di Mazzetta


La Nigeria è indubbiamente un paese complesso e ricco nel quale gli abitanti non se la passano molto bene. Il suo presidente Olusegun Obasanjo sta cercando di ottenere la possibilità di farsi rieleggere a dispetto della costituzione, ma incontra grandi difficoltà. Il suo maggiore avversario è quello che fino a ieri era il suo miglior alleato, il vice-presidente Atiku Abubakar che si è opposto alla modifica della legge in quanto aspira lui stesso alla carica presidenziale. I due sono filati d’amore e d’accordo per anni, almeno apparentemente, poiché il loro rapporto era fondato sul principio dell’una mano che lava l’altra, o chuachua in lingua nigeriana. Non per niente la Nigeria è da anni in testa alla classifica dei paesi più corrotti. Un do ut des grazie al quale i due giganti della politica nigeriana hanno spartito tra i propri sostenitori (le due grandi borghesie nigeriane, quella dei proprietari terrieri e quella degli uomini d’affari) le immense risorse del paese, lasciando ben poco agli altri.Ora che la resa dei conti si avvicina e che sale la tensione, Obasanjo non ha trovato di meglio che cercare di trascinare Abubakar in galera con il pretesto di una delle tante malversazioni, innescando un loop di azioni e reazioni che difficilmente andrà beneficio del paese.
Un paese che è il primo produttore di petrolio dell’Africa sub-sahariana, ma nel quale è sparita la benzina, tanto che in parecchie zone è scoppiata una crisi alimentare a causa dell’arresto dei trasporti per mancanza di carburante.
In un quadro tanto fosco ed incerto, non c’è da coltivare troppo ottimismo per la sorte dei tre italiani e del libanese rapiti dai guerriglieri del MEND. Lo sanno tutti, lo sa anche l’ENI che ha cercato la via dell’accordo diretto con i rapitori offrendo sempre più denaro per la loro liberazione. Il tentativo è però fallito, anche a causa di interferenze para-governative e all’ENI non è restato che negare l’operazione e ricevere da parte del MEND l’avvertimento che qualsiasi tentativo di liberare con la forza gli ostaggi avrebbe condotto alla loro esecuzione. Non sarebbe la prima volta che nella zona una compagnia risolve una situazione critica ricorrendo all’impiego di mercenari o militari governativi retribuiti privatamente; quelli del MEND lo sanno benissimo ed evidentemente hanno voluto prevenire la formazione di strane idee nella mente dei datori di lavoro dei rapiti, come in quelle degli stessi governativi.

La zona del delta del Niger, ove i quattro sono stati rapiti, è ricca di idrocarburi, ma è anche pesantemente inquinata da decenni di estrazioni praticate senza il minimo rispetto per l’ambiente. Un inquinamento che ha portato miseria e malattie alle popolazioni che vivevano della ricchezza di quei corsi d’acqua e nessun vantaggio monetario, poiché i flussi di denaro hanno viaggiato unicamente dalle casse delle compagnie a quelle di Lagos, controllate a vista dal dinamico duo presidenziale. Anche il maxi-risarcimento pagato dalla Shell per l’inquinamento provocato nella zona ( in realtà molto modesto in proporzione alla devastazione ambientale prodotta) si è perso nei tra i due poli della chuachua.

Allargando la visione si realizza che la situazione è simile a quella di tutti i paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea, con il picco di ingiustizia massima che si raggiunge in Guinea Equatoriale. Qui comanda Teodoro Obiang, al quale alcuni commentatori statunitensi riconoscono il merito di aver cacciato il feroce dittatore che ha sostituito, dimenticando che di quel feroce dittatore Teodoro era il nipote e anche il capo della polizia, quella che traduceva in ferocia i suoi ordini. Non per niente la Guinea Equatoriale è considerata una feroce dittatura da tutto il mondo. L’unica eccezione è rappresentata proprio dagli Stati Uniti, che invece sono molto vicini al suo presidente. Un singolare strabismo, ma forse dipende dal fatto che la EXXON paga, al presidente Obiang, le royalties più basse d’Africa per il petrolio che estrae.

Difficile dire se sia nato prima l’uovo dello sfruttamento delle grandi corporation o se questo sia nato dalla gallina rappresentata dalla presenza al potere di politici corrotti, spesso criminali, che le stesse contribuiscono a mantenere al potere. Di sicuro se gli Stati Uniti volessero, “portare la democrazia” in Guinea Equatoriale non sarebbe difficile, visto che la sua popolazione è appena di mezzo milione di abitanti, tutti abbastanza ostili ad Obiang, che ai suoi amministrati non fa neanche sentire l’odore dei dollari che suo figlio spende in auto di lusso e divertimenti a Parigi; ma perché cambiare cavallo quando quello che c’è rende un servizio tanto prezioso?

La questione in Nigeria è decisamente più complessa, il paese è enorme, molto popolato e con problemi molto più gravi. Obasanjo non ha il controllo assoluto di Obiang e non può rispondere alle critiche internazionali per la presenza di immense baraccopoli facendole semplicemente spianare dai bulldozer come ha fatto il collega guineano e poi la Nigeria è una democrazia, non una dittatura ereditaria come quella Guineana. Non esistono quindi scorciatoie all’orizzonte, lo sanno bene quelli del MEND che da anni combattono senza grandi risultati. La capitale Abuja è lontana e l’unico modo efficace che hanno trovato per far risuonare le loro rivendicazioni è quello di rapire i dipendenti stranieri delle aziende petrolifere.

Molta più preoccupazione destano ad Abuja i loro continui attacchi ad oleodotti ed istallazioni petrolifere, che hanno provocato un calo di quasi un terzo nella produzione; calo che unito i prezzi internazionali del greggio in discesa e alla carenza di benzina per i trasporti, sta di fatto portando alla progressiva paralisi dell’economia nigeriana. Un evento che, in tempo di furiose battaglie per il potere presidenziale, relega molto in basso nell’elenco delle priorità la sorte dei tecnici italiani e del libanese rapiti dal MEND, rischiando davvero di trasformare la loro prigionia in una storia molto, troppo lunga.


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