di Michele Paris

Le prime settimane del nuovo governo conservatore in carica in Polonia stanno creando accesissime polemiche sulle tendenze autoritarie già mostrate dal partito al potere, protagonista in questi giorni anche di una crisi costituzionale che nello scorso fine settimana ha portato nelle piazze delle principali città del paese decine di migliaia di manifestanti.

Le proteste sono state organizzate da un’organizzazione indipendente e dai due principali partiti di opposizione. L’obiettivo delle manifestazioni è stato appunto il governo del Partito Diritto e Giustizia (PiS) della premier, Beata Szydlo, e il presidente e compagno di partito di quest’ultima, Andrzej Duda, al centro di uno scontro frontale con il Tribunale Costituzionale polacco.

Subito dopo essersi insediato lo scorso mese di novembre, il nuovo governo di destra si era mosso per annullare le precedenti nomine di tre giudici del Tribunale Costituzionale, procedendo invece con la scelta di candidati più graditi alla nuova maggioranza. La decisione aveva subito provocato uno scontro istituzionale, aggravatosi dopo che l’esecutivo venerdì scorso aveva bloccato la pubblicazione sulla versione polacca della Gazzetta Ufficiale di due sentenze dello stesso Tribunale, che dichiaravano legali le nomine del precedente governo e incostituzionali quelle più recenti favorevoli al PiS. La mancata pubblicazione ha reso le sentenze di fatto inapplicabili.

In seguito, un esponente del nuovo governo aveva assicurato che esse sarebbero state pubblicate ma, nella serata di venerdì, il leader del PiS, l’ex primo ministro Jaroslaw Kaczynski, ha escluso del tutto questa possibilità, dal momento che le sentenze non sarebbero valide perché emesse senza il quorum necessario di giudici votanti previsto dalla legge. Kaczynski ha poi aggiunto che il suo partito sta preparando una riforma complessiva del Tribunale Costituzionale, senza fornire ulteriori dettagli.

Martedì sera, il primo ministro è a sua volta apparsa in diretta televisiva per difendere la posizione del governo. La Szydlo ha fatto appello all’unità del paese e ha attribuito la responsabilità della disputa in atto allo stesso Tribunale Costituzionale e al partito europeista di centro-destra Piattaforma Civica (PO), al potere fino alla vigilia delle elezioni di ottobre, colpevoli entrambi di volere bloccare una “buona riforma” della giustizia polacca.

La determinatezza con cui il governo di Varsavia sta affrontando la questione dei giudici costituzionali è dovuta all’importanza della posta in gioco. Infatti, la scelta di giudici compiacenti risulta fondamentale per evitare che il più alto tribunale polacco possa bloccare la riorganizzazione dello Stato in senso autoritario nei piani del PiS, tramite, tra l’altro, modifiche alla Costituzione.

I leader dei partiti di centro-destra all’opposizione - Piattaforma Civica (PO) e Polonia Moderna – hanno fatto riferimento a questa evoluzione nel corso della manifestazione tenuta a Varsavia sabato scorso. Tomasz Siemoniak di PO ha parlato di “guerra allo stato di diritto”, mentre il numero uno di Polonia Moderna, Ryszard Petru, ha puntato il dito contro il leader incontrastato del PiS, Jaroslaw Kaczynski, accusandolo di aspirare a “imporre la propria volontà sulla Polonia”.

Quest’ultimo, fratello del defunto presidente polacco Lech Kaczynski, vittima di un incidente aereo in Russia nel 2010, è considerato la massima autorità nel suo partito, pur non ricoprendo alcun incarico di governo a causa di un’immagine pubblica non esattamente immacolata visti gli scandali e la deriva autoritaria che avevano segnato l’esecutivo da lui stesso guidato tra il 2006 e il 2007.

La stessa tendenza all’erosione dei principi democratici è apparsa evidente fin dall’inizio del nuovo mandato di governo del PiS. Sul modello del governo del premier Viktor Orbán in Ungheria, Kaczynski e il suo partito intendono sostanzialmente adottare una serie di misure per ridurre lo spazio del dissenso interno e accentrare nelle mani dell’esecutivo tutti i poteri dello Stato, indebolendo il principio di separazione fissato dalla Costituzione.

Solo un paio di giorno dopo l’insediamento del nuovo governo, ad esempio, era stato convocato un vertice tra la premier Szydlo, Kaczynski e i direttori delle quattro agenzie di intelligence del paese. Poco dopo la riunione, questi ultimi hanno rassegnato le proprie dimissioni, ufficialmente in maniera “volontaria”.

Le nomine dei sostituti hanno beneficiato personalità vicine al PiS, mentre come capo dei servizi segreti polacchi è stato scelto Mariusz Kaminski, ex numero uno dell’agenzia anti-corruzione. Kaminski era stato condannato a tre anni di carcere e all’interdizione dagli incarichi pubblici per dieci anni per abuso di potere lo scorso mese di marzo, ma il presidente Duda, secondo molti andando al di là dei suoi poteri, gli ha concesso la grazia subito dopo essere stato eletto, spianando la strada per la sua successiva nomina.

Il Pis ha poi limitato le facoltà di controllo sui servizi segreti assegnate ai partiti di opposizione, riducendo il numero dei membri dell’apposita commissione parlamentare e abolendo la regola che prevede la rotazione della presidenza tra esponenti della maggioranza e della minoranza.

La sovrapposizione tra Stato e Chiesa è un altro dei tradizionali obiettivi del PiS, assieme alla censura dei media e della cultura polacca. Una recente iniziativa del ministro della Cultura, Piotr Glinski, aveva avuto qualche eco anche al di fuori dei confini del paese dell’Europa orientale. L’esponente del governo aveva cercato cioè di impedire la rappresentazione di una commedia della drammaturga premio Nobel austriaca, Elfriede Jelinek, presso il teatro di Breslavia a causa della natura considerata “pornografica” di alcune scene.

Quando, in un’intervista televisiva, una giornalista della rete pubblica TVP aveva poi chiesto al ministro se la sua decisione fosse contraria alla libertà di espressione, quest’ultima era stata sospesa dalla conduzione, verosimilmente dietro pressioni del governo. Lo stesso ministro Glinski avrebbe poi dichiarato che la libertà di espressione artistica non va applicata alle pubblicazioni e alle istituzioni culturali finanziate dallo stato.

Preoccupazioni per i tentativi del governo di Varsavia di restringere la libertà di stampa sono state manifestate in questi giorni anche dalla Federazione Europea dei Giornalisti. Per questa organizzazione, il PiS sarebbe intenzionato a propagandare i valori tradizionali cattolici in Polonia, nonché a esercitare maggiore controllo sui servizi pubblici di informazione.

Per l’Associazione dei Giornalisti Polacchi sarebbe già iniziata una sorta di “caccia alle streghe” nella televisione pubblica. Citando l’esempio della reporter televisiva protagonista dello scontro verbale con il ministro della Cultura, l’associazione ha denunciato il governo per avere già deciso i nomi dei giornalisti che “dovrebbero sparire dallo schermo”.

Il nuovo governo intende anche modificare le modalità di stanziamento dei fondi per la cultura. Ciò che si prospetta è una serie di iniziative all’insegna della promozione del nazionalismo più spinto e dei valori tradizionali basati sulla storia e l’identità polacche.

Il ritorno al potere del PiS a Varsavia ha segnato infine anche una svolta in politica estera. Il nuovo governo e la nuova maggioranza parlamentare hanno fatto subito registrare toni ancora più aggressivi nei confronti di Mosca rispetto alle posizioni già sufficientemente estreme in questo senso del precedente gabinetto di centro-destra.

Questo partito, al contrario di PO, è attestato su posizioni critiche verso l’Unione Europea, come ha chiarito il recente tentativo di respingere il programma di accoglienza di profughi e immigrati stabilito da Bruxelles. Il PiS auspica invece una maggiore integrazione della Polonia nella NATO e una partnership più solida con gli Stati Uniti.

Questo orientamento è apparso chiaro un paio di settimane fa quando il vice-ministro della Difesa, Tomasz Szatkowski, aveva lasciato intendere che il suo governo potrebbe essere interessato a ospitare ordigni nucleari NATO in territorio polacco. L’auspicio di Varsavia sarebbe dettato dai timori per la presunta crescente aggressività russa, anche se il giorno successivo una nota ufficiale del ministero ha negato che il governo intenda muoversi in questo senso.

Al di là delle smentite, però, è innegabile che la classe dirigente polacca stia manovrando per ottenere il dispiegamento di un numero maggiore di armi e di uomini dell’Alleanza entro i propri confini. Questa tendenza era emersa già durante il precedente governo e, prevedibilmente, sarà ancora più evidente con il nuovo esecutivo guidato dal PiS. Allo stesso tempo, il carattere anti-europeista del partito lascia intravedere crescenti frizioni con l’Unione.

Nonostante la larga maggioranza con cui il PiS ha vinto le elezioni di ottobre, i suoi vertici sono consapevoli di come in Polonia esista ben poco sostegno per le politiche autoritarie che stanno perseguendo. Il successo alle urne dopo la disastrosa esperienza di governo del 2006/2007 è dovuto in gran parte all’insofferenza per le politiche di austerity dei governi di Piattforma Civica che Kaczynski e i suoi fedelissimi hanno promesso di attenuare, se non di invertire del tutto.

Una volta scemato il credito elettorale conquistato, è perciò probabile che le tensioni sociali  e l’opposizione all’esecutivo di Beata Szydlo aumenteranno rapidamente. Anche per questa ragione, e visto il precedente che vide protagonista Jaroslaw Kaczynski quasi un decennio fa, il partito di governo a Varsavia intende procedere al consolidamento del potere in tempi brevi.

Per quanto riguarda le forze di opposizione, la loro credibilità nella difesa della democrazia in Polonia è vicina allo zero. Le formazioni nominalmente di sinistra sono ampiamente screditate e non sono riuscite a conquistare un solo seggio in Parlamento.

L’opposizione “moderata” è composta invece dai già ricordati PO e Polonia Moderna. Il primo è stato appunto punito dagli elettori nelle ultime elezioni per le sue politiche liberiste e anti-sociali, mentre il secondo ha un’agenda totalmente pro-business. Tutti, infine, manifestanto la propria opposizione al nuovo governo facendo appello all’Unione Europea, ovvero all’istituzione che ha sostenuto e continua a sostenere quelle stesse politiche anti-democratiche che hanno favorito l’ascesa di una forza ultra-conservatrice e con inclinazioni dittatoriali nella Polonia odierna.

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