di Carlo Musilli

La sobrietà del governo Monti un po' ci stava annoiando, ma per fortuna la Lega è tornata a scuoterci dal torpore. Uscite d'un balzo dalle tenebre dell'opposizione, le camicie verdi ci hanno finalmente regalato un'altra di quelle storielle grottesche e inverosimili da decennio berlusconiano. Riuscite a immaginare qualcosa di più assurdo di un finanziere padano e tarchiatello che si mette a fare business nell'Africa nera?

In realtà, la vicenda è seria ed è stata documentata riccamente da Giovanni Mari sul Secolo XIX. Nelle ultime due settimane del 2011, un conto leghista da 10 milioni di euro, gestito dal segretario amministrativo federale del Carroccio, Francesco Belsito, è stato letteralmente prosciugato. Gran parte dei quattrini è finita all'estero.

E con una certa fantasia: 1,2 milioni a Cipro, poco più di un milione in Norvegia e addirittura 4,5 milioni in Tanzania. Quest'ultima operazione vedrebbe coinvolto anche Stefano Bonet, consulente finanziario già invischiato in un oscuro fallimento societario nel 2010 e socio in affari del mitico Aldo Brancher. L'ex ministro-meteora, quello durato appena 17 giorni prima di essere indagato nell'inchiesta sulla scalata ad Antonveneta.

Ma torniamo a Belsito. Il George Soros del Carroccio è un fedelissimo del cerchio magico bossiano - a braccetto con Stefano Reguzzoni e Rosi Mauro - e risponde delle sue azioni direttamente al Senatùr. Pur infastidito dall'inchiesta, che giudica un'indebita "violazione della privacy", il tesoriere ha ammesso che quei soldi arrivano dai "rimborsi elettorali". Insomma, finanziamenti pubblici.

Ora, per quanto sembri incredibile, la legge non vieta espressamente ai partiti di prodursi in questo genere di operazioni con i soldi che ricevono. Ma il clamore suscitato dalla vicenda ha provocato diversi sudori freddi in via Bellerio. A voler fare gli idealisti, ad esempio, viene da chiedersi perché diavolo la Lega sia andata a investire in titoli norvegesi, che avevano un interesse del 3,5%, invece di puntare sui Bot italici, che all'epoca rendevano oltre il 6%. In questo caso la risposta è semplice: finanziariamente, si trattava di un investimento oculato in una moneta straniera. D'altra parte, che i leghisti non abbiano nulla a che spartire con l'amor di patria è cristallino da oltre vent'anni.

Il discorso si complica se scendiamo al basso livello della nostra politica. Sembra che la tempesta sui "danài" esportati abbia portato sconquasso nell'ultima riunione dei capi leghisti, intrecciandosi nientedimeno che con la richiesta d'arresto per Nicola Cosentino, il deputato campano del Pdl accusato dai magistrati di essere il referente politico del clan dei Casalesi.

Sull'onda dello sdegno per le operazioni del collega bossiano, Roberto Maroni ha avuto gioco facile a imporre la propria posizione: niente libertà di coscienza, Cosentino vada in galera. E così le camicie verdi hanno votato a favore delle manette nella Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera e si preparano a fare altrettanto in Aula. Con buona pace di chi sperava ancora in un margine di trattativa con il Pdl.

Mentre Bobo torna sugli scudi - cercando di farci credere che proprio lui, da numero due del partito, di questa storia non sapeva assolutamente nulla - tutt'intorno i maroniani intonano un canto funebre per Belsito. Lo vogliono silurare: un anello in meno nel cerchio magico.

Questa e altre materie - il bilancio del partito, ad esempio - saranno trattate in un consiglio federale da tenersi entro gennaio. Una riunione che lascia prevedere spargimenti di sangue, a sentir le parole di Matteo Salvini, il più agguerrito nel lanciar strali contro il panciuto tesoriere: "Dovrà rendere conto di ogni euro speso - tuona l'eurodeputato del Carroccio - ci sono diverse sezioni che chiedono 100 euro ai militanti per pagare l’affitto a fine mese. La Padania, il nostro quotidiano, versa in difficoltà economiche che tutti conoscono. E poi leggiamo della Tanzania…".

Forse bisognerebbe spiegare a Salvini in quali condizioni versa l'Italia, che - gli piaccia o no - è ancora il suo Paese. Con tutto il rispetto per le fervide sezioni di partito e per l'integerrimo quotidiano con cui ha avuto il privilegio di collaborare, l'onorevole dovrebbe pensare per un attimo ai disoccupati, ai precari e ai pensionati che ogni giorno tirano a campare. E poi leggono della Tanzania.     

 

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