di Cinzia Frassi

Mai come quest'anno la Festa di Liberazione dal fascismo e dal nazismo è occasione per osservare. Il tentativo della destra di riscrivere la storia potrà sembrare un dettaglio, elemento trascurabile dei ritmi e delle strategie della politica della seconda repubblica italiana. In realtà non c’è niente di casuale: si tratta di fatti marginali certo, ma di tanti piccoli sassolini che, se collegati dal tratto di una penna, ne delineano il percorso verso il revisionismo storico della Resistenza, della Storia d'Italia, della Liberazione dal fascismo e dal nazifascismo.

E' vero, ogni anno, a ridosso d’importanti ricorrenze, c'è chi si fa avanti con sortite di diverso tipo. Nel 2000 dalla destra venne la proposta di istituire una commissione per la revisione dei libri di storia scolastici perché giudicati "marxisti". Ci sono stati anche vari tentativi di mettere sullo stesso piano coloro che hanno combattuto per la Patria e i caduti della Repubblica di Salò, alleati dell’invasore tedesco. Nel 2008 Ignazio La Russa, durante la celebrazione dell'Armistizio dell'8 settembre, disse che era suo dovere morale ricordare i caduti di Salò. Oggi è ministro della Difesa. Accanto a lui c'era il Presidente della Repubblica a bacchettarlo.

Ma ce n'è per tutti i gusti anche quest'anno alla viglia della Festa della Liberazione. Ad esempio a Milano è stata firmata nei giorni scorsi un'ordinanza che consente ai negozi di restare aperti, forse nel tentativo di trasformare la ricorrenza in una sorta di shopping natalizio fuori stagione. Ma il caso più eclatante se l'è inventato il Presidente della Provincia di Salerno, che si è preso la briga di diffondere manifesti in cui la Liberazione diventa inno agli americani salvatori contro l'avanzata comunista. Un tantino miope.

Luciano Violante a questo proposito ha dichiarato: “C’è una sorta di complesso d’inferiorità da parte di coloro che non riconoscono quello che è stato il ruolo della lotta di liberazione per riconquistare la democrazia in Italia. Vedo che a Salerno c’è un Presidente di Provincia che dice che sono stati liberati dagli americani. C’è chi vieta di cantare “Bella ciao” come a Sassuolo, e anche in Friuli c’è qualcosa del genere. Inviterei queste personalità del centrodestra a pensare che l’Italia è stata liberata insieme da americani, neozelandesi, australiani e italiani». Sarebbe stato meglio lo avesse ricordato quando lui stesso parlò delle "ragioni dei ragazzi di Salò", dimenticando la differenza che passa tra il torto e la ragione, tra l’onore e la vergogna.

Questi solo alcuni elementi di una lunga stagione di tentativi di distrarre la storia, ritoccarla come il trucco dei dirigenti di partito sotto i riflettori delle loro convention. Un pezzetto alla volta si erode la realtà storica: senza bisogno di idealizzare la Resistenza e la Liberazione, il 25 aprile si festeggia e si onora il sacrificio di coloro che si sono battuti per la Patria contro il ventennio fascista e l'occupazione nazista. Il 25 aprile si festeggia la Liberazione per mano dei partigiani, giovani e vecchi, uomini e donne, cattolici e non.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che alla vigilia del 25 aprile si trovava a Milano al Teatro alla Scala per le celebrazioni della Liberazione, ha sottolineato l'importanza di mettere alla base dell'identità dello Stato la verità storica. Davanti ad una platea molto coinvolta non ha mancato di spendere parole circa l'unità stessa. In sala era presente il Presidente del Consiglio, “l'uomo delle riforme” come amano definirlo i suoi e la Lega che mette alla base del suo ricatto politico proprio il federalismo. Il Presidente Napolitano ha sottolineato che “l'idea di dividere l'Italia in più stati è fuori dalla storia e dalla realtà” ed ha continuato dicendo che l'unità d'Italia “non può essere oggetto di irrisione né considerarsi mito obsoleto o residuo del passato”. E ancora: “quelle autonomie regionali e locali di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un'ispirazione federalistica, è la strada per far crescere di più e meglio tutto il nostro Paese e per affrontare obiettivi quali il diritto al lavoro e garantire il futuro dei giovani”. Ai cenni di approvazione del Presidente del Consiglio si sono poi unite le parole del ministro Calderoli, a dir poco sinistre: “Le sue parole mi fanno condividere la posizione sull'unità”.

Un teatrino di facciata che dimostra quanto poco attendibile e onesta, nel senso ampio del termine, sia oggi la compagine politica tutta, con poche eccezioni nominali. Una messa in scena che si estende anche ai preparativi per le prossime celebrazioni del 150esimo dell'Unità d'Italia, dove l'ex Presidente Carlo Azeglio Ciampi ha rassegnato le dimissioni e, a seguire, altre personalità.

Ad osservare con attenzione, a mettere insieme questi eventi ed altri, è chiara l'intenzione di mettere da parte la storia, di lasciarla dimenticare e dove non è possibile, cercare quanto meno di cucirle addosso altri significati. A fare il resto c'è un'informazione che ruota attorno ai fatti del momento, li esalta, li gonfia, li usa fino a consumarli e il giorno successivo ricomincia da capo.

Anche in occasione d’importanti ricorrenze come quella di oggi, come la prossima dell'Unità d'Italia, si spendono poche parole, poche energie e poco impegno, soprattutto dalla compagine politica che governa oggi il paese che avverte il passato storico italiano come un nemico.

Oggi però saranno le piazze d'Italia a resuscitare la storia, a tramandarla, a farla rivivere alle nuove generazioni. Per questo motivo sono importanti le celebrazioni storiche: sono un modo concreto di passaggio del testimone. Un segnale importante, estremamente emblematico, soprattutto in questo momento storico, è stata l'apertura delle iscrizioni, avvenuta nel 2006, dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. I testimoni della Resistenza fanno sapere che, ad oggi, i nuovi iscritti dell'ANPI sono under 30. Forse non tutto è perduto.

 

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