di Eugenio Roscini Vitali

Dal palco del congresso dei “Circoli del Buongoverno” il ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, sostiene: “Oggi siamo impotenti di fronte agli scioperi considerati irregolari dalla Commissione di garanzia. Questo perchè la sanzione è affidata al datore di lavoro. Abbiamo un'ipotesi d’intervento sui servizi di pubblica utilità che prevede, prima che si dia vita ad uno sciopero, il referendum consultivo, ma obbligatorio, tra i lavoratori e l'adesione individuale con un congruo tempo di anticipo”. Dicono che un tempo Sacconi era socialista, ma forse anche allora aveva idee decisamente diverse da quelle espresse da Filippo Turati che nel gennaio 1902, in una breve precisazione al Corriere della Sera, a proposito dello sciopero generale e dell'opportunità o meno di regolamentarlo, sosteneva la "assoluta libertà di sciopero" perché "diritto essenziale". Quell’idea di diritto che nel settembre del 1904 portò i lavoratori italiani, guidati dai socialisti, a quella forma di lotta sociale sviluppata qualche anno prima in Francia da Georges Eugène Sorel: lo sciopero generale. Camuffare in retorica un atteggiamento politico che lascia trapelare un rancore storico verso una certa sinistra è di per sé un fatto puerile, ma parlando dell’Alitalia è lo stesso ministro Sacconi che rimarca una posizione che somiglia più ad un cavallo di Troia che ad un tavolo delle trattative: “Cai va avanti, è l'unica soluzione possibile, non esisterà mai e mai una soluzione pubblica, questo può accadere solo in un paese comunista”. Certo, questa non è la repubblica delle banane ed è chiaro che dietro la manovra anti-autonomi si nasconde un disegno ben più ampio, un progetto neocorporativo che vuole isolare quella parte del paese che scende in piazza e protesta: quella dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati e dei disoccupati rappresentati dalla Cgil di Gugliemo Epifani.

Per capire l’aria che tira è sufficiente tornare indietro di qualche mese, a giugno della scorsa estate, quando da Santa Margherita Ligure il ministro Sacconi, intervenuto al convegno dei Giovani imprenditori, auspicava una serie di azioni che potrebbero veramente imprimere una forte deregulation al mondo del lavoro: cancellare il libro paga e il libro matricole, rivedere il Testo unico sulla sicurezza e le sanzioni “sproporzionate” che distolgono l'attenzione delle imprese dallo sforzo di aumentare la sicurezza, liberalizzare tutto ciò che attiene alla flessibilità dell'orario di lavoro, reintrodurre i contratti a termine, incentivare il lavoro occasionale, abrogare la disciplina che ha trasformato le dimissioni volontarie in un atto complicato, disciplina introdotta dall’ex ministro Cesare Damiano per combattere le cosiddette dimissioni in bianco e che Sacconi ha bollando come “demenziale”.

Anche in quell’occasione il ministro lanciò un attacco alla Cgil che definì troppo isolazionista: “Rischia di seguire la disfatta della sinistra radicale, se non riflette su se stessa e non ritrova una strada riformista, che nella sua storia ha più volte praticato e che io credo abbia tutte le capacità di seguire ancora”. In effetti la strada riformista che segue la Cgil non è certo quella che si augurava il governo, la via maestra tracciata da Confindustria e che Cisl e Uil condividono pienamente. In difesa dei lavoratori e delle classi contrattualmente più deboli, Epifani ha scelto il movimentismo e questo va contro gli interessi di chi risolve i problemi con gli incontri separati e le cene vise a vise. Solo sul versante Alitalia la Cgil ha concorso ad una soluzione che Sacconi ha addirittura apostrofato “positiva”; sugli altri fronti non si allinea alle altre organizzazioni sindacali e per questo viene tacciata isolazionismo ed estremismo. Modello contrattuale, rinnovo nel pubblico impiego, contratto del commercio, tutti tavoli dove la confederazione di Corso d'Italia si ritrova a combattere da sola e, l’unica maniera per farlo, è lo sciopero, una parola che ne Sacconi ne Marcigaglia riescono a digerire.

Il ministro del Welfare parla addirittura di sindacato che usa la piazza per fare politica; toni ancor più duri nelle parole del portavoce di Forza Italia, Daniele Capezzone: “E’ ormai fin troppo chiaro che la linea estremista e massimalista di Epifani sta mettendo la Cgil in un angolo. Le altre sigle sindacali maggiori stanno infatti dando prova di responsabilità, mentre il vertice della Cgil cerca ogni occasione per scatenare campagne politiche contro il Governo”. Certo che, ripensando al 2002, con la Cgil di Cofferati isolata mentre Cisl e Uil firmavano con Berlusconi il “patto per l’Italia”, tutto è più chiaro. Oggi ci ritroviamo nella stessa situazione, con gli incontri formali a Palazzo Grazioli e con chi, senza fiatare, condivide l'accordo quadro per l'impiego pubblico, il contratto sul commercio e la modifica del modello contrattuale. Intanto c’è un Pil che scende dello 0,4% nel 2008 e dell’1% nel 2009; interi settori colpiti dalla cassa integrazione e un calo nel settore auto del 20%; imprese che in un momento di grande crisi economica adottano la politica del licenziamento piuttosto che diminuire gli utili e i profitti.

Sulla pagina web della Cgil, alla voce “informazioni generali” si legge: “La Cgil (Confederazione Generale del Lavoro) è la più antica organizzazione sindacale italiana ed è anche la maggiormente rappresentativa, con i suoi oltre cinque milioni e mezzo d'iscritti, tra lavoratori, pensionati e giovani che entrano nel mondo del lavoro… la nostra storia è profondamente intrecciata alla storia del Paese. Stipuliamo, attraverso le organizzazioni di categoria, i contratti di lavoro e svolgiamo un'azione di tutela, finalizzata a difendere, affermare, conquistare diritti individuali e collettivi, che vanno dai sistemi di welfare (pensioni, sanità) ai diritti sul posto di lavoro (Statuto dei lavoratori)”. Questa è la Cgil di Guglielmo Epifani, niente di più, niente di meno. Non è un’organizzazione trozkista, né un gruppo massimalista o formazione estremista che mina le basi della democrazia. Semmai, a volte, prova a salvarla.

E’ solo un sindacato che svolge il suo lavoro e che ricorda, a chi siede in Parlamento, a qualsiasi partito o corrente appartenga, che oggi in Italia ci sono decine di migliaia di operai in cassa integrazione, che altrettanti precari sono destinati alla disoccupazione cronica, che centomila ragazzi chiedono una riforma vera e seria della scuola e dell'università che gli permetta di sperare nel futuro, che più di sette milioni di italiani vive sotto la soglia di povertà, che la salvaguardia del diritto al lavoro è un fatto che riguarda l' interesse generale del paese e che a crisi eccezionali si risponde in modo eccezionale. Come scrive Eugenio Scalari su La Repubblica: “Siamo ad una svolta di alto rischio dove la partita richiede lucidità e coraggio. Soprattutto coraggio. Bisogna dimenticare le proprie botteghe se si vuole l'assalto al futuro impedendo che ci venga confiscato”.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy