di Mariavittoria Orsolato

Il quotidiano francese Le Figaro lo annuncia, l'agenzia Ansa lo rilancia: il progetto della Torino-Lione potrebbe saltare per volontà dei francesi. I costi improponibili, le numerose esternalità negative e l'obiettiva inutilità dell'opera in termini operativi sono, oltre che le ragioni gridate a gran voce dai No Tav, le motivazioni stringenti che il governo francese starebbe vagliando in visione di una spending review degna di tale nome.

La Francia intende infatti riesaminare ed eventualmente rinunciare a dieci progetti di linee ferroviarie ad alta velocità - tra cui appunto la Torino-Lione - in virtù degli alti costi, stimati in circa 260 miliardi di euro, diventati insostenibili a causa della crisi economica che lambisce anche i cugini d'oltralpe.

Per questo, ha spiegato il ministro del bilancio Jerome Cahuzac, una commissione composta da parlamentari ed esperti verrà istituita per classificare le linee TGV in base alle priorità entro la fine dell'anno, quando il governo di François Holland dovrà scegliere i collegamenti a cui rinunciare. A essere fatte fuori, spiega il giornale francese, saranno con tutta probabilità le linee più costose e non ancora iniziate: l'investimento per la Torino-Lione è di 12 miliardi di euro e, grazie anche all'opposizione in Valsusa, da entrambi i lati delle Alpi gli scavi non sono ancora cominciati.

La conferma che la tratta italo-francese non si farà è dunque quasi scontata. L'irrinunciabilità dell'opera era fondata sull'aumento del traffico commerciale sulla tratta ma, stando ai dati aggiornati al 2010, solo al traforo del Frejus il traffico merci della ferrovia esistente é sceso nel 2009 a 2,4 milioni di tonnellate, poco più di un decimo del traffico dei 20 milioni di tonnellate previsti all’origine del progetto.

Dati assolutamente arbitrari e fantasiosi che i No Tav hanno meritoriamente contribuito a sbugiardare e a rendere evidenti all'opinione pubblica in vent'anni di lotte. Nonostante la stampa mainstream li accusasse di essere terroristi e la polizia e la magistratura li trattassero di conseguenza: giusto un paio di giorni fa, Marianna, un'attivista No Tav, è stata condannata a scontare 8 mesi e tra i 26 incarcerati lo scorso gennaio, almeno la metà sono rimasti in regime di isolamento nonostante i procedimenti giudiziari non fossero ancora iniziati.

Ora, dunque, a meno che Hollande il suo gabinetto non siano un covo altrettanto pericoloso di facinorosi terroristi, la nostra politica dovrebbe ammettere di aver sbagliato e porgere tante scuse a quanti si sono sempre opposti alla Tav. Il primo a fare ammenda dovrebbe essere il Partito Democratico, così abbarbicato al progetto di ingrassare una delle sue coop - la CMC di Ravenna che si è aggiudicata l'appalto sullo scavo del tunnel di Chiomonte - da espellere in blocco dal partito quanti, in Piemonte e non, hanno dato pubblicamente appoggio alla resistenza valsusina ribellandosi alla nomenklatura.

A seguire, le scuse dovrebbero arrivare dal premier Monti che, dall'alto del suo sapere tecnico, ha sempre e ufficialmente confermato di voler portare avanti un progetto deleterio per le casse statali e per l'ambiente valsusino. Così come dovrebbe scusarsi anche il ministro Annamaria Cancellieri, quella per cui la Tav era “la madre di tutte le preoccupazioni”, che ha continuato ostinata la politica repressiva dei precedenti governi, confermando la zona di interesse strategico nazionale e le migliaia di uomini delle forze dell'ordine a presidiarlo a suon di lacrimogeni e manganellate.

Quanto al Pdl e ai partiti delle sue maggioranze, da sempre in prima linea con i Si Tav, dovrebbero riconoscere i propri errori e convenire sul fatto che la Torino-Lione sarà un aborto alla stregua del ponte sullo stretto e di tutte le “grandi opere” millantate dei governi Berlusconi. Ma sappiamo già che non sarà così.

L’ufficializzazione della decisione francese di abbandonare la Tgv Turin-Lyon sarà quindi il colpo di grazia per un progetto nato male e abortito peggio. Un progetto inverosimile fin dall’origine e molto difficilmente percorribile, che solo numeri e referti truccati ad hoc avevano reso plausibile, ma che, nonostante tutto, ha avuto il sostegno ostinato e cieco dei maggiori partiti del paese e di buona parte dell'opinione pubblica indottrinata da media compiacenti.

Ci sono voluti venti anni di battaglie legali, due morti avvenute - quelle di Baleno e Sole - e una scampata miracolosamente – quella di Luca Abbà - ci sono voluti migliaia di candelotti di CS fuorilegge e altrettante botte da parte della polizia, ci sono volute le barricate sull'autostrada e un numero spropositato di arresti arbitrari.

Ma, a meno che non si inventino una linea ad alta velocità tra Torino e Bardonecchia, alla fine la Tav non si farà. La Valsusa sarà quindi probabilmente salva dalla lunga mano della speculazione eppure l'Italia avrà ancora bisogno dei No Tav, della loro resistenza tenace ma garbata, del loro amore incondizionato per il territorio e soprattutto del loro strenuo perseguire i veri interessi della popolazione: il paese ha ancora troppi macroscopici problemi e, se è vero che il potere è intrinsecamente criminale, allora l'Italia necessita di cittadini che come i No Tav ne sorveglino ogni mossa e lo contrastino con la verità.

 

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