di Nicola Lillo

Altro giro, altro regalo. Il ddl sul legittimo impedimento è stato promulgato. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l'altro ieri ha posto la sua firma sul disegno di legge. Il provvedimento, approvato in via definitiva dal Senato il 10 marzo scorso, entrerà in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La ventitreesima legge ad personam per il Premier. Un provvedimento che consentirà a Berlusconi e ai suoi ministri di schivare le aule di giustizia per i prossimi 18 mesi.

Un obiettivo fondamentale per il Presidente del Consiglio, intimorito dai diversi procedimenti a suo carico, l’ultimo dei quali è l’inchiesta di Trani, poi trasferita al “porto delle nebbie” di Roma. A Berlusconi non importa se il testo di legge venga o meno spazzato via dalla Corte Costituzionale, come molto probabilmente avverrà. Ciò che per lui conta è saltare i processi, in vista di un nuovo lodo Alfano in salsa costituzionale. Anche se, va ricordato, la nostra Costituzione prevede la possibilità di ritenere incostituzionali anche leggi approvate con procedimento aggravato, dunque leggi costituzionali.

Il legittimo impedimento non è altro che una legge a tempo, necessaria, secondo la maggioranza, dopo il vuoto normativo che si è venuto a creare in seguito all’abolizione dell’immunità parlamentare (dopo Tangentopoli). I 18 mesi dovrebbero servire, appunto, per emanare quella riforma costituzionale evocata da Berlusconi. La legge non è altro che un Lodo Alfano o Schifani esteso addirittura ai ministri. Napolitano sembra non essersene reso conto. Difatti questa norma non farà altro che impedire il normale svolgimento dei processi a carico di questi soggetti. Il Presidente della Repubblica non ha neppure capito che si tratta di una legge incostituzionale utile solo ad evitare una sentenza di condanna in primo grado per Berlusconi nel processo Mills. O almeno si spera non abbia capito.

Speranza che si perde leggendo il primo articolo della legge. Come fa notare l’ex magistrato Bruno Tinti, infatti, “l’art. 1 dice che il legittimo impedimento vale per le udienze penali in cui presidente del Consiglio e ministri sono imputati. Quindi non vale quando siano chiamati a testimoniare. Domanda: se il problema consiste nel fatto che la presenza nelle udienze penali è incompatibile con le attività coessenziali alle funzioni di governo, com’è che questa incompatibilità non è stata prevista quando si tratta di testimoniare?”. Inoltre ci si chiede: essendo una norma a tempo, dopo i 18 mesi gli impegni “legittimi” sono cessati o no? Le risposte vengono da se…

Qualche giorno fa Napolitano non firmò il testo che sarebbe andato a modificare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che prevede la possibilità per un lavoratore di ricorrere ai giudici del lavoro nel caso in cui il licenziamento fosse stato applicato senza giusta causa. Il primo rigetto alle camere di una legge dell’attuale maggioranza. Un atto che fece già pensare ad una probabile promulgazione del ddl sul legittimo impedimento. Difatti, due rinvii alle camere consecutivi sarebbero stati sorprendenti per Napolitano. Insomma, una sorta di boccata di ossigeno prima di una nuova firma a favore del Premier.

Se poi lo stesso Napolitano afferma che è inutile non firmare una legge in quanto se la presentano una seconda volta è obbligato a firmarla, qualche problema sorge. Bisognerebbe infatti spiegare che ci si può dissociare da un abuso. Ci si può dimettere. O anche il semplice rinvio è un segnale forte e importante nei confronti della maggioranza. Il garante della Costituzione non può firmare norme palesemente incostituzionali.

Neppure le rivelazioni di Scalari riguardo le liti Ciampi-Berlusconi sembrano aver fatto breccia nell’attuale Presidente della Repubblica. Il giornalista, fondatore di La Repubblica, racconta infatti due episodi in cui Ciampi disse entrambe le volte “no” a Berlusconi, riferendosi alla promulgazione della legge Gasparri e alla nomina di tre giudici della Consulta. “No” che fecero infuriare il Presidente del Consiglio. Gli stessi “no” che oggi si auspicherebbero dal Presidente della Repubblica, nonché garante di una costituzione, che ormai trasversalmente si ha intenzione di stravolgere.

Questa promulgazione, infatti, dà il via a una serie di cambiamenti strutturali delle istituzioni. Oltre alla legge sulle intercettazioni prossima ventura (a cui Berlusconi tiene molto), la giustizia, la par condicio, le istituzioni si preparano a una grossa mutazione. È dell'altro ieri, infatti, la dichiarazione del ministro della Semplificazione, Calderoli, che ha affermato il raggiungimento di un “grande risultato”: cioè un metodo da seguire per le grandi riforme. I ministri competenti predispongano un testo che passa poi al tavolo dei coordinatori dei partiti, per un esame preliminare; il tutto approda poi al Consiglio dei Ministri e quindi in Parlamento. “Tutto quello che c’è da fare nel campo delle riforme - ha detto Calderoli - seguirà questo percorso”. “Il risultato é importante - ha sottolineato il ministro del Carroccio - perché adesso c’è un metodo concreto e condiviso su cui lavorare in tempi rapidi”. Segue a ruota Bersani: “Varare subito il Senato federale e il taglio del numero dei parlamentari”. Come dire, noi ci siamo. E la firma di Napolitano pure.


 

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