La strage di Odessa del 2 maggio 2014, otto anni fa, rappresentò una delle avvisaglie del conflitto che si andava preparando sulle terre ucraine. I fatti sono noti: una manifestazione dei cosiddetti  federalisti  filorussi fu attaccata da bande neonaziste. Queste ultime cercarono con ogni evidenza la strage, ottenuta dando fuoco al palazzo dei sindacati dove si erano rifugiati i manifestanti “filorussi”.

Le vittime si contarono solo fra questi ultimi e furono almeno 42, alcune delle quali uccise a sangue freddo, con colpi di pistola a bruciapelo, strangolate col filo del telefono e stuprate prima di essere uccise. L’evento fu ovviamente ignorato dai media occidentali, al pari degli altri episodi della crudele guerra civile che si scatenò in Ucraina dopo i fatti del Maidan.

 

Sappiamo oggi che questi ultimi, come pure gli episodi che li seguirono, compresa quell’orrida strage, furono pianificati e organizzati dai servizi segreti dei Paesi occidentali, che cercavano in tal modo di destabilizzare l’Ucraina e, indirettamente, la Russia.

Ne parlammo in pochi. Nel mio blog su Il Fatto quotidiano scrissi: “Una stampa ipocrita e complice, non solo in Italia, parla dell’orribile rogo di Odessa come se si fosse trattato di un episodio di autocombustione dovuto al caldo intenso o a qualche sbadato che aveva tirato la cicca accesa in un barile di benzina”.

Si assistette a un racconto di quella strage in maniera insopportabilmente ipocrita, in chiara violazione di ogni minimo principio di deontologia professionale giornalistica, che ha evidentemente alimentato quel cumulo di risentimento che ha spinto infine Putin a invadere l’Ucraina.

Senza volere giustificare tale invasione occorre però tornare su episodi di questo genere, se si vuole trovare una via d’uscita pacifica alla crisi pericolosissima in atto, dove i presunti leader dell’Europa acefala e teleguidata da Washington giocano al piccolo piromane, maneggiando con criminale avventatezza i loro zolfanelli in prossimità di migliaia di tonnellate di benzina e di migliaia di testate nucleari pronte al decollo.

I governanti occidentali appaiono più che mai incolonnati dietro Washington come pecore suicide in corsa verso l’abisso. Il fu Mario Draghi non è più il brillante esperto di finanza internazionale chiamato dalla Provvidenza a salvare il nostro Paese, ma si è trasformato in una sorta di grottesco caporale di giornata delle Forze armate statunitensi. Di fronte a una situazione che sta rapidamente sfuggendo di mano a chiunque, non riesce a far altro di meglio che ribadire la “lealtà” nei confronti degli Alleati, che a suo dire lo esime evidentemente da ogni obbligo di pensare e decidere in proprio, nonché ad evocare il fantasma della schiavitù cui sarebbe condannato il popolo ucraino se si perseguisse la strada del negoziato.

In poche parole ripete come un disco rotto la lezioncina che gli viene impartita dai suoi superiori NATO. E se a questo è ridotto Supermario, figuratevi che cosa possano dire o fare gli altri personaggi di mezza tacca che fanno parte del suo governo, a cominciare dai ministri degli Esteri e della Difesa. Era del resto prevedibile che, affidando a un banchiere, per giunta mai eletto da nessuno, la guida del governo, si sarebbe necessariamente dovuta appaltare la sovranità nazionale in tutti i suoi aspetti decisivi, compresa la possibile entrata in guerra e quindi scelte che, in epoca di armi nucleari, riguardano direttamente la vita e la morte di ciascuno di noi sessanta milioni circa di cittadini italiani, a Potenze straniere, come per l’appunto  USA e NATO.

La strage di Odessa ha rappresentato a ben vedere l’inizio della catastrofe in cui stiamo precipitando in modo sempre più rapido e ineluttabile. Proprio per questo si esercita, nei confronti di questo crimine, la damnatio memoriae che assume varie guise. Dalla cancellazione della relativa voce su Wikipedia a un incredibile articolo apparso oggi sul quotidiano ex comunista il manifesto da cui può desumersi che, secondo non meglio precisati esperti bipartisan dell’Ucraina attuale, la colpa della strage ricade in ultima analisi sui pompieri che non sono stati abbastanza tempestivi nel loro intervento. Anche se, bontà sua, l’anonimo giornalista del manifesto aggiunge che secondo alcuni testimoni alcune delle vittime sarebbero state giustiziate dai “militanti di estrema destra”.

Rimozione e damnatio memoriae, in questo come in altri casi, servono solo la causa dell’odio e dell’escalation incontenibile del conflitto. E’ del tutto ovvio che se non si parte dalla denuncia di questi crimini e dall’individuazione delle loro responsabilità ad ogni livello, non sarà possibile pervenire ad alcuna soluzione pacifica del grave conflitto in atto.

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