di mazzetta

A seguito dell'anticipazione di un articolo de L'Espresso su Renato Brunetta, si è appreso che nel corso dei suoi mandati elettivi il ministro anti-fannulloni, in Italia come a Bruxelles, ha sempre frequentato il minimo necessario ad assicurarsi diarie e stipendi, con singolare costanza e precisione, quasi con scientificità. La prima parte dell'articolo-inchiesta è davvero chiara in questo senso. Poi L'Espresso ripercorre la carriera accademica, - anche questa caratterizzata dallo scarso impegno e da promozioni assai acrobatiche - e, infine, ripercorre l'arricchimento economico di Brunetta. In questo caso ventilando l'ipotesi di favoritismi dietro ad alcune operazioni immobiliari particolarmente redditizie. Brunetta ha risposto con veemenza, suggerendo poi con grande eleganza a L'Espresso di fare inchieste su De Benedetti, che è azionista di riferimento del giornale. Sorvolando sulla carriera e sulle fortune economiche, come sulle risposte picccate di Brunetta a queste contestazioni, si perviene comunque alla clamorosa confessione dell'assenteista-record, che merita così di assurgere a notizia. Scrive il sedicente piccolo genio: "Faccio osservare che i dati sulle presenze sono tratti dal mio sito, cioè resi pubblici da me. Attendo un’inchiesta su quanti si sottopongono alla medesima disciplina della trasparenza. Sul mio sito (www.renatobrunetta.it) è già presente abbondante documentazione."

Poco sopra aveva sostenuto che nessuno lo può giudicare per la scarsa mole di lavoro offerta al bene pubblico in cambio di stipendi di giada, perché solo "gli elettori, unici a dover valutare il lavoro degli eletti" possono sindacare il suo operato; ma, visto che lo hanno rieletto, vuol dire che va bene così. In questo caso il riferimento sembra limitato ai suoi elettori. Che comportamenti del genere siano per principio ingiustificabili non gli sovviene, così come sembra non dare alcuna importanza al fatto che, dopo aver cinto lo spadone di nemico degli assenteisti, si scopra che è stato per tutta la sua carriera un'assenteista sistematico. Casualmente si tratta proprio di quel Renato Brunetta lì, ma Brunetta sorvola il dettaglio. Un esempio negativo per quasi tutti, ma anche un recordman al quale guarderanno con invidia fior di fannulloni.

Brunetta-Renato sembra non l'abbia ancora rilevato nessuno, da qui l'interesse per le vicende di questo gran castigatore di costumi. Qui Brunetta sembra essersi cotto il cervello e pensare che in qualche maniera sia sufficiente il fatto di aver resi pubblici i dati che certificano le sue qualità di pervicace assenteista, per considerare esaurita la faccenda.

Leggendo da L'Espresso: “In dieci anni è andato in seduta plenaria poco più di una volta su due. Per la precisione la frequenza tocca il 57,9 per cento. [...] Nella legislatura 1999-2004 ha varcato i cancelli solo 166 volte, pari al 53,7 per cento delle sedute totali. "Quasi nessun parlamentare va sotto il 50, perché in tal caso l'indennità per le spese generali viene dimezzata", spiegano i funzionari di Strasburgo. [...] Il trend di Brunetta migliora nella seconda legislatura, quando prima di lasciare l'incarico per fare il ministro firma l'elenco (parole sue) 148 volte su 221. Molto meno comunque di altri colleghi di Forza Italia. [...] e da vicepresidente della commissione Industria, tra il 1999 e il 2001, ha partecipato alle riunioni solo la metà delle volte, mentre nel biennio 2002-2003, da membro titolare della delicata commissione per i Problemi economici e monetari, si è fatto vedere una volta su tre. Strasburgo è lontana dall'amata Venezia, ma non si tratta di un problema di distanza. A Ca' Loredan, nel municipio dove è stato consigliere comunale e capo dell'opposizione dal 2000 al 2005, il nemico dei fannulloni detiene il record. Su 208 sedute si è fatto vedere solo in 87 occasioni: quattro presenze su dieci, il peggiore fra tutti i 47 consiglieri veneziani.

Numeri inequivocabili, l'autencità dei quali è rivendicata dallo stesso Brunetta mentre cerca di dire che è stato bravo a metterli sul suo sito, come non fossero dati pubblici a portata di qualsiasi giornalista professionista, come se l'assenza di pudore che diventa sfacciataggine sprezzante non costituisca un'aggravante di un comportamente già censurabile. Non solo non c'è traccia d’imbarazzo, ma ci viene offerto un vero e proprio esercizio di arroganza da parte di questo ministro trasparentemente assenteista. Adesso dice che i fannulloni sono tutti di sinistra, ma la sua stessa esistenza dimostra che si sbaglia. Se dovesse essere d'esempio con la sua dedizione al lavoro, semplicemente il paese risulterebbe in ferie circa sei mesi all'anno.

Numeri che dicono che Renato Brunetta ha alle spalle una lunga storia di assenteismo e di utilizzo delle tattiche tipiche degli assenteisti in mala fede, ma la cosa non sembra aver turbato alcuno. La politica italiana è satura di gente che moraleggia da pulpiti inguardabili, ma è giusto che le vittime della demagogia di Brunetta sappiano che, a decidere delle loro vite, è un ipocrita che detiene alcuni importanti record d'assenteismo, dei quali peraltro non si vergogna minimamente. Lo specchio fedele del governo di cui fa parte.

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