato duetto, ha prodotto una situazione drammatica per centinaia di migliaia di lavoratori, d’un colpo privi di lavoro e di pensione al tempo stesso.

Una gestione da dilettanti allo sbaraglio, incapace di leggere il quadro e persino i numeri. Ed è proprio grazie al sindacato a al PD che le misure previste dalla ministra del pianto non siano passate del tutto, cosa della quale, evidentemente, l’ex-advisor di Goldman Sachs ed ex di molto altro ancora non riesce a capacitarsi. Nel suo immaginario, il professore ritiene che partiti e sindacati siano un intralcio,  e che i governi (come disse in una intervista) non devono dare troppo ascolto al Parlamento. Un bel governo tecnocratico e teocratico, invadente verso l’interno e invaso dall’esterno è il suo orizzonte preferito.

Ma il fatto è che il fallimento della sua politica economica non è stato solo denunciato dai sindacati, ma anche dal Rapporto di Bankitalia e dal Fondo Monetario Internazionale nelle stime di crescita ridotte rispetto alle previsioni causa recessione indotta dalle politiche rigoriste e prive di equilibrio e tagli agli sprechi che il governo Monti ha somministrato all’Italia. Ovviamente, a detta di Monti sono Bankitalia e FMI in errore. Anzi, scopo la ricerca di voti, promette una ripresa dell’economia proprio nel 2013, benché tutti gli studi dicano sia improbabile. Bersani, che scemo non è, ha già fiutato l’inghippo sui conti e da qualche giorno fa presente come sia concreto il rischio di trovare “polvere sotto il tappeto”. Ovvero, rischiamo una nuova manovra di aggiustamento dei conti pubblici causa dati sbagliati.

E’ nervoso il professore. E ciò si spiega con il delinearsi costante della caduta dei consensi che la sua lista di riciclati incontra nelle intenzioni di voto. Fino a poco prima dello scioglimento delle camere, alcuni organi di stampa spacciavano sondaggi pallonari dai quali emergeva che Monti era l’uomo di cui si fidavano maggiormente gli italiani; una sorta di cucina Scavolini, insomma. Poi però, quando le promesse di non candidarsi hanno fatto la fine di quelle sull’equità, i sondaggi elettorali veri e propri hanno iniziato a delineare un ben più misero quadro per il centrino del professore, giustamente definito da Fassina una “lista del Rotary”.

La verità è che le proiezioni migliori per la sua lista non vanno oltre il 12% e che anzi, alcuni sondaggi che restano ancora chiusi nei cassetti, indicano il possibile risultato in una forchetta tra l’otto e il dieci per cento dei voti in conseguenza del recupero di Berlusconi. Ove così fosse, per Monti sarebbe una debacle totale, giacché la sola UDC ha sempre viaggiato tra il 5 e il sei per cento, al quale si dovrebbe aggiungere un 2% di FLI. Dunque quale sarebbe l’apporto del professore? Un due o tre per cento? Tanta boria per così pochi voti?

L’operazione elettorale di Monti, Casini e Fini, d’altra parte, è destinata solo a impedire che la destra o la sinistra possano vincere, che il paese abbia una chiara direzione politica dalle urne, che il bipolarismo si consolidi. Il progetto è impedire qualunque progetto. Il riferimento è alla stagione craxiana, caratterizzata dal tentativo piratesco di porsi a mo’ di Gino di Tacco sulla Rocca di Radicofani a taglieggiare i viandanti (cioè imporre i suoi al vincente relativo per trasformarlo in cambio in un vincente assoluto); ma potrebbe risultare inutile in assenza dei numeri necessari al Senato. Se infatti il PD e SEL dovessero riuscire ad avere la sufficiente maggioranza, il “dialogo” con il professore sarebbe di natura soprattutto “istituzionale”, relativo cioè alle riforme di sistema cui il prossimo governo dovrà mettere mano.

Ma c’è di più. Quale che sarà il risultato finale, sia esso l’otto o anche il dodici per cento, incombe il voto di Grillo. Se il M5S superasse il centrino, allora davvero Monti e Casini si ritroverebbero con il loro assemblaggio al quarto posto. Sarebbe la peggiore delle bocciature per il professore: gli italiani, che militano nei partiti, s’iscrivono ai sindacati ed eleggono i parlamenti sovrani, dimostrerebbero di saper mettere i voti ai professori.

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