di Luca Mazzucato

NEW YORK. Una nave carica di aiuti umanitari attaccata dagli israeliani come se fosse un commando kamikaze. Il premier turco minaccia di portare la Marina militare turca a Gaza e tagliare i ponti con Israele. L'Egitto apre il valico di Rafah senza clamori. Sullo sfondo, l'accordo tra Turchia, Brasile e Iran per l'arricchimento dell'uranio, per sabotare le sanzioni ONU. Che cosa sta succedendo in Medioriente?

La nave umanitaria Rachel Corrie, l'ultima del convoglio della Gaza Flotilla, è stata scortata ieri mattina verso il porto di Ashdod, in Israele, dopo essere stata abbordata dall'esercito israeliano, questa volta senza spargimenti di sangue. Ma questo è solo l'inizio: gli organizzatori del convoglio umanitario della Mavi Marmara, la nave su cui l'IDF ha assassinato otto turchi e un’americano, hanno già iniziato i preparativi per la prossima Flotilla, grazie al record di donazioni e popolarità seguite all'incidente.

Il premier turco Erdogan afferma di sta vagliando l'ipotesi di scortare la prossima Flotilla con le navi della Marina militare turca. L'affermazione di Erdogan tuttavia merita qualche riflessione più approfondita. La Turchia, a differenza di Israele, è un membro della NATO, dunque le sue azioni militari devono essere vagliate dall'Alleanza e senza dubbio gli Stati Uniti bloccherebbero questa operazione.

In secondo luogo, l'esercito turco non prende ordini da nessuno e in particolare dal premier Erdogan. Dunque è lecito leggere l'attuale protagonismo del premier come un braccio di ferro tutto interno al regime turco e alla lotta di potere tra il partito musulmano e l'establishment militare, sullo sfondo dello scandalo Ergenekon.

Sull'intervista rilasciata sabato al quotidiano libanese al-Mustaqbal, Erdogan rilancia la posta, dichiarando che potrebbe recarsi egli stesso in visita ufficiale a Gaza, rompendo definitivamente l'embargo israeliano e le relazioni diplomatiche con Israele. A parte lo scenario da incubo di una guerra tra Turchia e Israele, l'improvvisa filantropia pro-palestinese del governo turco risulta quanto mai sospetta, visto il trattamento che lo stesso governo riserva alla propria minoranza curda, paragonabile senz'altro all'Occupazione israeliana dei Territori palestinesi. Dunque la ragione è da cercarsi altrove.

Mentre gli Stati Uniti hanno subito chiesto a Erdogan di lasciar perdere, l'esercito turco ha fatto sapere che non ha la minima intenzione di prestarsi al gioco e intende mantenere relazioni di cooperazione con la controparte israeliana. Va ricordato che la Turchia è l'unico alleato militare di Israele nella regione e i due paesi conducono esercitazioni militari congiunte. Oltre ad avere scambi commerciali per oltre due miliardi di Euro: la Turchia fino alla scorsa settimana era tra le mete turistiche preferite dagli israeliani.

Dunque per il momento i vari attori nella regione stanno semplicemente alzando la voce per capire fino a che punto è lecito tirare la corda. Quel che è certo è che dopo il massacro degli otto civili turchi a bordo della Mavi Marmara, le relazioni diplomatiche tra Turchia e Israele verranno congelate almeno per un certo periodo. Il che non toglie che probabilmente tra le centinaia di attivisti turchi e islamici presenti sulla nave, alcuni non aspettavano altro che la loro occasione per confrontarsi con i soldati israeliani, o addirittura per diventare martiri, come si è scoperto da alcuni loro filmati pubblicati su Youtube.

L'incidente della Gaza Flotilla s’inquadra però in un contesto più ampio di nuove alleanze militari nella regione, sullo sfondo del programma nucleare iraniano. Il regime di Ahmadinejad è riuscito a strappare un accordo di cooperazione con Turchia e Brasile, col beneplacito russo. In cambio di 1200 chili di uranio leggermente arricchito, la Turchia s’impegna a spedire a Teheran uranio arricchito al 20%, sufficiente per l'utilizzo per ricerche mediche. L'accordo prevede comunque che l'Iran potrà continuare ad arricchire l'uranio indipendentemente. Questo è il primo segno dello sgretolarsi del fronte anti-iraniano che Israele e Stati Uniti cercano faticosamente di costruire.

La Turchia e il Brasile sono membri a rotazione del Consiglio di Sicurezza e dunque potenzialmente in grado di sabotare lo sforzo israeliano d’imporre nuove sanzioni al regime di Teheran. Allo stesso tempo, Turchia, Siria, Qatar e Iran stanno rafforzando le relazioni militari e creando una nuova alleanza regionale per controbilanciare il blocco filo-israeliano degli altri paesi arabi. In questo contesto è facile capire come lo Stato ebraico si senta accerchiato.

Nel nord, la Siria continua a rifornire Hezbollah di missili sempre più potenti (si parla di Scud, in grado di raggiungere Tel Aviv), mentre a Gaza il regime di Hamas riceve grossi finanziamenti direttamente da Teheran. Una doppia assicurazione sulla vita per il regime degli Ayatollah. Netanyahu dichiara che non permetterà mai la fine dell'embargo a Gaza: l'idea di lasciar attraccare navi nella Striscia senza sapere cosa trasportino è un vero e proprio incubo per il governo israeliano, molto peggiore dei tunnel scavati sotto il valico di Rafah.

In questa situazione instabile, l'arrembaggio improvvisato dei giovani soldati israeliani alla nave turca ha mostrato ancora una volta la criminale inadeguatezza dei vertici militari israeliani. Le immagini dei soldati di leva calati uno ad uno tra gli attivisti turchi della Mavi Marmara desta molte perplessità. Sembra di assistere al gioco della pignatta, con gli attivisti armati di spranghe che picchiano i soldati alla ricerca delle caramelle. Il comandante della spedizione era certamente al corrente della situazione sulla Mavi Marmara e ha mandato allo sbaraglio le sue truppe, sapendo che in caso di pericolo i soldati non avrebbero pensato due volte prima di premere il grilletto.

L'opinione pubblica israeliana, bombardata dal filmato in bianco e nero dei soldati aggrediti a colpi di bastone, ha chiesto subito la testa dei responsabili dell'operazione. Come successe dopo la seconda guerra del Libano, la condanna degli organi di stampa israeliani è unanime: i responsabili dell'operazione devono essere individuati e puniti. Purtroppo ogni volta la stessa storia si ripete e l'inossidabile Ministro della Difesa Ehud Barak è sempre inchiodato alla sua poltrona. In mancanza di qualsiasi alternativa credibile all'attuale governo Netanyahu.

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