di Mariavittoria Orsolato

Continua a trascinarsi in una penosa catena di eventi il melodramma della commissione di vigilanza Rai. L’elezione a tradimento dell’ex Udeur Villari, come preannunciato, ha sollevato un polverone di polemiche e ha scoperto altarini che in molti disperavano ormai di vedere svelati. Dopo il battibecco sulla legittimità di un’elezione avvenuta fuori dalle normali consuetudini, le dimissioni di quello che già sembrava un cavallo di Troia, erano intese ed attese come atto dovuto ma, ad una settimana dall’annuncio, il nostro Villari Riccardo non sembra proprio intenzionato a lasciare la sedia a Sergio Zavoli - senatore Pd nonché ex presidente Rai - su cui i favori di entrambi gli schieramenti sono caduti dopo l’impasse Orlando. E siccome, a quanto si dice, “ la parola dimissioni non esiste nel vocabolario di un democristiano”, l’attuale presidente di commissione si dichiara “sereno” e prepara già bozze di regolamenti e ordini del giorno perché “è mia intenzione ferma porre al primo posto la priorità di ogni parlamentare, che è quella di rispettare e garantire le istituzioni repubblicane”. Come suol dirsi, il patriottismo è l’ultima spiaggia dei cialtroni. Espulso lo scorso giovedì dal suo partito di riferimento, il Pd, Villari è ormai osteggiato anche da quella maggioranza che l’ha votato ed ora va letteralmente in onda il più classico degli scaricabarili. Per Veltroni la patata bollente passa nelle mani del governo: “Abbiamo fatto un’intesa con palazzo Chigi su un nome di assoluto livello. A questo punto il problema non è più mio, ma riguarda il Pdl. Sta a loro, se lo ritengono, risolvere la questione. Sta a loro applicare l’intesa”.

Fini e Schifani, come due maschere teatrali, pregano cortesemente Villari di abbandonare Palazzo San Macuto senza troppi strepiti e lo stesso Berlusconi afferma: “Maggioranza e opposizione hanno condiviso e concordato la designazione del senatore Zavoli a presidente della commissione di Vigilanza. Il senatore Villari può dirsi soddisfatto - ha ribadito - di avere in fondo contribuito a determinare queste condizioni e può quindi serenamente rassegnare le dimissioni convinto di rendere così un servizio alle istituzioni”.

Ad oggi le dimissioni non sono arrivate, ma in compenso è stato emanato un lungo comunicato a cui Villari affida le sue ragioni chiedendo "rispettosamente a tutti i colleghi della commissione, di compiere un atto di coraggio e di permettere a questo organo di garanzia di svolgere il suo delicato e impegnativo lavoro. Chiedo alla politica dei partiti di fare un passo indietro per lasciare che le scelte almeno negli organi di garanzia vengano effettuate dai parlamentari e venga rispettata la dignità della politica delle istituzioni". Dopo la polemica defezione degli esponenti dell’Italia dei Valori, avvenuta dopo il rinnego dell’ex candidato Orlando, anche i commissari del Pd hanno deciso di non partecipare alle prossime sedute della Vigilanza Rai fino a quando Villari non lascerà l’incarico.

Una commedia degli equivoci, quindi, che lascia il Paese sostanzialmente stupefatto davanti a cotanta faccia tosta. Solo un paio di giorni fa, in diretta su La7, si discuteva proprio della vicenda vigilanza, ospiti in studio ad “Omnibus” Donadi per l’IdV, Latorre per il Pd e Bocchino per il Pdl. Nel pieno di uno scontro tra Donadi e Bocchino, le telecamere hanno pizzicato il senatore Latorre, dalemiano doc che con Villari condivide la provenienza geografica, suggerire con un bigliettino la risposta giusta all’avversario Bocchino per mettere in difficoltà l’alleato - per lo meno sulla carta - Donadi.

Una scena patetica e degradante che nemmeno le risate preregistrate di “Striscia la Notizia”, su cui è andato in onda il replay, sono riuscite a edulcorare. Una scena che però ha avuto il merito di fungere da epifania per tutti quelli che ancora credevano che il Pd fosse un organo di opposizione. L’immagine che questa vicenda restituisce all’elettorato è senza dubbio quella di una politica che, più che con la democrazia, ha a che fare con la cortigianeria di bassa lega: Di Pietro nel suo lessico indubbiamente folkloristico ha reso bene l’idea: “Vendersi per trenta denari”.

Qualunque sia l’epilogo di questa tragicomica situazione, è bene rendersi conto - come afferma Curzio Maltese su La Repubblica - che “l'intero sistema politico è tenuto in scacco da un trecartista mastellato, per giunta su una vicenda, il potere in Rai, che di suo dà il voltastomaco alla maggioranza degli italiani”. Comunque vada sarà un successo, diceva Chiambretti riguardo al suo Sanremo; qui al massimo si potra dire “comunque vada sarà un disastro”. Lo è già, almeno per quella poca credibilità che la politica italiana ancora detiene.

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