di Mariavittoria Orsolato

Incorreggibile: questo forse l’aggettivo più blando da tributare all’onorevole con la coppola Marcello Dell’Utri. Non pago di essere uno dei più sbugiardati bugiardi della seconda Repubblica - lo dicono diverse corti giudiziarie italiane, dalle Alpi all’Etna in modo unanime - il senatore Pdl ci ha donato una delle sue tante (e, vi assicuriamo, imperdibili) verità durante un’intervista al canale YouTube Klauscondicio, esperimento web del “noto massmediologo” Klaus Davi. Nella mezz’ora scarsa di intervista, l’ex allenatore del Torrescalla poi assurto a terzo braccio dell’ubiquo Berlusconi, ha sciorinato una sequela di battute improbabili sulla vera storia di Benito Mussolini, mutuate da cinque diari ritrovati a Bellinzona un paio di anni fa ma ancora oggetto di forti (e fondati) dubbi in merito all’autenticità. Checché ne dicano storiografi e illustri biografi, dalla lettura di queste agendine della Croce Rossa - che precisamente vanno dal 1935 al 1939, vigilia dell’entrata in guerra - Dell’Utri ha evinto un’immagine assolutamente inedita del duce, paragonato per abilità e verve scrittoria al povero Montanelli: “Da questi scritti viene fuori una figura diversa da quella che ci è stata propinata dagli storici dei vincitori, non era un buffone, non era un ignorante e tantomeno un sanguinario. Era un uomo buono. Mussolini era solo una brava persona che ha fatto degli errori”. Le leggi razziali? “Nei suoi diari Mussolini scrive che le leggi razziali devono essere blande. Tra gli ebrei - continua avvincente Dell’Utri - il duce spiega di avere i suoi più cari amici e si chiede perché seguire Hitler con le sue idee sulle razze ariane, razze pure che non esistono”. I confinati? “Saranno stati un centinaio o giù di lì”. E i repubblichini di Salò? Manco a dirlo “Erano al 100% partigiani di destra - ha risposto Dell'Utri a Klaus Davi - non è che fossero delle persone da cancellare dalla storia, perché hanno avuto la loro parte e credevano in alcuni valori”.

Ora, non vogliamo mettere in dubbio la strabiliante scoperta storica del caro Marcello, ma per chi con la storia lavora veramente, le fonti delle “Res Gestae” mussoliniane sono ben più di cinque quadernucoli sdruciti. C’è ad esempio l’archivio di Stato, che testimonia come le prime leggi discriminanti siano apparse ben prima delle sanzioni della Società delle Nazioni - quelle che il senatore siculo addita come maggiori responsabili della degenerazione violenta del regime fascista - scaturite dall’illegittima invasione dell’Etiopia e datate 11 ottobre 1935: in una disposizione a firma del sottosegretario all'interno, Guido Buffarini Guidi, datata 9 aprile 1935, si sancisce l’illegalità del culto pentecostale nel Regno, discriminando perciò in base al culto ben 6 mesi prima della tirata d’orecchie internazionale e ben 3 anni prima delle pressioni di Hitler.

Ci sono anche i censimenti delle autorità coloniali in Libia che testimoniano chiaramente come tra il 1928 e il 1931 - periodo di massicce operazioni di polizia contro i pastori dell’altopiano del Gebel, rei di appoggiare Senussia, la resistenza locale - la popolazione della Cirenaica sia passata da 225.000 a 142.000, subendo un vero e proprio genocidio. C’è poi una copiosa toponomastica che contribuisce a ricordaci (revisionismo storico permettendo) quelli che furono i martiri storicamente messici a disposizione dell’Ovra e dalle squadracce di camice nere, da Matteotti ai fratelli Rosselli, da Gramsci ad Amendola, a Gobetti, senza contare le targhe - come quella di piazza del Nettuno a Bologna - dove sono celebrate le migliaia di vittime del tanto compianto Ventennio.

Dell’Utri afferma sereno: “Mussolini ha perso la guerra perché era troppo buono”. Visto che la storiografia contemporanea testimonia ampiamente l’uso italiano di armi chimiche in Etiopia e in Grecia, viene da chiedersi cosa sarebbe successo se il duce fosse stato “troppo cattivo”. Nella mirabile intervista del mellifluo Davi, il nostro non vuole dichiaratamente fare né apologia di fascismo né revisionismo storico, per cui si spinge volentieri a parlare della più stringente attualità dalle veline che “sono di gran lunga più apprezzabili di certe telegiornaliste”, alla Rai che spera di non dover ridursi ad occupare dato che - come assicura l’altro “uomo colto” del Popolo delle libertà, Maurizio Gasparri - è ancora in mano alla sinistra.

La vera chicca arriva però solo a metà intervista, quando Dell’Utri incalzato (sic!) da Davi, si cimenta nel suo cavallo di battaglia, la mafia e i pentiti: “Il caso del pentito Gaspare Spatuzza dimostra iniquità nell'istituto dei pentiti. Con le sue dichiarazioni alle Procure che indagano sulla strage di via D'Amelio avrebbe messo in discussione le dichiarazioni del precedente pentito Vincenzo Scarantino, autoaccusatosi del reato. Intendiamoci, l'istituto dei pentiti è utile, ma va usato con cautela e soprattutto non va abusato, cioè indirizzato contro qualcuno com’é stato fatto per alcuni processi, e tanto per essere chiari, nel mio in particolare”. Non avevamo dubbi senatore.

Dell’Utri ha ricordato poi come il duce fosse fermamente contrario ad ogni organizzazione extrastatale, in particolare come fosse disturbato da massoneria e mafia “che poi è una sorta di massoneria criminosa”, e se lo dice Marcello ci dobbiamo credere per forza. Una domanda che l’acuto Klaus Davi si è fatto scappare ma che a noi sorge spontanea: Dottor Dell’Utri, se è vero che Mussolini odiava massoneria e mafia, come crede avrebbe visto i suoi degni successori ora al governo? Mai una volta che riescano ad essere coerenti!


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