di Carlo Musilli

Mentre l'economia continua a camminare sul filo di lana, in Parlamento fervono i lavori.  Gli onorevoli stakanovisti lavoreranno perfino la prima settimana di agosto. Purtroppo però non lo faranno per modificare la manovra finanziaria, ma per approvare una classica legge da ombrellone, di quelle da far passare mentre l'opinione pubblica prende il sole. Stavolta non si parla più di processo breve, ma di processo lungo. Verrebbe da pensare che si tratti di provvedimenti speculari, in realtà sono due facce della stessa medaglia. Lo scopo del gioco è sempre lo stesso: disinnescare la giustizia. In particolare quella che ce l'ha col premier.

Il Ddl è stato approvato venerdì in Senato con 160 voti favorevoli (Pdl, Lega e Coesione Nazionale), e 139 contrari (Pd, Idv, Udc, Mpa, Api e Fli). Il risultato del voto era assolutamente scontato, dal momento che il Governo ha scelto ancora una volta di porre la fiducia (la numero 48 dall'inizio della legislatura). Giovedì prossimo il testo tornerà alla Camera per l'approvazione definitiva.

Non serve un fine giurista per capire quale sia il vero scopo del nuovo provvedimento. Il nome stesso che gli è stato attribuito lascia pochi dubbi. Si tratta di espandere a dismisura la durata dei processi, in modo tale che sentenza definitiva diventi un approdo lontano e sempre più difficile da raggiungere. Il sistema giudiziario viene gonfiato a pieni polmoni fino all'esplosione, come si farebbe con un palloncino.

L'obiettivo viene raggiunto attraverso una serie di modifiche al Codice di Procedura Penale. In particolare, il Governo mette mano ad alcuni articoli che riguardano il giudizio abbreviato e i delitti punibili con l'ergastolo. In primo luogo, cambiano i criteri secondo cui i giudici possono respingere le prove. Fino ad oggi si potevano escludere quelle "superflue e irrilevanti". Con la nuova legge invece possono essere rigettate soltanto quelle "manifestamente non pertinenti". Quanto ai testimoni, i difensori dell'imputato hanno "la facoltà davanti al giudice di interrogare o fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico". Questo significa che gli avvocati possono chiamare alla sbarra anche centinaia di persone. Il processo si trasforma così in una processione, fino a che, con il passare dei mesi, non interviene la tanto sospirata prescrizione.

La seconda modifica prevede che le sentenze passate in giudicato non possano più essere considerate come prove nei nuovi processi. Questa norma però non vale per i processi di mafia e di terrorismo. Infine, chi viene condannato all'ergastolo non può più avvalersi del giudizio abbreviato per sostituire la condanna a vita con 30 anni di carcere e chi ha commesso reati come strage o sequestro deve scontare 26 anni prima di usufruire di qualsiasi beneficio.

Ora, è evidente che, fra tutti i cambiamenti introdotti dalla futura legge, quello ad personam è il primo. Se il contenuto del Ddl non bastasse a far sorgere dei sospetti, aggiungiamo che, esclusi i dibattimenti già chiusi in primo grado, il provvedimento si applica a tutti i processi in corso. Come quelli in cui è coinvolto Silvio Berlusconi.

Il primo effetto della legge che sta per essere approvata sui guai giudiziari del primo ministro è quello di seppellire definitivamente il processo Mills, in cui il premier è accusato di corruzione. Considerando che i termini per la prescrizione scadono a gennaio e che devono ancora essere ascoltati otto testimoni della difesa, le possibilità di arrivare alla sentenza di primo grado erano già da tempo molto flebili. A questo punto scompaiono del tutto e praticamente si andrà avanti soltanto per salvare la forma.

Quanto al caso Mediaset (l'accusa è di frode fiscale) la vicenda è meno scontata. La prescrizione arriverà soltanto nel 2014, ma con la nuova legge gli avvocati del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, potranno chiamare in tribunale qualche decina di testimoni. Il che forse sarà sufficiente a levare le castagne dal fuoco di Arcore. Per il processo Mediatrade (in cui Berlusconi è imputato per appropriazione indebita), invece, il discorso è diverso. Anche in questo caso la prescrizione interviene nel 2014, ma gli effetti della riforma dipenderanno dal rinvio a giudizio. Se ci sarà, bisognerà vedere quale sarà la lista dei testimoni presentata dai difensori. L'unico processo che non potrà essere toccato dalla nuova legge è il Rubygate (prostituzione minorile e concussione), perché la prescrizione arriverà solo nel 2025.

"Questo provvedimento è dettato dall'esigenza di risolvere situazioni particolari e non porta ad alcun miglioramento dell'efficienza del processo", ha commentato in una nota Luca Palamara, presidente dell'Anm, sottolineando poi che "processo lungo vuol dire non arrivare mai a sentenza". E invece sarebbe proprio questa l'unica cosa da salvaguardare. Non importa che sia breve o lungo, un processo dovrebbe durare quanto basta. Per arrivare a sentenza, appunto.

 

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