di Antonio Rei

Che un politico (davvero) di sinistra abbia voglia di governare, in Europa, è raro. Che addirittura ci riesca è un avvenimento eccezionale. Che ce la faccia scegliendo di sottoporsi per tre volte in otto mesi al voto del popolo, uscendone sempre vincitore, è quasi fantascienza. Eppure è esattamente quello che è accaduto in Grecia, dove domenica scorsa Alexis Tsipras ha ottenuto il secondo mandato consecutivo con una maggioranza schiacciante. A Syriza è andato il 35,54% dei voti, pari a 145 seggi, che, sommati ai 10 dei nazionalisti di Anel (al 3,68%), consentiranno di ricreare la stessa maggioranza del precedente governo.

Il testa a testa venduto per settimane dai giornali di mezza Europa si è rivelato un bluff: i conservatori di Nea Demokratia si sono fermati al 28,11% delle preferenze (75 seggi), seguiti dai neonazisti di Alba Dorata con il 7,09% (19 seggi). Risultati deludenti per gli altri partiti: i socialisti del Pasok non sono andati oltre il 6,42% (pari a 17 seggi), mentre i comunisti del Kke hanno ottenuto il 5,48% (15 seggi) e i centristi di To Potami il 3,93% (10 seggi). Risultato disastroso per Unità Popolare, formata dai fuoriusciti massimalisti di Syriza, che sono rimasti sotto la soglia di sbarramento del 3% e perciò non hanno accesso al Parlamento. Molto alto l'astensionismo, attorno al 45%.

“E' stata una vittoria del popolo - ha commentato Tsipras - ora inizia la battaglia per cambiare i rapporti di forza in Europa. Syriza ha mostrato di essere troppo dura per morire, anche se era stata presa di mira da tanti. Abbiamo molte difficoltà davanti ma anche una base solida e prospettive. Questo è un mandato per liberarci di tutte le cose che ci tengono fermi al passato”.

Quella ottenuta da Syriza (che pur cedendo il 2,8 ai dissidenti usciti ha perso meno dell'1% rispetto al voto di gennaio) è sostanzialmente una conferma da parte dell'elettorato. I greci hanno dimostrato di aver compreso gli sforzi di Tsipras, che con il Memorandum siglato ad agosto ha ottenuto il miglior risultato possibile nel contesto, attraverso la strada del realismo politico. Era questa l'unica via praticabile per continuare a combattere senza condannare il Paese all'apocalisse economica minacciata dalla Germania (e in quel caso non si trattava di un bluff: Berlino avrebbe accettato qualsiasi esito pur di non ammettere la vittoria del fronte greco anti-austerità).

Ora Syriza è chiamata a lottare per mitigare le conseguenze del nuovo Memorandum e al tempo stesso dovrà rappresentare il primo punto di riferimento per gli europei in cerca di un'alternativa al neoliberismo di Bruxelles. E' una responsabilità enorme che Tsipras si assume con coraggio, dimostrando alla destra come alla sinistra che è possibile opporsi alle lobby politico-finanziarie senza per questo condannarsi alla marginalità politica.

Di questa lezione dovrebbero fare tesoro gli esponenti della cosiddetta sinistra radicale, a cominciare dagli ex massimalisti d Syriza, che hanno preferito formare un partito di nicchia e ripiombare nella totale irrilevanza extraparlamentare pur di non fare i conti con la realtà. Non c'è dubbio che centinaia di anime belle continueranno ad attaccare Tsipras, accusandolo di essersi arreso ai creditori.

Come al solito, si tratta di una posizione troppo comoda: lamentarsi e protestare ha senso soltanto se si è in grado di proporre un'alternativa praticabile, e predicare l'uscita prima dall'Eurozona e poi dall'Unione europea non rientra in questo campo. Solo chi non ha mai avuto responsabilità di carattere generale - e si impegna per non averne mai - può rimproverare a Tsipras di non aver mandato in bancarotta la Grecia.

Dall'altro lato della barricata ci sono i politicanti di Bruxelles. Il risultato delle elezioni di domenica ha deluso anche loro, perché ha prodotto la stessa maggioranza che ha retto il governo di Atene negli ultimi mesi. Le speranze dei creditori, com'è ovvio, erano di tutt'altro segno.

Forse nemmeno loro credevano in una vittoria di Nea Demokratia, ma certamente avrebbero preferito un governo di grande coalizione che imbrigliasse Syriza, azzerandone i margini di manovra. Se il Pasok o To Potami fossero entrati a far parte della maggioranza, la coesione dell'Esecutivo sulla politica economica sarebbe stata assai precaria e Atene si sarebbe ridotta probabilmente ad eseguire senza discutere ogni direttiva impartita da Bruxelles.

Così non è andata e oggi Tsipras è pienamente legittimato a riprendere il lento stillicidio dei negoziati. A cominciare da quelli sul debito pubblico greco, che prima o poi (più poi che prima) dovrà tornare ad essere sostenibile. Quindi rinegoziabile.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy