di Mariavittoria Orsolato

A Brunetta i giovani non piacciono, men che meno se questi sono precari. “Questa è la peggiore Italia”, così li ha apostrofati lo scorso martedì quando, nel corso del convegno “I giovani innovatori” che si teneva a Roma, una delegazione di precari della pubblica amministrazione ha tentato di porgli qualche domanda in merito alla loro posizione. Tentato, perché non appena la ragazza si è presentata come una rappresentante della lega dei precari della p.a., il miniministro ha sdegnosamente voltato le spalle e si è incamminato verso la sua auto blu alla velocità della luce.

Com’è ovvio, i quattro minuti e mezzo di video che immortalano l’ennesima alzata di spalle istituzionale di fronte ad una delle maggiori piaghe d’Italia - il precariato appunto - ha fatto immediatamente il giro della rete e, in men che non si dica, il profilo Facebook di Brunetta è stato subissato da commenti di rimprovero e insulti da parte di migliaia di precari. Impossibile biasimarli.

Ora, se è di per sé evidente l’assurdità di un ministro che rifiuta di rispondere a quelli che a tutti gli effetti sono suoi collaboratori e sottoposti, dobbiamo dare merito a Brunetta di essere riuscito a fare anche di peggio. Per zittire a tutti quelli che - in modo sacrosanto - si sono inferociti per la sua offesa, il Ministro della Pubblica Amministrazione si è dato alla controinformazione e ieri ha postato un video online in cui rovesciava totalmente quello successo a Roma e che le telecamere hanno impietosamente ripreso. Giacca, cravatta e manine dietro la schiena, Brunetta giustifica l’infelice battuta con il fatto di essere stato insultato e preso a spintoni, cosa assolutamente falsa giacché l’impropero è stato pronunciato esattamente due secondi dopo la sua plateale discesa dal palco, quando in sala il silenzio era ancora assoluto.

Si scaglia poi contro gli attivisti definendoli “squadristi” che “usano la condizione difficile di tanti giovani per giustificare fallimenti personali” e non hanno “niente di meglio da fare che organizzare agguati mediatici di questo tipo, magari con giornali compiacenti che pullulano di questi precari”. Perciò, conclude il miniministro con un’antifrasi degna del miglior Joyce “non bevete… quello che vedete”.

Semplicemente fantastico: come a dire non credete a quello che avete visto, date semplicemente retta a me! D’altra parte, chi lo ha visto in televisione, può rendersi conto del macchiettismo involontario del soggetto: petulante, incapace di dimostrare cosa ha studiato, invita tutti a studiare.

Col suo intervento di ieri Brunetta ha dato modo a tutti di vedere come l’Italia peggiore sia in realtà quella che siede nel Consiglio dei Ministri e nei vari Cda sparsi a macchia di leopardo sulla penisola: un’Italietta che vive da sostanziale parassita sul sudore e gli stenti di quelli che in continuazione insulta, svilisce, umilia.

Questa “peggio gioventù”, tanto deprecata dalle alte sfere istituzionali e imprenditoriali, è assolutamente funzionale - anzi, indispensabile - a mantenere alti i profitti e i lifestyle di queste ultime e l’atteggiamento di chiusura che in pubblico e privato dimostrano verso le istanze dei precari, non è altro che sputare nel piatto in cui si mangia, anzi ci si abbuffa, visto che percepisce un super stipendio da ministro che, guarda caso, è pagato dalla collettività.

Perché, in questo Paese al contrario, sono proprio i “bamboccioni, fannulloni, scalda sedie e scioperati” a mandare avanti la baracca. E lo fanno con 1000 euro al mese - quando va grassa - senza la possibilità di ammalarsi e soprattutto senza avere la sicurezza di quella stessa pensione che ora stanno pagando ai loro padri e ai loro nonni. Con la rivoluzione dei contratti lavorativi voluta dalle leggi Treu e Maroni (impropriamente chiamata legge Biagi), siamo stati spettatori imbelli del rovesciamento delle convenzioni sociali che vogliono la condizione dei figli migliore di quella dei padri.

Ma per Brunetta, ospite martedì sera ad "Otto e mezzo", i nostri giovani iperspecializzati con lauree e master postuniversitari non dovrebbero protestare per la loro condizione di sottooccupazione e palese sfruttamento, ma piuttosto “andare a scaricare le cassette ai mercati”. Un altro affondo che lo sterminato popolo dei precari non ha gradito, soprattutto se si pensa da che pulpito viene questa insulsa predica.

Dimentico del suo passato, il Ministro Brunetta - che nel 2008 ha bloccato la stabilizzazione dei ricercatori precari degli enti di ricerca dando il colpo di grazia ad una generazione di menti brillanti - nel 1981 è diventato professore universitario proprio grazie ad una sanatoria con la quale tutti quelli che, a vario titolo, erano precari nelle università, sono stati, assunti come professori.

Ma c’è di più. Nella sua trentennale attività di professore universitario “l’instancabile” Brunetta, acerrimo nemico di chi sta con le mani in mano, ha pubblicato solo due lavori, uno nel 1993 e uno nel 2001, e in entrambi i casi la qualità dei saggi era scadente.

A dirlo non siamo noi ma il sito ISI Web of Science, un enorme database in cui sono catalogate tutte le pubblicazioni universitarie con tanto di numero di citazioni e parametri di impatto della propria attività scientifica. Com’è ovvio, i lavori di Brunetta non hanno avuto alcun seguito né riconoscimento sia a livello nazionale che internazionale. Non gode di nessun peso nel Consiglio dei Ministri, figuriamoci nella comunità scientifica.

Se quella che martedì ha contestato Brunetta è l’Italia peggiore allora dobbiamo prendere atto di vivere in una dimensione parallela in cui il merito e le competenze dei giovani sono un’offesa alla mediocrità e all’incapacità di chi, nella realtà dei fatti, decide delle loro vite. Allo stato attuale delle cose, di certo c’è solo che se i precari decidessero di incrociare le braccia e smettessero di fare gli schiavi per uno stipendio da terzo mondo, il Paese intero sarebbe in ginocchio. Dicono che il vento stia cambiando, speriamo solo che amplifichi la voce di questi giovani “senza voce”.

 

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