di mazzetta

Le contestazioni degli studenti al presidente Ahmadinejad rappresentano certamente un fatto inedito nelle vicende della repubblica teocratica, che presenta quindi una situazione a due facce. Nel giro di una settimana l’Iran ha conseguito numerosi successi sullo scacchiere diplomatico, mentre all’interno le acque sono sempre più agitate a causa della crisi economica. Diminuire drasticamente i poteri di Ahmadinejad e consegnarne parecchi ad un consiglio presieduto che Rasfanjani, non ha portato un apprezzabile miglioramento dell’economia. Il presidente continua a fare quello che sa, organizza l’ormai rituale convegno sull’olocausto (al quale partecipano, pare, anche neofascisti italiani) e cerca di aumentare la pressione sulla società maneggiando maldestramente un nazionalismo che pur esiste, ma che non si lascia trascinare oltre certi limiti dalla retorica dell’ex sindaco di Teheran, decisamente più apprezzato nelle campagne e nelle regioni meno sviluppate. Sul piano internazionale il barometro segna il sereno, a Bush hanno consigliato di chiedere all’Iran di dare una mano in Iraq e, anche l’infelice ostilità della Royal al programma nucleare, è stata più che bilanciata dalla dichiarazione dell’ambasciatore indiano, che ha difeso il diritto per l’Iran a dotarsi di impianti nucleari. Affermazione resa ancora più pesante dal fatto che sia stato proprio Bush a promuovere allo status di “potenza nucleare” (il che significa che può fare quel che vuole). Un governo, quello dell’India, che ci tiene a dimostrare che l’accordo non prelude ad alcuna concessione in politica estera. Il pauperismo misticheggiante di Ahmadinejad comunque non scuce un baffo alla robusta borghesia persiana e neanche alla classe media più in generale, figurarsi ai circoli del potere, che infatti lo hanno bersagliato fino a che Khamenei non ha deciso che il vincitore delle elezioni è davvero inadatto. Molto di più sono sentiti i morsi della crisi economica, amplificati da un lungo immobilismo governativo. Anche i ripetuti interventi “moralizzatori” non hanno grandi effetti; lo stesso Ahmadinejad è stato accusato di maleducazione perchè ha assistito all’estero ad una sfilata di atleti tra i quali erano mescolate femmine con la testa scoperta e magari pure il polpaccio all’aria. La popolazione iraniana, in particolare quella urbana, è notoriamente refrattaria verso i dettami dei custodi della morale e le grandi campagne moralizzatrici si sono spesso risolte in bolle di sapone semplicemente perché masse consistenti di persone le hanno ignorate.

Pur con infrastrutture per la comunicazione molto deficitarie, vive una situazione complessiva dei media abbastanza favorevole, tanto che nella sola Teheran si contano oltre 2000 internet cafè, l’Iran il paese mediorientale con la migliore penetrazione di Internet dopo Israele; diffusissimi sono anche le antenne televisive satellitari che, a dispetto delle ricorrenti campagne dei moralizzatori contro questo altro “strumento del demonio”, sono ormai una presenza comune nelle case iraniane. A questo si aggiunge una stampa abbastanza pluralista che, rappresentando istanze e gruppi sociali diversissimi, riesce a dar vita a vere e proprie battaglie mediatiche entro i confini posti dalla moralità islamica e dalle lotte di potere. Ad alimentare questa situazione c’è sicuramente il fatto che i due terzi degli iraniani ha meno di 30 anni e che, almeno la parte urbanizzata di questa imponente massa di giovani, è cresciuta con le tv satellitari, ascoltando più spesso Videomusic che gli edificanti discorsi degli Ayatollah. Non per niente si dice che gli iraniani siano la popolazione più filo-occidentale entro i confini di quel concetto astratto che è il Medioriente.

L’ultimo tentativo del regime clericale sfiora il ridicolo, perché è evidente che negli iraniani c’è una naturale noncuranza per certi generi di proibizioni, ma anche per la natura stessa del mezzo. Qualcuno ha infatti avuto la bella idea di censurare alcuni dei grandi siti internet, i giganti della rete, da Wikipedia a Youtube. E’ successo che il filmato di una diva delle soap opera iraniane intenta a fare sesso è finito in rete; il prevedibile botto di audience (e di download) e l’inevitabile clamore che ne è succeduto, hanno evidentemente portato qualche vecchio maestro della morale a pensare che epidemie di guardonismo del genere non fossero cosa da veri fedeli di Dio. Ciò ha provocato una approssimativa ricerca sui covi della perdizione e i grandi siti sono finiti in cima alla lista dei cattivi, potenza dei grandi numeri.

A proposito di simili dinamiche, mentre facciamo il tifo per gli internauti iraniani, prepariamoci, per parte nostra e non meno surrealmente, ad essere travolti dalla prevedibile isteria che travolgerà la comunicazione italiana non appena il prete di turno realizzerà quale sia la misteriosa “funzione vibrante” di quell’anello un po’ particolare che viene pubblicizzato anche nel bel mezzo del sacro rito del calcio domenicale. Se qualcuno è interessato all’articolo, se lo procuri prima che lo scandalo moltiplichi le vendite ed esaurisca le scorte.

C’è da dire che evidentemente la possibilità di accedere a valanghe di materiale peccaminoso ed empio non turba il clero persiano meno anziano, che al contrario conosce benissimo le utilità della rete e le impiega senza problemi; fino a ieri infatti alcun clerico si era lamentato. L’evidenza dello scandalo e la notorietà della diva hanno allarmato persone decisamente all’esterno della rete. Effetto nefasto del digital divide si potrebbe dire, ma in fondo certi siti farebbero probabilmente la stessa fine anche sotto una mano cristianamente o ebraicamente osservante. Nel repulisti c’è rimasto anche il sito del New York Times, ma in questo caso la questione coinvolge ovviamente un altro livello di valutazione; altri siti di giornali statunitensi non sono stati bloccati.

L’oscuramento dei siti è comunque facilmente aggirabile dagli utenti e non potrà durare a lungo, in Iran come in Cina il traffico è dominato dai trasferimenti di musica e video (con molto porno) e i locali hanno dimostrato di spersi organizzare fino a sottotitolare i file importati dalle altre lingue a migliaia su base volontaria e anche commerciale. Come in Cina, anche in Iran questo tipo di provvedimenti lascia un po’ il tempo che trova; la rete, per sua natura, è tutta in salita per i censori.

L’Iran, senza la minaccia americana diventa ovviamente più instabile, posto che s’indebolisce la necessità dell’unità nazionale contro lo straniero, ma non sembra che il ruolo di “sparring partner” estero possa essere giocato dalla volenterosa Segolene, non fosse altro per il fatto che questa sua posizione “politica” piace a Olmert, ma non piace per nulla ad AREVA e ad altri protagonisti dell’economia francese, tanto che non è difficile prevedere che la signora, qualora eletta, preciserà diversamente la sua posizione. Forse è alle porte un periodo nel quale la politica iraniana tornerà ad essere libera di evolvere senza la pressione dall’esterno; sarebbe il miglior aiuto che le cancellerie potrebbero dare per favorire una evoluzione dell’assetto politico iraniano in senso maggiormente laico e pragmatico.





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