di Bianca Cerri

Il 28 febbraio, Silvio Berlusconi sarà al Congresso americano dove pronuncerà un discorso, poi farà tappa a New York per ritirare una medaglia conferitagli dall'Intrepid Association per il suo impegno a difesa dei valori della libertà e della pace. L'ultimo impegno ufficiale prima del viaggio, la serata di chiusura dei giochi di Torino 2006, svoltasi tra cerimonie e coreografie varie, ha registrato un'imbarazzante contestazione a base di fischi sonori nei suoi confronti, che non avrà però alcun effetto sul viaggio negli Stati Uniti. Berlusconi ha studiato accuratamente questa mossa nella speranza di assicurarsi un pò della tanto agognata allure politica che non è riuscito a procurarsi con gli spot televisivi, ma neppure con cinque anni alla guida del governo.
Non si conoscono ancora gli argomenti del suo discorso ma se escludiamo, per ovvi motivi, i soliti anatemi contro il comunismo e le storielle, l'unica opzione che resta è l'orgoglio italiano di poter essere accanto all'alleato americano nell'estendere le frontiere di pace e libertà. A scanso di ogni equivoco, Berlusconi ha già preso le distanze da Putin e, in un'intervista a Newsweek, ha dichiarato che l'apertura del presidente russo ad Hamas non sarebbe che un tentativo per uscire dall'impasse in Medio Oriente. Per quanto lo riguarda, invece, si sente completamente a posto con la propria coscienza avendo vinto in tutti i tribunali nonostante l'imponente persecuzione degli avversari e oggi guarda al futuro con ottimismo. Abituato a considerare anche la guerra un'opportunità di mercato, non si è lasciato neppure sfiorare dalle accuse fatte da un ex-prigioniero iracheno ai soldati italiani, presunti collaboratori dei più esperti marines in nella bieca storia di torture che ha avuto per sfondo il carcere di Abu Ghraib.

Nelle intenzioni di Berlusconi, l'incontro con Bush, preparato con ammirevole tempismo dev'essere un trionfo e non permetterà a nessuno di guastargli la festa. Tuttavia, il rischio che l'avventura americana si trasformi invece in una giornata particolarmente difficile esiste, perchè proprio nell'ora in cui sarà alla Casa Bianca, inizierà a muoversi un corteo organizzato dalla Gulf Coast Renewal Campaign per chiedere l'approvazione della legge H.R. 4197, una legge speciale che avrebbe dovuto essere approvata già da tempo e che prevede lo stanziamento di 52 milioni di dollari per la costruzione di nuovi alloggi destinati agli sfollati di New Orleans. Il 13 febbraio scorso è scaduto infatti il contratto stipulato tra un gruppo di albergatori e la Protezione Civile e tutti coloro che erano stati accolti negli alberghi rischiano ora di finire definitivamente nella strada perchè il contratto non è stato rinnovato.

Per chiedere che vengano rispettati i diritti della gente di New Orleans, arriveranno a Washington circa 300.000 persone esasperate dalle lungaggini burocratiche e dall'indifferenza dell'amministrazione nei loro confronti. Hanno intenzione di ottenere da Bush risposte precise e non le solite promesse televisive, perchè la situazione sta diventando sempre più drammatica . Da qualche giorno, le poche roulottes messe a disposizione degli sfollati hanno iniziato a sprofondare sempre di più nel terreno reso molle e fangoso dalle piogge invernali ed altri homeless si aggiungeranno a coloro che dovranno abbandonare gli alberghi. Il corteo, organizzato per mettere fine ad una situazione assurda, sarà preceduto da una conferenza stampa durante la quale gli attivisti del Gulf Renewal denunceranno non solo l'abbandono della città di New Orleans, certamente non nuova alle ai disastri atmosferici, ma anche la presenza di una vera e propria industria delle catastrofi. La cosa che maggiormente indigna la gente del Baoyou è proprio il chilometrico elenco di speculatori calati sulla zona per arricchirsi con raccolte di fondi, poi dirottati verso altri lidi.
A partire dal giorno successivo al passaggio di Katrina alla data odierna, la Croce Rossa ha raccolto 800 milioni di dollari ma gli sfollati non hanno avuto neppure una saponetta. Gli ospedali hanno perduto il 22% dei posti letto, ma nessuno a provveduto a rimpiazzarli. In compenso, la città può vantare il corpo di polizia più numeroso della sua storia, spesso impegnato a multare gli indigenti che cercano tra i rifiuti qualcosa da recuperare e rivendere.
Un compito elementare perchè a New Orleans i poveri non mancano di sicuro e non tentano neppure di nascondersi quando pescano nei cassonetti dell'immondizia per sopravvivere. lo fanno alla luce del sole, come accade anche in altre città.

Nel Milwaukee, dove Bush si è recato qualche giorno fa per l'ultima visita ufficiale prima dell'incontro con Berlusconi, non sono rare le famiglie che sopravvivono rivendendo i bidoni di latta lasciati fuori dai negozi di alimentari per un quarto di dollaro al chilo; ma sempre con la paura di essere sorpresi perchè nello stato del Milwaukee impadronirsi dei bidoni vuoti è un reato e si rischiano multe fino a 300 dollari. Meno male che la fortuna aiuta ogni tanto anche chi è al limite della sopravvivenza e, nel caso di Milwaukee, si è presentata nelle vesti di un signore che, pur essendo laureato in legge, proprio non riesce a capire perché rubare un bidone di latta che non serve più a nessuno debba essere considerato un reato. Si chiama Jim Graemlin ed è giudice presso il tribunale di Milwaukee; non va pazzo per i poliziotti e quando si presentano con un povero che non ha soldi per la multa, si limita a strapparla chiudendo il caso prima ancora di celebrare il processo assolvendo l'imputato d'ufficio. Graemlin ha quindi molto da fare, perchè nella sua giurisdizione almeno un abitante su quattro risulta essere indigente.

C'è chi ha suggerito di scrivere la parola povero sulle carte d'identità degli americani nullatenenti, ma non per emarginarli, semplicemente per evitare che la polizia infierisca su di loro se sorpresi a rovistare nei cassonetti o a rubare i bidoni vuoti dai negozi. Nel frattempo Bush, anche se i dati lo smentiscono, continua ad apparire quasi ogni giorno in televisione per dire al popolo che l'economia è in crescita, la sua amministrazione vincente, il nemico sconfitto, la guerra una necessità. Chissà perché, viene improvvisamente il dubbio che i discorsi dei politici, a Washington e a Roma, siano scritti dalla stessa mano. Sotto identica dettatura.

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