di Alessandro Iacuelli 

Adesso certamente arriverà qualcuno, probabilmente uno "storico competente", a dire che era perfettamente prevedibile, anche se siamo rimasti tutti sgomenti, perplessi, colti di sorpresa, con la sensazione di aver preso un pugno nello stomaco. Emozioni forti, certo, accompagnate da quella solita fastidiosa abitudine dell'ostentare la morte e la violenza, attraverso sequenze evitabili di foto pubblicate in rete. Il fatto, quello saliente, è che una studentessa di 16 anni dava per scontata l'esistenza di un domani, di un futuro. Non era contemplata la fatalità dell'andare a scuola una mattina per poi non tornare.

Le perplessità però sono troppe. Per carità, è un dato storico costante nel tempo che in Italia ci si lascia prendere la mano dall'emotività. E' successo troppe volte, puntualmente, che sia stato preso un granchio, sempre sulla scia dei facili giudizi e del prendere per scontate delle cose. Da Portella delle Ginestre fino alla gambizzazione dell'AD di Ansaldo Nucleare di pochi giorni fa.

Così, anche stavolta, sono bastati tre giornalisti che hanno incollato tra loro alcune coincidenze, e di colpo l'odioso pasticcio di Brindisi è stato "declassato" ad azione di stampo mafioso. A nulla è valso, per ora, al PM salentino Cataldo Motta ricordare che la pista mafiosa non è la sola possibile:  è già scattata una vasta "distrazione di massa".

Se guardiamo al passato recente, le note stonate sono molte. Quale sarebbe il movente della tentata strage? Qualche giornalista ha fatto riferimento al nome della scuola: da quando la mafia mostra interesse per i nomi di scuole, strade, monumenti, intitolati a chi la mafia l'ha combattuta? Qualcun altro ha scritto che "nello stesso giorno doveva passare la carovana antimafia", quella che gira l'Italia da dieci anni e di cui da dieci anni tutte le mafie si disinteressano. Facciamo invece qualche considerazione seria.

1) Da dove è uscita la pista mafiosa? Non dagli ambienti inquirenti, se non una tra le tante ipotesi, ma solo da quelli giornalistici, in particolare della RAI.
2) Le mafie, tutte, come ricordato dallo stesso PM, basano la loro esistenza sul consenso sociale, pertanto attaccare una scuola è altamente controproducente.
3) Le mafie colpiscono direttamente il loro nemico. Qualunque sia: un magistrato (da Pio La Torre a Rosario Livatino, passando per Falcone e Borsellino l'elenco è lungo), o un poliziotto (Dalla Chiesa), o un politico che si sgancia (Salvo Lima), o un sindacalista scomodo (Imposimato), o un imprenditore che non paga o che si schiera contro (Libero Grassi, Michele Orsi). Vogliamo mettere sullo stesso piano le studentesse di Brindisi? Qui si è andato a colpire nel mucchio.
4) Il tipo di attacco è piuttosto controverso: le mafie sono specialiste in autobombe (Roma/Firenze/Milano 1994, via d'Amelio 1992), o anche peggio, come per l'esplosivo in grado di far saltare un'intera autostrada a Capaci nel 1992. Alquanto singolare che con tutta quella potenza di fuoco si siano abbassati a tre bombole di gas.
5) E' vero, ci sono stati gli attentati del '94, anche con due bambine vittime a Firenze. Era una fase di trattativa tra Stato e mafia, come è stato di recente provato; ai Georgofili l'autobomba è esplosa con un timer, pertanto non si sapeva se per caso al momento dello scoppio ci sarebbero stati dei bambini o no, nei paraggi. Se la bomba la si mette invece fuori una scuola, si ha la certezza di colpire degli studenti in giovane età. Non certo magistrati, poliziotti, imprenditori. Colpire nel mucchio, che piaccia o meno, è storicamente una strategia eversiva.
6) Il tipo di attentato, mostra da parte dell'esecutore una precisa conoscenza delle tecniche classiche dell'eversione nera, puntualmente legata a certi apparati dello Stato.
7) Come dichiarato dal PM Ingroia al TG3: "Questo attentato punta a creare un senso di insicurezza nei cittadini e diffondere la paura", che è un vero e proprio obiettivo politico.

L'Italia è caratterizzata al momento da alcuni dati essenziali: partiti politici, soprattutto quelli di governo, ai loro minimi storici, ingovernabilità latente, incertezza elettorale, crisi economica profonda, malcontento popolare che diventa pericoloso, come ne caso delle azioni contro Equitalia.  Questo è il contesto.

In questo contesto, la strage: con una tempistica perfetta, scoppia una bomba. Una bomba particolarmente "cattiva", che colpisce la gioventù inerte ed innocente, è il tipo di bomba che ci indigna, ci perfora le budella, ci fa venire paura, ci fa perdere lucidità.

Il contesto è lo stesso del bienno 1969/1970. Il malcontento popolare c'era anche allora. L'ingovernabilità pure. In quel contesto, proprio come ora, si colpì nel mucchio, e a ripetizione. Prima Piazza Fontana, poi il treno Italicus, poi Piazza Loggia. Questo sì che è colpire nel mucchio, chi si trova per caso lì in quel momento. E non erano certo attentati di stampo mafioso. C'è qualche similitudine da brivido, con quanto successo a Brindisi?

Se così fosse, sarebbe certamente peggio rispetto ad un attentato mafioso, ma sarebbe chiaro il movente: spostare l'opinione pubblica da certi eventi di tipo politico-economico e coalizzare il popolo italiano contro un "nemico" comune, come se gli italiano avessero dimenticato il male; un nemico del popolo, e dello Stato, quello stesso Stato che fino ad ora il popolo ha contestato. Proprio come per il rapido 904, che esplose a Vernio mentre il Parlamento approvava l'insieme di azioni finanziarie chiamato "Pacchetto Visentini".

Viceversa, se è stata la mafia, qualcuno dovrebbe indicare il movente, a meno che la mafia non sia stata semplice manovalanza dei veri mandanti. Perché la mafia non fa nulla inutilmente, e qui il movente non c'è, non contano cose come l'impegno per la legalità di quella scuola: la lotta per la legalità la fanno diecimila scuole, e da decenni le mafie se ne disinteressano e continuano a fare affari.

Qualche che sia la verità, non è dato sapere. Ma c'è da scommetterci, che anni di indagini e di commissioni di inchiesta non porteranno a nulla, se non a qualcosa che sarà coperto da segreto di Stato. Sarà anche mafia, come provano a convincerci, ma probabilmente sarebbe meglio se gli italiani si facessero coraggio e, prima che sia troppo tardi, analizzassero lucidamente anche le altre ipotesi.

In conclusione, arriva strisciante il sospetto di una nuova strategia della tensione in tempi di austerity e di rigore. Pertanto, ancora una volta, viene voglia di recitare quel famoso passo di Pasolini che inizia con un “Io so...”.

 

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