di Rosa Ana De Santis

Non lavoreranno e non percepiranno pensione, questo é certo. Un dramma assoluto sul quale il governo fa spallucce da mesi. A tratti grottesco il rimpallo di numeri e dati incongruenti tra il Ministero del Lavoro e l’INPS. Una diatriba quasi surreale a tinte di pericolosità estrema in un paese che sugli esodati gioca una delle sue partite più delicate. Il decreto firmato Fornero cita risorse a copertura di 65mila persone espulse dal mercato del lavoro, mentre l’INPS- già a maggio - come ricorda il Segretario della Cgil, Susanna Camusso - parlava di 390.000 esodati.

La schermaglia che ora il Ministro ingaggia contro i vertici dell’Istituto, convocandoli con urgenza, tradisce in primis l’improvvisazione con cui la professoressa del Lavoro si accinge a metter mano alla crisi profonda del mercato del lavoro e, in aggiunta, quel tratto di cinismo e di disprezzo per i lavoratori che contraddistingue il comportamento di tutto questo governo. In serata, la Fornero dichiara che "i dati diffusi danneggiano il governo" e c'é da chiedersi se non sia invece proprio lei, con la sua approssimazione dilettantesca, a danneggiare prima gli esodati e poi il governo.

I numeri citati nel decreto Salva Italia e Milleproroghe nascerebbero da un’interpretazione restrittiva della relazione Inps e il Ministero, anche attraverso il comunicato di replica del 5 giugno u.s., non si è precipitato, a dirla tutta, in grandi smentite. I soldi disponibili sono solo per i 65mila e per gli altri il Ministro promette in un secondo momento soluzioni eque e di sostegno.

Una sorta di confessione di inadempienza per tutti coloro che o sono stati licenziati o si sono dimessi senza trovare nuova occupazione - i cosiddetti “cessati”- o per quanti hanno scelto la prosecuzione volontaria.  Di queste due categorie il Governo prevede l’andata in pensione con le vecchie regole solo per coloro che maturano i requisiti entro 2 anni dal Salva Italia, quindi entro novembre 2012 se dipendenti. A queste due classi di ex lavoratori l’INPS aggiunge anche quanti sono in mobilità, i destinatari dei fondi di solidarietà e i beneficiari di congedo straordinario.

Cambiare la legge in corsa per quanti avevano siglato accordi sulla base delle vecchie normative rappresenta un vero raggiro ai danni dei cittadini e questo significa che da qualche parte le risorse andranno trovate, anche ricorrendo a misure emergenziali. E’ prima di tutto una questione di legalità e di giustizia. Magari da una patrimoniale, dato che si parla a vuoto finora di equità e di tutela per le famiglie che pagano il prezzo più alto della crisi, o dai capitali scudati condotti nei paradisi fiscali.

Il paese non ha memoria di un ministro del lavoro così incompetente ed arrogante, indifferente ai dati ed al rispetto dei patti tra cittadini e governo e le sue immediate dimissioni per manifesta incapacità sarebbero il minimo dovuto. Ma difficilmente arriveranno. Del resto, il governo dei professori - quella degli esodati è solo l’ultima delle conferme - ha scelto di far quadrare i conti in tutta fretta per far bella mostra all’Europa anche a costo di terrorizzare la popolazione con la mitologia dello spread: una creatura economica di nuova generazione di cui nessuno ha capito fino in fondo nulla e che solo ora improvvisamente condiziona l’economia reale dei paesi. Spread peraltro tornato a crescere vertiginosamente come agli antichi fulgori, addebitando i costi di paura e povertà sulle sole spalle di chi era già in seria difficoltà.

Il ceto medio, i disoccupati, i precari, i dipendenti, tutti coloro su cui è facile e garantito il successo di ogni misura vessatoria. Parallelamente a questi cittadini sono stati ridotti se non azzerati i servizi fondamentali: istruzione, salute, casa.

La sospensione della democrazia che vive l’Italia ha forse raggiunto il suo livello massimo. Se era goliardica ai tempi del Cavaliere, ora è solo più elegante nelle forme. Più milanese e più bocconiana. Disposizioni così pesanti nella vita dei cittadini senza nemmeno il disturbo di un mandato elettorale e il vincolo anche morale della sua revoca svelano tutta la vera missione dei professori: portare a termine il berlusconismo senza Berlusconi.

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