di Fabrizio Casari

Dismessi i toni sobri, abbandonato l’aplomb e tolto il loden, il premier sembra aver indossato l’elmetto. Probabilmente conscio che la sua luna di miele con gli italiani è finita e che solo i gruppi finanziari amici (con i giornali che controllano) restano a cantarne le lodi, il professore ha deciso di scendere ormai quotidianamente in campo con invettive, minacce e considerazioni che fanno emergere con chiarezza il delirio autoritario che ormai lo attanaglia.

E’ di due giorni fa l’affermazione ultima, che addebita ad un eccesso di concertazione i problemi dell’arretramento cronico dell’Italia. E’ quindi certamente in errore - questa la lezione del professore - chi pensa che lo sviluppo diseguale, la burocrazia ampliata a dismisura e utilizzata come ammortizzatore sociale, una classe imprenditoriale incapace e assistita e favorita dai finanziamenti pubblici, una spesa pubblica fuori controllo e una classe politica ad alta voracità, insieme alla mancanza di investimenti in innovazione, ricerca e riconversione ambientale siano le cause dell’arretramento italiano.

Ancor più è in errore chi crede che le lobbies di ogni fede siano come un polipo i cui tentacoli ghermiscono la sfera pubblica e privata del mondo del lavoro e una legislazione frutto di equilibri al ribasso con i poteri forti siano le prime cause dell’arretratezza culturale del Paese. Adesso sì che le cose sono chiare: troppa concertazione tiene indietro l’Italia; un’idea bizzarra  e sbagliata, dunque, quella della relazione e della mediazione tra gli interessi dei diversi attori e delle diverse classi che popolano la società italiana. Il comando d'impresa è la strada maestra.

Il professore nominato dall’alto (condizione di tutta la sua storia professionale, scandita dalle amicizie giuste e dalle giuste devozioni) a forza di rincorrere convegni internazionali di circoli di miliardari e templi delle banche si è fatto prendere la mano. La quadratura del cerchio montiana si può riassumere nella subordinazione della politica all'economia, che significa, declinata oggi, la direzione politica dei paesi in mano alla finanza e ai gruppi bancari che la dominano. La sua idea di democrazia è grosso modo quella che vede il censo come alfa e omega delle regole sociali, ma nulla ha a che vedere con la democrazia moderna in ogni sua declinazione.

Ha ragione da vendere la leader della Cgil, Susanna Camusso, quando ricorda al professore che l’ultima concertazione in Italia risale al 1993. Monti non ce la fa a intendere che proprio la capacità di garantire la concertazione tra le parti sociali è, insieme alla rappresentanza elettorale delle opinioni politiche, la quinta essenza della democrazia. Non a caso il consenso lo si deve ottenere e, come gli ricorda Camusso, essere nominato solo nelle stanze dei poteri forti non consente poter fornire lezioni di democrazia a chi viene eletto regolarmente.

Critiche ancora più dure arrivano da Niki Vendola: "Quando si dice che bisogna superare la concertazione da parte di un governo fatto di tecnici e voluto da un Parlamento di nominati, siamo veramente a una separazione dalla democrazia che è drammatica". La democrazia non è una malattia, ma una medicina, è la tecnocrazia che rischia di essere una malattia". E non va certo per il sottile Stefano Fassina: “Il governo Monti ci sta avvitando in una involuzione economica e anche democratica” ha detto infatti il responsabile economico del PD, commentando l’infelice uscita del professore.

E’ ormai da qualche giorno che il professore pare aver perso le staffe. In quest’ultima settimana Monti si è sostanzialmente dedicato a ricordare come l’Italia sia ancora nella fase di sopravvivenza grazie al suo lavoro (ha intinto le parole nel fiele circa il vertice di Novembre 2011 dove Berlusconi “venne umiliato”). Il suo malumore viene dall’aver preso atto che il convincimento della sua insostituibilità però è solo suo e che invece anche la sua ultima manovra, pomposamente definita spending review (ma che in realtà è solo un concentrato di tagli orizzontali e scriteriati, con l’unica precauzione nel non toccare i privilegi dei suoi referenti), non incontra il consenso delle parti sociali e trova invece il malumore crescente dei partiti che dovrebbero votarla.

D’altra parte, se il confronto con il paese è escluso, anche quello con il Parlamento non è granché, dato che è dovuto ricorrere ben 29 volte al voto di fiducia in pochi mesi, vista l’impossibilità di affrontare il dibattito parlamentare benché sostenuto dalla quasi totalità dei partiti.

Le dichiarazioni con cui Monti continua a provocare il Parlamento e il paese sono ormai a getto continuo. Emerge con forza il dispetto di quest’uomo collerico e intollerante ad ogni forma di critica che lancia fendenti in ogni direzione. Ogni rialzo dello spread, ogni declassamento ad opera dei suoi colleghi nelle agenzie di rating e ogni statistica che racconta impietosa lo stato di recessione e depressione economica in cui ormai versa l'Italia è sempre colpa di qualcuno che non é lui: di volta in volta i sindacati, Confindustria, i politici. Insomma: lui sarebbe la salvezza, peccato che questa democrazia troppo concertativa permette ad altri di esprimersi. E’ la strategia della disperazione per via mediatica, il tentativo di porre ogni giorno sotto ricatto l’intero paese che ha l’ardire di non obbedirgli a comando, che non ne coglie la grandezza epocale.

Ci si dovrebbe chiedere cosa spinge un uomo come Monti a tentare di offrire ogni giorno bacchettate a chiunque si permette di osservare dubbi sulle performances governative. Probabilmente ciò si deve alla consapevolezza della fine della sua luna di miele con il paese. E’ abbastanza facile riscontrare infatti che ormai vi sia convincimento generalizzato: la guidance economica del professore, per quanto dotata di maggiore credibilità internazionale rispetto al suo predecessore, non ha risolto affatto i problemi del paese ed ha invece spinto l’Italia nel vortice della depressione economica.

I numeri impietosi, più che le polemiche, raccontano il fallimento del governo. Dunque, l’inevitabile domanda: otto mesi dopo il suo insediamento, l’economia italiana sta meglio o peggio? Le sue prospettive sono migliori o peggiori? E la democrazia del Paese è maggiore o minore? Insomma, dagli esodati alla riforma del lavoro, alla spending review, la sensazione che i tecnici siano pasticcioni e incompetenti e che il campione sia in realtà un bidone, si fa strada.

Ad adombrare il professore c’è poi il difficile rapporto con i partiti, nessuno escluso: sarà anche vero che l’odore della campagna elettorale comincia a diffondersi e sarà anche comprensibile che chi deve chiedere il consenso agli elettori sia preoccupato di votare provvedimenti che mettono ulteriormente in difficoltà alcuni milioni di persone, ma il fatto è che la possibilità di proseguire con lui e con la sua agenda è ormai considerato un suicidio assistito dai partiti che dovranno presentarsi agli elettori (fa eccezione la corrente democristiana del PD che agisce come cavallo di Troja dell'UDC a Via del Nazareno, ma la spiegazione é semplice: la banda Letta-Fioroni-Gentiloni e frattaglie ha come scopo immediato impedire che Bersani sia il nuovo Presidente del Consiglio).

Il professore così, da risorsa della repubblica rischia ora di essere percepito come colui che piccona ogni lembo di stato sociale e di civiltà giuridica del lavoro senza che poi nemmeno la speculazione finanziaria risulti acquietata e sembra proprio che il dispositivo per la fine del suo mandato sia stato impostato per il prossimo ottobre.

Monti l’altro ieri, nel ricordare che non si ricandiderà (ma omettendo di dire che nessuno glielo propone) ha ricordato che non abbandonerà la politica perché senatore a vita ( e a vitalizio, soprattutto). L’intenzione è quella di proporsi comunque per il dopo Napolitano e di arrivare al Quirinale spinto dal centro-destra e sfidando il centro-sinistra dal remargli contro.

In questo senso è rimasto infastidito dalla ricandidatura di Berlusconi e dalle critiche di Confindustria, Confcommercio e sindacati. Ma il giro dell’orologio è comunque iniziato e le lancette non vanno oltre il prossimo ottobre. E non si arriva sul Colle se si ha il paese contro. Se ne faccia una ragione.

 

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