di Rosa Ana De Santis

A maggioranza, con un capolavoro d'ipocrisia e falsità, il Senato ha chiesto lo stop all’introduzione della RU-486 sul mercato, in attesa di un parere tecnico di congruità tra il farmaco e la legge 194. I rischi paventati, quando fin dal primo momento alcune reazioni politiche all’aborto chimico furono scomposte e aggressive, sono diventati impedimenti di fatto. Irragionevoli le motivazioni addotte e pericolosa l’esondazione di potere istituzionale sull’esercizio della libertà individuale. Vergognosa invece la genuflessione dei cosiddetti rappresentanti del popolo ai piedi dei vescovi, che nella vendita e nell'utilizzo del farmaco vedono la reincarnazione definitiva del suo diavolo peggiore: quello della libertà delle donne di disporre del proprio corpo.

Il parere tecnico, rivendicato impropriamente e fuori tempo massimo dal solito gruppetto di proibizionisti, è evidentemente di competenza dei tecnici ed è già stato dato dall’AIFA, organo deputato proprio a questo. Quanto al ruolo del Ministero della Salute, tanto invocato, sull’esame della congruità della pillola RU-486 con la legge 194, che ha liberalizzato l’aborto nel 1978, non è, come vogliono far credere, qualcosa ancora da dimostrare, semmai proprio tutto il contrario. La legge 194 è infatti la condizione preliminare e fondante per l’introduzione di opzioni alternative all’aborto chirurgico. Confondere le premesse con le conclusioni è un modo sporco di ragionare, facilmente smascherabile, una manovra per intorbidire le acque che tradisce quale sia il vero spauracchio dei moralizzatori: colpire proprio il diritto all’interruzione di gravidanza e il corpo della legge 194.

Gli oppositori più accaniti, tra cui l’on. Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute, e quelli più timidi, fintamente neutrali come Dorina Bianchi, che ha rimesso il suo mandato a Tomassini, hanno utilizzato diverse strade per picconare un diritto già sancito dalla legge per le donne. Si è parlato di ritorno all’aborto domestico, quando invece il farmaco sarebbe stato somministrato in ospedale e sotto stretta sorveglianza. Si è parlato di danni alla salute delle donne e di un farmaco affatto indolore, come se qualcuno avesse omesso che ogni rimedio chimico allopatico ha controindicazioni ed effetti collaterali di cui la paziente deve essere ben informato e consapevole. Si è parlato di un nuovo modo di abortire molto più rischioso, come se la pillola RU486 - tra l’altro - fosse un obbligo imposto alle donne e non un’opzione alternativa al metodo chirurgico.

Soprattutto, e questo è il vero centro della polemica politica, si è visto nell’assunzione della pillola la banalizzazione di una scelta morale delicata e complessa quale quella dell’aborto. Ed è tutto qui il passo falso dei cari teodem e dei finti liberali. Basta leggere la legge 194 per rendersi conto che il corollario delle premesse, il comportamento indicato ai sanitari e agli psicologi, l’iter faticoso di riflessione che è imposto dallo Stato alle donne è proprio mirato a scongiurare la facilità e la comodità ad abortire, a non utilizzare mai l’interruzione volontaria di gravidanza come rimedio contraccettivo, a sentire la gravità della scelta. La legge 194 così come é ora é ben piantata, anche troppo,  sul controllo e sulla sorveglianza delle donne nell’esercizio della loro libertà.

Rimane poi sempre vero che la maturità morale di una donna, come tutti, non è misurabile con l’incremento delle restrizioni legislative, ma con un’educazione progressiva e permanente per le giovanissime. Magari al posto dell’ora di religione, ad esempio. La scelta di una donna per la pillola piuttosto che per l’aborto chirurgico è una scelta che investe il campo della tecnica, del rimedio considerato più idoneo alla propria accettazione psico-fisica, non è mai una scelta morale. La scelta avviene prima, nel momento in cui si decide di abortire, non nel come. Con la Ru486 non è in questione l’aborto, ma il modo in cui abortire. Far saltare questa differenza significa proprio mettere le mani sulla 194.

Come mai nessuna commissione d’indagine conoscitiva si è aperta sulla commercializzazione frettolosa e a tappeto del vaccino per l’H1N1, di cui sappiamo poco o nulla e che ci è stato vivamente consigliato sui nostri figli? Forse perché c’è forte odore di soldi e perché si tratta di farmaci e commercio, punto? Anche nel caso della RU-486, della chimica e dei suoi effetti non importa a nessuno. Le ragioni di tanto clamore sono falsamente tecniche e sono invece tutte morali, tanto è vero che si torna a parlare della 194 che è proprio la legge che impedisce ogni deriva abortista tanto temuta. L’obiettivo è riscrivere e mettere le mani su quel testo, unico esile baluardo della libertà femminile nel nostro Paese.

Noi non siamo la Francia, né la Gran Bretagna, né la Spagna, né la Germania. L’Italia non è in Europa. E l’alleanza di potere e fede cattolica, unita al dominio dello Stato sul singolo, è un modo tutto italiano di predicare la libertà individuale, senza avere alcuna considerazione seria del suo inestimabile valore.


 

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