di Michele Paris

Ormai da parecchi anni, la scelta del candidato alla vice-presidenza negli Stati Uniti è sempre meno legata al bisogno di facilitare la conquista di un determinato stato nelle elezioni di novembre o di intercettare il consenso di un determinato gruppo sociale e razziale. Il senso delle decisioni degli aspiranti alla Casa Bianca di entrambi i principali partiti americani, come conferma la scelta del senatore della Virginia, Tim Kaine, da parte di Hillary Clinton, ha a che fare piuttosto con la necessità di consolidare le loro ambizioni alla guida del paese di fronte a determinate sezioni dei rispettivi partiti o, nel caso della ex first lady, all’apparato della sicurezza nazionale e al mondo degli affari.

Già governatore del suo stato e sostenitore della prima ora della campagna di Hillary, Kaine fa parte a tutti gli effetti della destra del Partito Democratico. La sua scelta rappresenta perciò uno schiaffo all’ex rivale Bernie Sanders e, soprattutto, ai sostenitori di quest’ultimo, illusi di ricevere una qualche concessione in senso progressista, ancorché soltanto esteriore, in cambio dell’appoggio ufficiale del senatore del Vermont alla sua rivale nelle primarie.

Scorrendo il curriculum politico di Tim Kaine, si deve faticare per intravedere un voto al Congresso, un’iniziativa o una posizione che ricordi anche lontanamente qualcosa di “sinistra”. L’etichetta di “progressista” applicata al suo nuovo “running mate” da Hillary in un comizio sabato sera a Miami non ha perciò alcun riscontro nella realtà dei fatti.

Al di là delle considerazioni dei media ufficiali negli USA a proposito di una decisione basata sulle presunte garanzie di affidabilità o sulla capacità di raccogliere il voto degli elettori bianchi e di quelli indipendenti, il ruolo di Kaine è principalmente quello di mandare un ulteriore messaggio ai poteri forti americani circa l’orientamento di un’eventuale presidenza Clinton.

Non che la disposizione dell’ex segretario di Stato sia mai stata in discussione. Tuttavia, le pressioni di Sanders e la necessità di assicurarsi il voto dei milioni di elettori Democratici che nelle primarie lo avevano preferito a Hillary poteva lasciare teoricamente aperta la possibilità di un’agenda non del tutto appiattita a destra.

Un segnale alla sinistra del partito in questo senso avrebbe potuto arrivare dalla scelta di un candidato “liberal”, come la senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren. Invece, Hillary ha optato per un solido “centrista” i cui precedenti non lasciano molti dubbi. La candidata Democratica alla Casa Bianca aveva addirittura considerato un vice-presidente ancora più gradito all’establishment militare e dell’intelligence, come l’ex comandante supremo della NATO in Europa, generale James Stavridis.

Il nome di quest’ultimo era circolato nei giorni scorsi ma la sua scelta sarebbe stata probabilmente interpretata come un aperto affronto a Sanders e alla maggior parte degli elettori Democratici. La situazione tra la leadership del partito pro-Clinton e la base è oltrettutto già sufficientemente tesa, in particolare dopo la pubblicazione settimana scorsa di circa 20 mila e-mail del Comitato Nazionale Democratico da parte di WikiLeaks, in molte delle quali veniva discusso di come indebolire Bernie Sanders durante le primarie e favorire Hillary.

Le inclinazioni di Tim Kaine sono in ogni caso inequivocabili e rivelano gli indirizzi di una possibile amministrazione Clinton. Molto vicino e ben visto da Wall Street, il senatore della Virginia ha presieduto da governatore in questo stato a tagli alla spesa pubblica per svariati miliardi di dollari tra il 2006 e il 2010.

Kaine è poi un fermo sostenitore della deregolamentazione dell’industria finanziaria. Solo qualche giorno prima di essere nominato ufficialmente candidato alla vice-presidenza, Kaine, assieme ad altri senatori, aveva indirizzato due lettere - una alla numero uno della Fed americana, Janet Yellen, e l’altra all’agenzia federale deputata alla protezione dei clienti del settore finanziario - per chiedere un’implementazione meno stringente delle regolamentazioni previste per le banche medio-piccole.

Nemmeno in materia di politica estera vi sono particolari differenze tra Kaine e Hillary. Anche il primo chiede da tempo un impegno militare ancora maggiore degli Stati Uniti in Medio Oriente, mentre appoggia in pieno le provocazioni nei confronti di Russia e Cina, rispettivamente in Europa orientale e in Estremo Oriente. Come Hillary, Kaine aveva appoggiato la cosiddetta Partnership Trans Pacifica (TPP), il controverso trattato di libero scambio che intende promuovere il capitale USA tra una decina di paesi asiatici e del continente americano, prima di dichiarasi contrario vista l’avversione ad esso degli elettori Democratici.

Anche sui temi sociali Kaine può essere considerato oggettivamente conservatore, se non reazionario. Di fede cattolica, l’ex governatore della Virginia è contrario all’aborto, anche se assicura di voler difenderne il diritto previsto dalla legge. Al contrario, della pena capitale si dice oppositore ma, essendo essa prevista nel suo stato, da governatore ha ratificato numerose condanne a morte.

Molti sostenitori “liberal” di Hillary Clinton temono che la scelta di Kaine possa alienare ancor più gli elettori Democratici che si erano mobilitati nelle primarie per Bernie Sanders. Inoltre, i malumori di questi ultimi potrebbero essere sfruttati dal candidato Repubblicano alla presidenza.

Donald Trump ha infatti già attaccato la coppia di rivali, ricordando anche i guai legali di Kaine, in passato finito sotto accusa  per avere accettato “regali” del valore di 160 mila dollari da aziende e ricchi uomini d’affari con interessi in Virginia, stato dove era stato non solo governatore ma in precedenza anche vice-governatore.

A Kaine era stato in realtà riconosciuto di non avere violato alcuna legge, ma questi precedenti potrebbero comunque fornire ai Repubblicani l’occasione per attaccare il “ticket” presidenziale Democratico, già gravato dalla percezione degli elettori, del tutto corretta, della scarsa integrità morale di Hillary Clinton.

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