di Fabrizio Casari

Nel Maggio del 2013, la rivista spagnola Hola! pubblica un servizio fotografico dedicato a incrementare l’aura di consenso intorno al neopresidente messicano Enrique Pena Nieto. Lui è più simile ad un modello da grandi magazzini che ad un presidente di una delle prime 20 nazioni al mondo per PIL, ma è un prodotto del network Televisa, che in Messico l'unica cosa che non determina è il meteo. Lei, Angelica Rivera, come si conviene è una attrice di telenovelas che ama farsi ritrarre nei servizi fotografici da first lady in minigonna di pelle e figlia al guinzaglio. La classe non è acqua ma fin qui sarebbe poco.

Perché alla vanità della coppia si aggiunge l’ingenuità del loro addetto stampa che non fa bene il suo mestiere ed accetta che il servizio fotografico sia realizzato nella nuova casa dove il Presidente e sua moglie vivono. E’ una casa di ultra lusso, denominata “Casa Bianca”, regalatagli da una società – la HIGA – committente della presidenza ora e dello Stato del Messico prima, quando Pena Nieto era governatore. Valore stimato per difetto? Sette milioni di dollari.

Il servizio fotografico è ripreso anche da altri giornali (compreso D, il settimanale femminile di La Repubblica che in due occasioni ha tessuto le lodi del presidente messicano) ma la stampa messicana lo rilancia più come prodotto di gossip che altro. La notizia invece è ghiotta e non sfugge a Carmen Aristegui, che scatena la sua muta di segugi a vedere quanto e cosa c’è dietro e porta a conoscenza di tutto il paese di una storia decisamente imbarazzante per il presidente Enrique Pena Nieto.

Ovvio il conflitto d’interesse e ovvia la reazione furiosa e minacciosa della presidenza, ma altrettanto ovvio come Carmen Aristegui non cede di fronte alle minacce dirette ed indirette provenienti dagli ambienti vicini alla presidenza e al PRI. Anzi rilancia, e poco tempo dopo documenta come un’altra casa, solo appena più piccola, sia stata regalata dallo stesso gruppo HIGA anche a Luis Videgaray, ministro del Tesoro del Gabinetto di Pena Nieto.

In un colloquio tra Josè Vargas, proprietario di MVS e alcuni funzionari della Presidenza messicana, si conviene che la sola maniera per la quale il presidente non si vendichi sul gruppo editoriale è che Carmen Aristegui debba chiedere scusa per i servizi giornalistici sulla casa del Presidente. Niente da fare, Carmen rifiuta d’inginocchiarsi.

Carmen, giornalista, con un suo programma dal Messico in onda sulla CNN e autrice del suo seguitissimo sito aristeguinoticias.com, si muove a 360 gradi nel panorama informativo messicano. Considerata la migliore dal punto di vista giornalistico e ferma nei suoi convincimenti, in un paese nel quale i giornalisti non venduti sono rari Carmen Aristegui rappresenta la possibilità di credere ancora nel senso più profondo della professione. L’impegno principale è comunque il notiziario del mattino che conduce dalle sei alle dieci su Radio MVS Notizie.

Il programma è re assoluto degli ascolti e si caratterizza per le inchieste e gli approfondimenti di temi nazionali ed esteri senza nessun taglio di regime. Una delle tante prove di ciò è stata la denuncia continua delle falsità nelle ricostruzioni ufficiali sul sequestro e la scomparsa dei 43 studenti della scuola Normale di Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero, avvenuta nel dicembre scorso.

Nonostante i contratti di collaborazione, la Aristegui ha sempre mantenuto una assoluta autonomia di espressione, salvaguardando la sua credibilità con un uso del mezzo tutt’altro che gridato, con un’accurata verifica delle fonti ed una disponibilità ad accettare il confronto, sostenendo le sue inchieste con documentazioni inoppugnabili. Autorevole perché libera, ascoltata perché autorevole.

Nei giorni scorsi, è stata annunciata la nascita di una piattaforma Internet denominata Mexicoleaks, dove s’invita chi è a conoscenza di abusi ed episodi di repressione e corruzione a porre il suo contributo affinché la legge in discussione al Senato, che prevede la fine dell’obbligo di trasparenza informativa, venga sovvertita dal basso. Inoltre, la prevista riforma delle telecomunicazioni prevede un deciso restringimento degli spazi per l’editoria minore a favore dei grandi gruppi e questo incentiva ulteriormente l’iniziativa.

A questa iniziativa editoriale sia la Aristegui che la sua squadra hanno aderito. L’iniziativa di Mexicoleaks è senza precedenti e, quale che possa essere il giudizio sulla sua praticabilità, ottiene come risultato di far saltare dalla sedia il gruppo editoriale MVS notizie per il quale Carmen e la sua squadra lavoravano.

E' infatti questa la motivazione formale con la quale MVS spiega il licenziamento di Irving Huerta e Daniel Lizárraga, quest’ultimo caporedattore del gruppo, che vengono licenziati per aver svolto inchieste senza l’autorizzazione del gruppo editoriale e per “mancanza di etica”! Ora, a parte l’ovvia considerazione per la quale i giornalisti informano i loro direttori e non gli editori delle inchieste in corso, c’è da essere sicuri che, ove l’avessero fatto, MVS avrebbe negato l’autorizzazione. In nessun caso la proprietà di MVS ha intenzione di scontrarsi con il presidente e con il suo partito, il PRI. Quanto all’etica il concetto appare stravagante: il colpevole è chi commette un abuso o chi lo denuncia?

Agli editori che gli proponevano di continuare a lavorare, Carmen Aristegui ha risposto che questo sarebbe stato possibile solo con il ritorno in servizio dei due giornalisti licenziati ed è a questo punto che, nonostante le prese di posizione a suo favore espresse in ogni luogo del web, la MVS ha deciso di licenziare anche la Aristegui.

Non è certo la prima volta che succede nella carriera di Carmen. Venne licenziata da W radio, di proprietà di Televisa e del Gruppo Prisa (spagnolo, proprietario di El Pais) nel 2008, a causa del rifiuto da parte di Carmen a farsi seppellire da sport commerciali il suo programma. Quindi, nel 2011, la stessa MVS, per la quale già allora lavorava, la licenziò per aver domandato in diretta al Presidente Calderon, un’altra macchietta della tragicomica storia politica messicana, se aveva problemi con gli alcolici (cosa risaputa in tutto il paese e nelle diverse cancellerie internazionali). Una presa di posizione massiccia da parte di colleghi e maestranze obbligò MVS a tornare sui suoi passi e riassumerla.

Il provvedimento, benchè si ritiene fosse stato preparato da tempo, sembra avere però una sua valenza preventiva, dal momento che la squadra di Carmen Aristegui stava andando a fondo con una nuova inchiesta sull’assassinio di 22 persone nella comunità di Tlatlaya, nello Stato del Messico. In un primo momento le autorità riferirono che la strage avvenne a seguito di uno scontro tra una banda di sequestratori e la polizia dello Stato, ma in seguito la Commissione Nazionale per i Diritti Umani denunciò come i 22 furono fucilati dai militari.

La squadra di Aristegui stava per rendere pubblici documenti e testimonianze che avrebbero provocato un altro terremoto nel sistema. Ardire insopportabile quello di Carmen Aristegui e della sua redazione: in Messico è consuetudine la pratica della “pulizia sociale” da parte delle autorità, ma è altrettanto consueta la pratica del silenzio. Disobbedire alla seconda, purtroppo, può condurre alla prima, come insegnano i numerosi giornalisti uccisi e scomparsi.

La giornalista ha fatto presente che ricorrerà al tribunale per l’illegittimità del licenziamento e per MVS si annuncia un periodo difficile. I contratti pubblicitari dello spazio di Carmen saranno annullati (anche se il PRI provvederà a rifondere) e l’ondata di protesta nell’opinione pubblica messicana (su change.org già 166.000 firme) ridurranno drasticamente l'immagine editoriale del gruppo.

Si potrebbe pensare che quella del gruppo MVS sia stata dunque un’operazione poco intelligente, che costerà denaro e prestigio, ma forse è stata soprattutto un’operazione in qualche modo dovuta. Perché in un paese dove quello che non è corrotto è solo perché non vale la pena corromperlo, il giornalismo che non si compra va messo a tacere. In un modo o nell’altro.

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