di Ilvio Pannullo

Trecentomila ieri in piazza del popolo a Roma. All’appello lanciato dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, la parte sana e cosciente del paese ha risposto in modo compatto e presente. Non male per l’Italia e giornata di ferie per la questura di Roma. Numeri a parte, quello che è sicuro è che le strade del centro della capitale erano invivibili, paralizzate da un fiume di cittadini mossi solo dalla voglia di essere presenti, uniti dal desiderio di fare numero ad una manifestazione che si sentiva come diversa dalle altre.

Ed è diversa anche la piazza che si vede, una piazza variegata nei colori, nelle bandiere, nelle età dei suoi partecipanti. C’è un po’ di tutto e c’è la classica voglia di contarsi e di divertirsi, pur con la consapevolezza della serietà del momento e del motivo per cui si è chiamati a manifestare. Alla difesa della libertà di stampa va il sostegno dell’intera piazza e ai berlusconiani non rimane che il traffico. C’è da sorridere perché la punizione è di quelle che pesano.

Sono in tanti a parlare dal palco, ma a rubare la scena é sicuramente il presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida. Stimato professore, per quanto abituato a parlare in pubblico, appare un po’ intimorito dalla colorata e rumorosa moltitudine destinataria del suo intervento. Il tono non è - né potrebbe essere - quello di un abile politico, di un arringatore di folle, ma le sue parole arrivano dove devono arrivare, colpiscono al cuore e la piazza risponde. "Il cittadino non informato, o informato male, è meno libero". È un’ovazione e c’è il senso di tutta una giornata. Parla dell’articolo 21 della nostra Costituzione e distingue tra dovere di informare e diritto di essere informati; se il primo oggettivamente non sembra minacciato da imminenti incursioni delle forze dell’ordine nei vari consigli di redazione, il secondo forse in questo paese non l’abbiamo mai conosciuto.

Poi arriva l'intervento di Roberto Saviano. Già dall’annuncio, non appena s’intuisce che il prossimo intervento sarà quello dell’autore dell’ormai celebre “Gomorra” la piazza s’infiamma. È un boato, un applauso scrosciante che non accenna a spegnersi nonostante Vianello insista nella presentazione. Non appena appare sugli schermi la temperatura sale, l’applauso diventa ovazione e ovunque si levano grida d’apprezzamento. Pare di assistere ad una partita della nazionale, una di quelle che contano. Roberto si ferma, si mostra colpito dall’affetto che la moltitudine gli tributa. “E adesso dove trovo il coraggio di parlare?” dice quasi sibilando, dimostrando tutta la sua modestia e i suoi trent’anni portati male. Poi inizia a parlare: “Combattiamo per la serenità di lavorare senza doverci aspettare ritorsioni. Quello che sta accadendo in questi giorni dimostra che verità e potere non coincidono mai”.

I tempi anche in questo caso non sono da comizio come la dimensione dell’uditorio richiederebbe. “Quello che è accaduto a Messina – continua – è il frutto non della natura, ma del cemento. Se chi permette a chi scrive di farlo secondo coscienza e senza pressioni, tragedie, come questa potrebbero essere evitate. Onore è una parola che la mafia ci ha rubato. Questo termine oggi è stato recuperato. Ma non bisogna dimenticare che qui vicino, in una via molto famosa, sono stati sequestrati dei ristoranti di proprietà della n'drangheta. Oggi, però, abbiamo dimostrato che questo Paese vuole ritrovare il suo onore”.

L’intero pomeriggio viene scandito dagli interventi e i giornalisti sono davvero tanti. Anche quelli della stampa cattolica, da Avvenire a Famiglia Cristiana, il cui direttore Don Sciortino manda un messaggio per dire che è "diabolico far credere che questa manifestazione sia una farsa. La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica". Incredibile a dirsi ma si schiera anche il cdr di Mediaset.  Senza saperlo il papi si ritrova una frangia di estremisti, un avamposto di farabutti proprio dentro casa sua. Miracoli italiani.

Dal palco si fa sapere che né il TG1 né il TG5 hanno dato la notizia della manifestazione, ma risponde SkyTG24 con la diretta Tv dell’intera giornata. Beghe tra potenti. Così, nei vari interventi si va delineando la chiave di lettura con cui interpretare questa dimostrazione di forza di quanti non ci stanno ad una informazione piegata alle direttive del governo. Più che libertà di stampa si parla di libertà di non ricevere condizionamenti dall’esterno e si sottolinea l’anomalia dell’assetto televisivo italiano. Se da fonti Cesis sette italiani su dieci si informano guardando la tv, è sulla tv e su come viene gestita l’informazione che si concentra la critica. Già, perché il sistema televisivo è il sistema nervoso della democrazia, se non funziona questo non funziona la democrazia.

Prima delle elezioni, infatti, nessun cittadino potrà incontrare Berlusconi, Veltroni, piuttosto che Fini o D’Alema. Quello che si saprà di loro sarà essenzialmente quello che i media avranno riferito sul loro conto, oltre alle loro dichiarazioni. Ma altrettanto rilevante sarà il negato e il taciuto. Scelte decisive contro informazioni false, distorte o grottesche e la mente va subito a Fede, Mimun e a quel Minzolini che, con tanto zelo, sta dimostrando all’Italia intera il perché della sua nomina. Con il suo ultimo intervento, conferma di non essere un direttore di un telegiornale né un giornalista oggettivo, ma il propugnatore di un preciso punto di vista. Quello di chi sta al comando. Commenti e fatti si mescolano al punto da non poter più comprendere dove finisce la notizia e dove inizi la sua interpretazione.

La vera forza della propaganda si manifesta quanto più il pubblico si convince o viene convinto che non vi è alcuna propaganda. Ed in questo il nostro primo ministro è un maestro. Un forte apparato ideologico come alternativa ad un palese governo autoritario. Ma c’è una parte del paese che non ci sta e che ieri lo ha dimostrato, urlando a quell’Italia distratta e stanca che c’è chi si farà carico di una battaglia per la tutela di diritti, che appartengono a tutti e segnano il grado di civiltà di una democrazia. “Questa piazza è la miglior risposta a chi definisce una buffonata la necessità di manifestare per la libertà di stampa” ha detto  Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. “Questa piazza – ha continuato - saprà difendere anche la libertà delle donne e degli uomini di destra, dileggiati per aver espresso un punto di vista diverso rispetto a quello del presidente editore. Il miglior sponsor di questa manifestazione è stato Berlusconi, il quale ha sostenuto che in Italia c'è talmente libertà di stampa al punto che vanno in onda 4 o 5 trasmissioni che non gli piacciono. Parole di un sovrano sul viale del tramonto”. Lo sperano in molti.

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