di Antonio Rei

Il nostro diritto di voto rischia di trasformarsi in un contentino. Le elezioni in una mera formalità. Pd e Pdl sono impegnati in una campagna per le primarie in cui si parla di tutto, tranne che delle riforme su cui punterebbero in caso di vittoria alle politiche. Quello che una volta si chiamava "il programma". E mentre i maggiori partiti si dilungano in un teatrino il cui unico scopo è evitare l'autodistruzione, chi sta realmente governando il Paese scrive il copione del prossimo esecutivo. Una traccia obbligatoria, a prescindere dal risultato elettorale.

Ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è espresso in questi termini: "Quando ci sono elezioni libere nessuno può prevedere il risultato. C'è sempre un certo grado di rischio quando si vota. Vogliamo per questo non votare? O, per essere tranquilli, vogliamo scrivere a tavolino il risultato delle elezioni? Vedremo come si esprimeranno i cittadini".

E quale sarà mai questo "grado di rischio" collegato alle elezioni? Il Capo dello Stato fuga ogni dubbio esibendosi nell'ennesimo panegirico del governo tecnico: "Sono convinto che si è segnato un cammino da cui l'Italia non potrà discostarsi. I partiti dicono che vogliono aggiungere qualcosa" all'operato dell'attuale esecutivo, "non distruggere". A onor del vero, Presidente, non lo dicono tutti.

Sembra evidente quindi che, quando parla di "rischio", Napolitano si riferisca esclusivamente alle forze anti-Monti: Sel, Idv, Lega e soprattutto Movimento 5 Stelle. Stando ai sondaggi e alle ultime elezioni comunali e regionali, i grillini possono contare su percentuali ben superiori a quelle degli altri tre partiti non allineati. Per questa ragione nei mesi passati si sono meritati più d'una frecciata dal Quirinale.

E' difficile capire come tutto questo si concili con l'imparzialità richiesta a un presidente della Repubblica. Ormai con una certa regolarità, da Napolitano arrivano due messaggi che violano i limiti imposti alla sua carica: da una parte il Presidente orienta il voto dei cittadini (se non altro lasciando intendere per chi non bisogna votare); dall'altro si rivolge direttamente ai partiti, tracciando il solco che dovranno seguire quando torneranno formalmente al governo. In sostanza, il Quirinale impone una linea politica e né il Pd né il Pdl hanno la forza di sottrarsi all'umiliazione.

Alla fine però il sottotesto è chiaro: per Bruxelles, per i mercati e per i fantomatici investitori esteri sarebbe preferibile che gli italiani non votassero affatto. Se ancora andiamo alle urne è solo perché davvero non possiamo fare a meno. Un simulacro di democrazia va mantenuto, per quanto sbiadito. E allora qual è la soluzione più ovvia? Svuotare le elezioni del loro reale significato, ovvero l'espressione di una libera scelta dei cittadini. In una logica da Gattopardo: "Cambiare tutto perché nulla cambi".

E davvero nulla sembra destinato a spostarsi di una virgola. In assenza di una legge elettorale decente e di schieramenti definiti, oggi l'ipotesi più verosimile è che il prossimo esecutivo (probabilmente di centrosinistra) sarà talmente fragile da rimanere in carica solo qualche mese. A quel punto Monti tornerà come il Conte di Montecristo. Ancora senza partito, ancora senza legittimazione elettorale, ancora con l'Europa pronta ad acclamarlo. Insomma, con il massimo potere possibile. E molto più tempo a disposizione.

In quest'ottica non è difficile spiegare l'ultimo scivolone con retromarcia del Professore. Due giorni fa il Presidente del Consiglio aveva detto di non poter dare garanzie sul futuro riguardo all'affidabilità dell'Italia dopo il suo mandato. Un'ovvietà, a pensarci bene: chi mai potrebbe garantire per qualcosa che teoricamente non dipenderà più da lui? I partiti però si sono offesi. Hanno interpretato quelle parole come un ricatto, perché sanno benissimo cosa li aspetta. O quantomeno lo cominciano a intuire.

Inevitabile però che il Premier fosse costretto alla rettifica. Senza nemmeno aspettare la domanda di un giornalista qualsiasi, ieri Monti si è prodotto nella più ipocrita delle rettifiche: "Qualsiasi cosa accadrà nella politica italiana, penso che si tratterà di governi responsabili, che faranno ancora meglio per far progredire l'economia italiana" rispetto all'esecutivo dei professori. E poi ancora: "Sono certo che, dopo il voto, i governi che verranno opereranno per il risanamento e le riforme". Magari cadendo il più velocemente possibile.

 


 

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