di Mariavittoria Orsolato

Con un liberatorio sospiro di sollievo possiamo dire che finalmente è finita. E’ finito cioè quell’inglorioso spettacolino di cui la politica nostrana ci ha fatto sfoggio dallo scorso maggio, quando la poltrona maxima della Commissione parlamentare di vigilanza Rai è rimasta vacante. La nomina dell’ottuagenario (alla faccia del rinnovamento) Sergio Zavoli, già presidente Rai nonché stimato giornalista, ha messo d’accordo in modo quasi bipartisan, ponendo fine agli indecorosi giochetti e battibecchi che avevano portato al ben noto affare Villari, (detto Vinavillari, perché è così che viene scherzosamente appellato l’ex senatore Pd eletto grazie ai voti - e alle spinte - del Pdl). Su 39 commissari presenti, Zavoli ha avuto ben 34 placet, solo 4 astensioni e una scheda nulla pro Villari: un miracolo di concertazione che però era già scritto da almeno un paio di mesi e che era slittato solo ed esclusivamente a causa dell’indefesso attaccamento al dovere del precedente presidente di Commissione. In questo tripudio di mani che si congratulano l’un l’altra, di occhiate d’intesa che sembrerebbero adatte a ben altre occasioni, gli unici nasi storti si scorgono tra le file dell’Idv. Dopo aver perso platealmente la battaglia per la nomina di Leoluca Orlando, il partito di Di Pietro si vede definitivamente estromesso dalla Commissione di vigilanza e, nell’augurare sinceramente buon lavoro al neopresidente, i capigruppo Massimo Donadi e Felice Belisario tengono a precisare che “il Cda Rai dovrebbe essere composto da professionisti lontani dai partiti e dovrebbe soprattutto valorizzare le professionalità interne all'azienda”.

Chiamatela invidia, ma è pur vero che l’Idv si ritrova quasi sempre tenuta a debita distanza dagli incarichi istituzionali - diciamo così - politicamente succosi, ed è anche vero che questa querelle non ha fatto altro che confermare le tesi dipietriste sulle connivenze e i concorsi di colpa del mostro a due teste ribattezzato Veltrusconi.

Inutile perciò tentare di dare un senso sia politico che umano a questa trista e prolissa parentesi del nostro buon governo, l’importante è che sia conclusa e soprattutto archiviata. Zavoli si augura che la sua presidenza possa essere un buon segnale per l’Italia e subito s’impegna a smorzare i toni che lo hanno preceduto: “Io - ha sottolineato - rappresento un principio e un monito, un messaggio al Paese: se il Parlamento vuole è in grado di risolvere i suoi problemi, la politica può decidere, e c'è molto bisogno di politica quando la politica stessa sembra voltarci le spalle”.

Che quello di Zavoli sia un j’accuse o una richiesta di aiuto lo si capirà a breve, quando si dovranno decidere le nomine del Consiglio di Amministrazione Rai e, soprattutto, quando l’azienda verrà chiamata a rispondere dell’ennesima tirata d’orecchie sull’operato del giornalista Michele Santoro.

Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello hanno infatti indirizzato immediatamente una nota congiunta al neoletto presidente, definendo “quantomeno inopportuno” l’invito che Santoro ha rivolto a Gioacchino Genchi - il consulente giudiziario ormai proclamato collezionista di inciuci telefonici - per partecipare alla prima serata di giovedì: “Ci auguriamo che il neoletto presidente della Commissione di Vigilanza approfondisca la questione e assuma le conseguenti determinazioni” hanno dichiarato i due messi forzitalioti. Come si dice, uomo avvisato…

Zavoli è giornalista capace e persona stimabilissima. La sua elezione alla Presidenza della commissione parlamentare di vigilanza è una buona notizia per tutti; resta da vedere lo spazio di manovra che gli verrà concesso. Ma è certo che, se i partiti pensavano ad uno zerbino, restaranno delusi. Il neopresidente si è già messo al lavoro; non appena conclusa la seduta che lo ha eletto, il giornalista che Montanelli definì “principe della notizia televisiva”, ha convocato l’ufficio di presidenza della bicamerale per discutere e approvare il regolamento per l'applicazione della par condicio in vista delle elezioni regionali in Sardegna, in programma il 15 e 16 febbraio.

Che i lavori della nuova commissione saranno all’insegna di “sobrietà e serietà” - come ha specificato in conferenza stampa Zavoli - lo si è capito quando il neopresidente ha lasciato la sede di Palazzo San Macuto: al posto di una rombante berlina scura, ad aspettarlo c’era una 600 azzurrina. Non significa nulla in particolare, ma c’è da dire che dopo aver assistito al prepotente starnazzare della casta, è un vero sollievo riuscire a scorgere, in una carica pubblica, un segno di misurata austerità. Di questi tempi non è poco.

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