di Michele Paris

I fatti accaduti nella notte dell’ultimo giorno dell’anno a Colonia stanno continuando ad alimentare in Germania un acceso dibattito politico che ha visto intervenire in maniera decisa una serie di forze interne alla classe dirigente tedesca, ben intenzionate a sfruttare gli eventi per una precisa agenda politica reazionaria.

Il dato principale relativo alla vicenda svoltasi poco prima della mezzanotte del 31 dicembre nella piazza tra la Stazione Centrale e la Cattedrale della città della Renania Settentrionale-Vestfalia sembra essere a tutt’oggi la scarsa chiarezza in merito a quanto è avvenuto. Ancora da spiegare, al di là di un tentativo di nascondere le responsabilità di coloro che avrebbero dovuto garantire l’ordine, è ad esempio la dichiarazione emessa dalla Polizia della città il primo giorno dell’anno, nella quale si sosteneva che i festeggiamenti erano stati condotti in un’atmosfera “generalmente pacifica”.

Solo in seguito hanno iniziato a emergere testimonianze di episodi di molestie sessuali di massa ai danni delle donne che si trovavano nella stazione e nella piazza. Com’è ormai ben noto, i responsabili sarebbero stati identificati come individui di origine araba, tra i quali figurava un numero più o meno significativo di possibili rifugiati giunti in Germania con le più recenti ondate migratorie.

La stessa Polizia di Colonia, dopo avere smentito la propria dichiarazione iniziale, ha parlato di aggressori dall’apparenza “araba o nord-africana”, anche se il 5 gennaio il sindaco di Colonia, la Cristiano-Democratica Henriette Reker, aveva assicurato che non vi erano prove del fatto che i responsabili erano rifugiati residenti in città.

Malgrado le presunte violenze e gli abusi non debbano essere sottovalutati o minimizzati e nonostante l’eventuale responsabilità di immigrati o cittadini tedeschi di origine araba o di fede islamica possa indicare un gesto non casuale, diretto contro i governi occidentali responsabili della loro stessa sorte, il quadro che ne è emerso agli occhi di decine di milioni di tedeschi ed europei è abbastanza chiaro. Ovvero, ciò che è successo a Colonia e minaccia la Germania sarebbe da collegare a un’orda di musulmani, spesso dipinti con tratti tra il barbaro e il disumano, che intende distruggere la democrazia e la civilità occidentali.

Soffocati da ipotesi di questo genere o poco meno estreme, i media tedeschi ed europei che hanno esplorato possibili alternative sono stati pochissimi. Der Spiegel, tra di essi, pur assecondando a tratti la campagna anti-immigrati in corso, ha provato a ricordare che, almeno inizialmente, la Polizia aveva considerato di indagare negli ambienti della piccola criminalità di Colonia. Secondo il magazine tedesco, le zone della città adicenti la Stazione Centrale sono interessate da tempo da furti commessi da individui, non di rado di origine nordafricana, che cercano di distrarre le loro vittime ostentando atteggiamenti festosi o fingendo molestie.

Qualcun’altro, inolte, ha fatto notare come siano tutt’altro che infrequenti le degenerazioni in episodi di piccola criminalità durante eventi di massa, soprattutto quando vi è un’abbondante circolazione di alcolici. Basti pensare, per rimanere in Germania, alle denunce che seguono solitamente la Oktoberfest di Monaco di Baviera, dove lo scorso anno quelle per molestie sessuali sono state una ventina.

In ogni caso, le segnalazioni giunte alla Polizia in relazione ai fatti della notte di Capodanno sono salite a più di 500, di cui meno della metà per presunte molestie sessuali. Le autorità avrebbero individuato più di trenta sospetti, inclusi molti rifugiati, ma al momento non sono stati segnalati arresti. Come ha rilevato un commento apparso martedì sul sito web della CNN, infine, è singolare che esistano pochi o nessun video e immagini dei fatti o che, in presenza di un assalto di massa alle donne nella piazza, gli uomini tedeschi presenti non siano intervenuti contro gli assalitori stranieri.

L’incertezza sui contorni dell’accaduto non ha comunque impedito alla stampa e ai politici di orchestrare una campagna che, nelle parole di molti giornali, avrebbe fatto degli eventi di Colonia “un punto di svolta” nel modo in cui i tedeschi si confrontano con la questione dell’immigrazione e dei rifugiati.

La presunta “svolta”, poi, sarebbe favorita dalle iniziative di varie pubblicazioni in Germania che, in questi giorni, sono tornate a far ricorso in maniera inquietante a stereotipi razziali di marca nazista, descrivendo i migranti di origine araba come una sorta di predatori pronti a insidiare le donne “nordiche”.

Secondo gli stessi media, tuttavia, l’attitudine della grande maggioranza della popolazione tedesca nei confronti di migranti e rifugiati è stata, almeno finora, decisamente positiva : di conseguenza, risulta evidente che, a parte gli ambienti più disorientati dell’estrema destra, non vi è, in Germania come altrove, alcun sostegno diffuso per una campagna dai toni razzisti come quella in atto.

Piuttosto, come quasi sempre accade, i sentimenti intolleranti e xenofobi vengono alimentati per scopi precisi dalla classe dirigente e dai media, impegnati a ingigantire e a distorcere i contorni di determinati eventi, anche se di essi non se ne conoscono ancora tutti i dettagli precisi.

Come minimo, il dibattito esploso in questo inizio di 2016 dopo il caos di Colonia, ha l’obiettivo di indebolire il sentimento di solidarietà mostrato dalla maggior parte dei tedeschi verso i migranti, mettendo al centro della discussione domande fuorvianti come quelle che ha proposto recentemente il già ricordato Der Spiegel, cioè se la Germania “è realmente certa di poter gestire l’afflusso di rifugiati” e se “ha il coraggio e il desiderio di diventare il paese europeo con il maggior numero di immigrati”.

All’interno delle stesse formazioni politiche di governo, d’altra parte, in molti ritengono troppo accomodanti le politiche relative ai migranti della cancelliera Merkel. Di questa agitazione e della volontà di utilizzare l’immaginaria minaccia degli immigrati per raffozare l’apparato della sicurezza dello Stato se ne è avuto prova proprio nei giorni scorsi.

Sabato, infatti, l’Unione Cristiano Democratica (CDU) ha emesso la cosiddetta “Dichiarazione di Mainz”, nella quale sono state elencate alcune proposte di misure repressive nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo in Germania. Principalmente, la “Dichiarazione” del partito della Merkel chiede la privazione del diritto di asilo o l’espulsione per coloro che vengono condannati di un qualsiasi crimine. Attualmente, questi provvedimenti sono previsti soltanto in caso di condanne ad almeno due anni di carcere.

Martedì, il ministro della Giustizia, Heiko Maas, ha poi annunciato una prossima “riforma” delle norme sulle deportazioni degli immigrati, che potrebbero essere rese meno stringenti per chi si macchia di reati sessuali.

Maggiori poteri dovrebbero anche essere assegnati alle forze di Polizia, tra cui quello di condurre perquisizioni e controlli casuali sull’identità dei fermati a fini “preventivi”. Il numero degli stessi agenti operativi in Germania verrà poi aumentato considerevolmente nel prossimo futuro, così come saranno installate ulteriori videocamere attorno a stazioni ferroviarie e luoghi connessi al trasporto pubblico.

Sempre nella “Dichiarazione di Mainz” si prospettano altre misure che vanno nello stesso senso, come la privazione di quella tedesca per coloro che hanno doppia cittadinanza e fanno parte di milizie terroristiche all’estero, nonché la facilitazione dello scambio di informazioni sui cittadini tra le varie agenzie di intelligence del paese.

L’obiettivo finale della CDU e, presumibilmente, anche del governo è quello di “ridurre il numero di rifugiati”, come ha confermato la stessa Merkel nel fine settimana. Il Partito Social Democratico (SPD) si è detto favorevole in linea di principio ad alcune misure contro i rifugiati, mentre membri della stessa opposizione dei Verdi e de La Sinistra (Die Linke) hanno spesso rilasciato dichiarazioni che lasciano intendere il proprio sostegno quanto meno alle proposte relative all’allargamento delle competenze delle forze di sicurezza.

La retorica anti-immigrati finisce così inevitabilmente per favorire le frange dell’estrema destra, come ha mostrato in maniera chiara la manifestazione, avvenuta sabato scorso a Colonia, del movimento Pegida. La dimostrazione contro le politiche sull’immigrazione del governo è stata alla fine dispersa dalla Polizia dopo che i partecipanti avevano inneggiato ad Adolf Hitler e attaccato agenti e giornalisti con petardi e bottiglie.

Più in generale, la vera e propria mobilitazione contro gli immigrati e la minaccia del “terrorismo” islamista è collegata agli sforzi che da alcuni anni i vertici delle istituzioni tedesche, assieme a una parte di giornalisti e “intellettuali”, stanno mettendo in atto per superare le resistenze popolari allo svolgimento da parte della Germania di un ruolo più attivo nelle questioni internazionali.

Dopo l’astensione nel voto all’ONU del 2011 sulla Libia, Berlino ha cambiato rapidamente il proprio orientamento strategico, allineandosi in modo sostanziale all’alleato americano. La Germania ha così sostenuto il colpo di stato anti-russo in Ucraina, sia pure al prezzo di profonde divisioni interne in merito alle relazioni con Mosca, ha partecipato alle manovre NATO sempre in funzione anti-russa e ha inviato contingenti militari in Mali e in Siria.

Queste iniziative sono dettate dalle necessità del capitalismo tedesco di avere sempre maggiore accesso alle risorse energetiche e ai mercati internazionali in un clima di crescente competizione su scala globale. Il rivolgimento della propria attenzione oltre i confini nazionali da parte della classe dirigente della Germania, come conferma tristemente la storia del XX secolo, minaccia però di accompagnarsi ancora una volta all’incoraggiamento di biechi sentimenti razzisti e alla creazione di un regime di stampo sempre più autoritario.

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