di Mariavittoria Orsolato

Esattamente un mese fa, alle soglie della sua prima campagna elettorale per le politiche, Beppe Grillo aveva detto senza mezze misure che chiunque non la pensasse come lui all’interno del Movimento 5 Stelle poteva «prendere e andare fuori dalle palle». L’invettiva, diretta in primis ai “dissidenti emiliani” Giovanni Favia e Federica Salsi - il primo reo di aver messo in discussione l'orizzontalità del progetto di Casaleggio, la seconda colpevole di aver infranto il diktat sulle presenze in tv - è stata certamente illuminante rispetto ai canoni democratici che animano quello che ormai è a tutti gli effetti il partito di Beppe Grillo.

Un partito certamente esclusivo (nel senso letterale del termine) cui, secondo quanto affermato dal comico genovese, possono fare parte solo quanti non hanno obiezioni rispetto alla sua idea di governance. Certo una brusca retromarcia rispetto agli inizi, quando i meetup crescevano come i funghi e l'irrinunciabilità del dibattito veniva sbandierata in opposizione alle nomenklature della politica tradizionale.

Probabilmente conscio che su scala nazionale i numeri contano parecchio, in questi primi concitati giorni di campagna elettorale, Beppe Grillo ha deciso di cambiare strategia, optando per la via dell’inclusione e, non tanto a sorpresa, ha aperto le porte del suo movimento ai sedicenti fascisti del terzo millennio. L’occasione è stata la veglia per il deposito dei simboli per la tornata dei prossimi 24 e 25 febbraio.

Nella lunga coda formatasi davanti al Viminale, il comico e blogger genovese ha intrattenuto un’amabile conversazione (a favore di telecamera) con il vice presidente di Casa Pound Simone Di Stefano, sottolineando le numerose convergenze programmatiche e invocando “l’ecumenismo” della sua formazione, pronta ad abbracciare anche i neofascisti a patto che si riconoscano nel suo programma in 51 punti. In soldoni, il braccio di Casaleggio ha affermato candidamente che il grillismo non è ideologicamente contro il fascismo, che l’antifascismo «non è un problema che gli compete» perché «le questioni importanti sono altre».

Un'uscita perlomeno infelice per quanti si sono avvicinati al Movimento 5 Stelle da sinistra, ma assolutamente giustificabile per buona parte della base che difende a spada tratta il comico genovese. E lo fa adducendo la semplicistica motivazione che per i grillini le divisioni ideologiche tra destra e sinistra, tra comunisti e fascisti, appartengono alla vecchia politica e dunque sono da scardinare o quantomeno da ignorare in vista di un risultato politico. Come scrive Andrea Scanzi sul Fatto “le regole del M5S sono semplici e chiare (“ecumeniche”, direbbe Grillo): incensurati, niente tessere, due mandati, programma. Stop. Se poi alcune battaglie sono condivise da fascisti, comunisti, talebani, mengoniani o venusiani, il M5S le vota. Se Casa Pound è contraria agli inceneritori, il M5S vota con Casa Pound ”. Ma guai a chiamarlo opportunismo politico: il Movimento 5 Stelle ci tiene a ballare da solo e poco importa che le parole di Grillo facciano intendere tutt'altro riguardo quella che sarà l'effettiva prassi politica una volta giunti a Montecitorio.

Che questa strategia stia però lentamente cominciando a mostrare la sua inefficacia lo dimostrano i numeri. Il gradimento del comico genovese è sceso al 16% e, sebbene le proiezioni preconizzino un numero di seggi alla Camera che oscilla tra i 90 e 100, sono in molti a storcere il naso di fronte all’apertura del Movimento ai neofascisti di Casa Pound - grillini emiliani prima di tutti - e tra gli eletti alle amministrative cominciano le prime defezioni. Se Giovanni Favia si è candidato come da copione con la lista civica di Antonio Ingroia, a Carpi, in provincia di Modena, Lorenzo Paluan, consigliere comunale sostenuto dalla Lista civica 5 stelle e da Rifondazione comunista, ha deciso di sconfessare il simbolo di Grillo.

Lo scrive in un lungo comunicato d’addio: “Possiamo dirci non antifascisti, quindi, per quanto mi riguarda, la mia esperienza con il Movimento 5 Stelle, si interrompe qui, perché quello che per me era chiaro ed evidente nella pratica quotidiana di questo movimento, non può compensare certe uscite ed esternazioni di quello che (purtroppo anche qui venendo meno rispetto alle premesse di due anni fa), si definisce il suo capo politico”.

Quello che infatti manca a Grillo e a (buona) parte del suo seguito - e di cui invece pare far tesoro Paluan - è la memoria della storia recente e la consapevolezza di quanto stia accadendo fuori dai confini nazionali. L’ignoranza della storia recente (attenzione, non antica: recente) che emerge dalle parole di Grillo e da quelle dei selezionatissimi commentatori del suo blog è palese e incontrovertibile. La violenza fascista viene sempre declinata al passato remoto, relegata al nefasto Ventennio, mentre tutti i rigurgiti del nostro passato prossimo vengono derubricati o bellamente ignorati: come se non fossero esistite le trame nere, le bombe nelle banche e nelle piazze, e negli ultimi dieci anni non si fossero verificate in tutta Italia aggressioni fasciste contro migranti e attivisti di opposte idee politiche, omicidi, incendi di centri sociali ed altre amenità che certamente non appartengono alla categoria dell'antifascismo.

Allo stesso modo, l'attualità internazionale non viene minimamente tenuta in conto: i grillini “se ne fregano” del fatto che ora, in Europa, si stiano sviluppando forze apertamente neonaziste che, in certi casi - come in Grecia e Ungheria - si radicano nella società formando dei veri e propri movimenti popolari di massa, radicali, razzisti, ultraviolenti e tendenti al pogrom, il cui obiettivo dichiarato è la distruzione di ogni organizzazione sindacale, politica e culturale dei lavoratori, l’appiattimento di qualsiasi resistenza civile, la negazione del diritto alla differenza e lo sterminio (anche fisico) dei “diversi” e dei più deboli.

Insomma, se per far parte del movimento di Grillo è necessario pensarla allo stesso modo del leader  e se il modo di pensare del leader è uguale o comunque vicino a quello dei neofascisti di Casa Pound, allora il Movimento 5 Stelle, dinanzi al bivio valoriale (storicamente impossibile da eludere) tra sinistra e destra, sarà più portato a svoltare verso quest'ultima. E poco importa che prima dello scambio di battute con Di Stefano, Beppe Grillo avesse rimarcato come il Movimento 5 Stelle fosse un argine all’esplosione del radicalismo di destra, riferendosi ai successi di “Alba Dorata” e Marine Le Pen: affermare apertamente di essere né di destra né di sinistra, la storia ce lo insegna, significa reazione e conservazione. E solitamente non promette mai nulla di buono.


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