Nella confusione della quasi rissa da strada che nella serata di martedì in American avrebbe dovuto rappresentare il primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden, sono emerse alcune indicazioni abbastanza chiare sulle modalità con cui il presidente repubblicano intende affrontare l’appuntamento delle urne tra meno di cinque settimane. Tra insulti, continue interruzioni e menzogne deliberate, l’inquilino della Casa Bianca ha fatto un appello alla mobilitazione della galassia paramilitare di estrema destra, nel quadro di una strategia ben precisa volta a screditare il processo elettorale di fatto già in corso da giorni negli Stati Uniti.

 

L’intero degradante spettacolo trasmesso da un’università di Cleveland, nell’Ohio, ha messo davanti agli occhi di decine di milioni di americani il ritratto di un sistema politico in avanzatissimo stato di decomposizione e diretto pericolosamente verso il baratro sulla spinta di una crisi alimentata da fattori domestici e internazionali.

La stessa stampa ufficiale, di solito diligentemente impegnata a trattare i dibattiti presidenziali come un affare serio e utile alla democrazia, ha manifestato in queste ore estremo turbamento nei confronti della performance offerta dai due aspiranti alla presidenza. In un clima sociale esplosivo, tensioni, frustrazioni e malcontento sociale rischiano infatti di non poter più essere contenuti dall’illusione di una classe politica al servizio di un meccanismo “democratico” apparentemente funzionante.

Il momento più significativo della serata di Cleveland è arrivato quando il moderatore del dibattito, Chris Wallace di Fox News, ha offerto a Trump la possibilità di denunciare in modo ufficiale le formazioni di “suprematisti bianchi” e le “milizie” di estrema destra che sono spesso intervenute nelle città americane in questi mesi per contrastare e intimidire, talvolta con la violenza, i manifestanti scesi nelle strade per protestare contro la brutalità delle forze di polizia.

Il presidente ha iniziato attribuendo gli episodi di violenza alla “sinistra”, per poi dirsi disposto a fare qualsiasi dichiarazione. Sollecitato da Wallace e Biden, Trump ha chiesto quale gruppo o milizia avrebbe dovuto condannare. Quando il candidato democratico ha citato l’organizzazione suprematista “Proud Boys”, Trump ha evitato di denunciarla o di chiedere ai suoi membri di farsi da parte, ma ha rivolto loro un invito usando i verbi “stand back” e “stand by”, lasciando intendere che dovranno solo restare in attesa e tenersi pronti ad agire.

Che le parole del presidente rappresentino una minaccia esplicita è apparso evidente dalle parole pronunciate subito dopo. Trump è infatti tornato ad attaccare i dimostranti di sinistra e ha annunciato che “è necessario fare qualcosa” contro i cosiddetti “Antifa”. Quest’ultima definizione si riferisce a un movimento anti-fasciata e anti-razzista tutt’altro che strutturato, ma che viene ripetutamente usato da Trump e dai repubblicani per dimostrare come i rari episodi di violenza registrati durante le manifestazioni contro la polizia abbiano la regia di un’agguerrita organizzazione di sinistra impegnata a semirare il caos nelle città degli Stati Uniti.

Il messaggio di Trump è stato in ogni caso recepito immediatamente dai destinatari. La Reuters ha scritto mercoledì che, dopo il dibattito, un organizzatore del gruppo “Proud Boys” ha salutato su internet le parole del presidente e assicurato quest’ultimo che, come richiesto, i suoi membri saranno “pronti ad agire contro Antifa”.

Le dichiarazioni di Trump sono dunque un’indubbia incitazione alla violenza neo-fascista e, più precisamente, un appello alle milizie di estrema destra ad adoperarsi per appoggiare il possibile colpo di mano probabilmente in fase di studio nel caso le elezioni non dovessero risolversi a suo favore. Gli altri due componenti di questa strategia sono la campagna di discredito del voto a distanza e la nomina alla Corte Suprema della giudice ultra-conservatrice Amy Coney Barrett in sostituzione della defunta “liberal” Ruth Bader Ginsburg.

Sempre durante il dibattito di martedì, Trump ha ribadito che il voto di quest’anno sarà caratterizzato da brogli “mai visti prima”. L’oggetto degli attacchi del presidente è il voto per posta, dilagato a causa delle restrizioni e dei rischi legati al Coronavirus. L’insistenza su questa tesi serve ancora una volta a creare un clima di sfiducia attorno alle elezioni, in modo da facilitare un rifiuto dei risultati se dovessero decretare un sostanziale equilibrio o la vittoria di Biden.

Il secondo fattore, collegato a quello appena esposto, è appunto l’installazione del nuovo membro della Corte Suprema entro il 3 novembre. Trump ha spiegato in un intervento nel corso del faccia a faccia di Cleveland che con buone probabilità l’esito delle elezioni sarà deciso da questo tribunale, come avvenne nel 2000, ed è perciò fondamentale che al suo interno venga consolidata una netta maggioranza conservatrice.

In definitiva, Trump ha confermato martedì la sua intenzione di non accettare il risultato del voto e, a seconda delle circostanze, le forze su cui potrà contare per cercare di restare alla Casa Bianca sono gli ambienti suprematisti e neo-fascisti, preferibilmente armati, e una Corte Suprema nettamente sbilanciata a destra.

Dopo quello di martedì, Trump e Biden dovrebbero essere protagonisti di altri due dibattiti nel mese di ottobre. Anche se non è facile dare un senso a eventi simili, è possibile ipotizzare che il presidente continuerà a cercare di mettere la discussione sul piano della rissa, senza dare alcuna importanza alla veridicità delle sue affermazioni, così da evitare la messa in atto da parte del suo rivale di una strategia coerente e razionale di attacco.

Biden e i leader del suo partito insisteranno comunque sul tentativo screditare Trump ricalcando in primo luogo la fallimentare campagna del “Russiagate”, affidandosi agli ambienti militari e al “deep state”, ma guardandosi bene dal mobilitare gli americani contro la deriva anti-democratica in atto. A ciò va aggiunto il fatto che Biden ha da tempo impresso una svolta “moderata” alla sua campagna, allontanando moltissimi elettori di inclinazione progressista che, pur non essendo per nulla entusiasti del candidato democratico, erano disposti a votare a suo favore pur di evitare un secondo mandato di Donald Trump.

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