di Cinzia Frassi

Dopo l’aggressione del 13 dicembre, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi,è tornato sotto le luci della ribalta, baldanzoso come sempre, per un vertice strategico con i suoi a palazzo Grazioli. Il risultato dell’incontro è stata la solita operazione di marketing pseudo politico, che parla dell'ennesimo taglio alle tasse degli italiani, delle fantomatiche quanto sempre di moda "riforme costituzionali" e, naturalmente, della famosa ed inossidabile riforma della giustizia come ghiotto boccone al Parlamento. Ci sarebbero, infatti, alcuni emendamenti al ddl sul processo breve per arginare la cause di incostituzionalità e per dare una calmata non solo all'opposizione, ma pure al presidente della Camera Gianfranco Fini. In sostanza, ci risiamo: il teatrino ricomincia e si finisce con il discutere ed azzannarsi su alcuni temi, quelli prescelti, mentre non si parla in alcun modo dei problemi reali del bel paese.

Fatto sta che attorno al vertice a palazzo Grazioli sembra essere scesa una certa coesione all'interno del partito del cavaliere: ora sul piatto della bilancia dell'attività di governo non ci sono solo il legittimo impedimento e processo breve a scatenare le polemiche, ma riforme e fisco. Come dire di no? Il fisco, l'oggetto assoluto, l'emblema della vittoria di Silvio Berlusconi: quello che ti fa pagare meno tasse. Ad aggiungere alla sceneggiatura una certa credibilità, la salita al colle del Presidente del Consiglio, che va da Napolitano per metterlo al corrente della sua agenda, per cercare di lisciare l'ex comunista, ma soprattutto per mostrare a tutti che ancora una volta sono tutti con lui.

Magari non proprio tutti. Per primo Antonio di Pietro, Idv, che non abbassa i suoi toni da stadio. Intanto non usa la diplomazia quando gli chiedono della strada che a Milano si pensa di intitolare a Bettino Craxi e risponde che "una strada intitolata a Craxi si può fare a una sola condizione, che ci sia scritto sulla targa quello che é: politico, corrotto e latitante”. E a proposito del rilancio sul processo breve, che recepirebbe le richieste dell’opposizione, risponde con lo stesso piglio: ''E’ una presa in giro, non abbiamo visto niente”. Per poi aggiungere: “Si vendono la pelle dell'orso prima di averlo catturato. Il processo breve é un provvedimento “ad personam”, quindi qualsiasi modifica può essere soltanto una lavata di faccia, un modo per allungare la mano e fregarsi il braccio”.

Reazioni anche dal Pd da uno spazientito Bersani che ci mette una certa ironia: "Sarebbe questa la prima mossa del partito dell'amore?”. Il segretario nazionale non ammette dietrofront sulle questioni che ruotano attorno alla giustizia e, deciso, si scaglia ancora contro le leggi “ad personam”, restate intonse però quando c’era pure lui tra le fila del governo. "Non bastano i giochi di parole o le finte benevolenze verso l'opposizione a nascondere la realtà dei fatti. La nostra disponibilità è quella dichiarata più volte: si sospendano i provvedimenti che governo e maggioranza hanno annunciato e si discuta subito dell'ammodernamento del nostro sistema". In sostanza dice no alle richieste di accondiscendenza e si dichiara disponibile solo sulla riforma della giustizia.

Ma, ancora una volta, a svolgere un'opposizione più pruriginosa è l'ex di Alleanza Nazionale, che ultimamente riesce ad infastidire la Lega e ad oscurare l’opposizione. "Le riforme vanno fatte e il confronto deve avvenire in Parlamento", dice Gianfranco Fini, da Palermo, davanti ad una platea di studenti andati ad ascoltarlo parlare del suo ultimo libro dal titolo (forse con un pizzico di satira politica) "Il futuro della libertà", da poco in libreria. Fini dice che “il dibattito politico è vecchio, stanco e propagandistico” e, a proposito delle riforme, afferma: "Abbiamo bisogno di farle, chi vince le elezioni ha il diritto e il dovere di realizzarle, ma il Parlamento deve avere un ruolo, è in questa sede che si deve aprire il confronto o si vuole fare il dibattito solo nelle trasmissioni televisive?".

In sostanza, il presidente della Camera ribadisce la sua posizione sulle leggi “ad personam” e sottolinea di non essere disponibile a serrare le fila attorno al cavaliere. Secondo alcuni, l'asse dei finiani avrebbe una cinquantina di seguaci per mettere in crisi il governo, qualora insistesse sul lavorare esclusivamente alle cause intitolate a Silvio Berlusconi.

A chi gli chiede conto del suo argomentare “di sinistra” Fini risponde: “Basta con le etichette, parlare di ambiente o di immigrazione non è ne di destra ne di sinistra. Sono argomenti che riguardano tutti". Fuga ogni dubbio, quindi, circa il suo ruolo all'interno del Pdl e della sua tecnica politica volta a non confondersi, nonostante la fusione, con i metodi del cavaliere. Perfino sull'immigrazione e sui fatti di Rosarno si esprime con certi toni e, comunque, in un modo non condivisibile dalla Lega, cui stanno particolarmente a cuore certe occasioni di mostrare ai suoi elettori di avere la mano forte. Si esprime molto pacatamente, infatti, sostenendo, sempre da Palermo, che "la politica deve guardare al futuro e non seguire gli umori della società, come è avvenuto a Rosarno con l'immigrazione".

Mentre la politica è ormai in scacco matto, dedicandosi completamente a se stessa e ai suoi vecchi meccanismi da prima serata, restano come sempre fuori dal dibattito i problemi reali che gli italiani intanto stanno fronteggiando; la crisi, la mancanza di lavoro, la produzione che si sposta fuori confine e i famosi conti alla quarta settimana. Cosa volete che siano di fronte al processo breve?

 

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