di Carlo Benedetti

Nebojsa Medojevic Abbandonata l'unione con la Serbia, messa in archivio l'intera federazione jugoslava e fissate le basi per una vita istituzionale autonoma (con un referendum svoltosi nel maggio scorso) il Montenegro si avvia ora alla sua prima consultazione elettorale per formare - con 81 seggi - il Parlamento del dopo secessione. L'appuntamento, per circa 500mila elettori, è per il 10 settembre. E già si annuncia una dura sfida tra le forze che si sono battute per l'indipendenza e quelle che hanno sempre rivendicato la validità della vecchia scelta federale. In termini pratici questo vuol dire che nelle schede figureranno 12 partiti e coalizioni con circa 700 candidati. Secondo i commentatori montenegrini il partito favorito dovrebbe essere quello socialdemocratico, che rappresenta l'ala moderata della società locale. Si tratta di una formazione alla cui testa si trova ancora quel Milo Djukanovic che sta guidando la transizione dal periodo jugoslavo a quello attuale. E' lui - "padre" dell'indipendenza - che punta ora a sfruttare la vittoria al referendum per ottenere la maggioranza in Parlamento. Altre forze sull'arena politica di questa vigilia elettorale sono poco conosciute ma esprimono pur sempre un ventaglio di interessi da non sottovalutare. C'è il Partito radicale serbo (Srs) che ripropone il tradizionale problema del rapporto con Belgrado e c'è quella vecchia formazione socialista che - guidata da Predrag Bulatovic - si sta caratterizzando come "opposizione sociale" ponendo in primo piano le questioni del welfare e quelle del controllo statale sull'economia.

Ma all'orizzonte si delinea anche un nuovo schieramento che fa capo al giovane leader Nebojsa Medojevic e che si chiama "Movimento per il cambiamento". Potrebbe essere proprio questa la novità del dopo 10 settembre. Perchè nel programma che questa forza intende sviluppare sono condensati, con chiarezza espositiva e rigore argomentativo, i punti nodali del nuovo Montenegro. Medojevic presenta la sua piattaforma come "socialista", ma senza rimpianti per il "socialismo di Milosevic" e senza quella patina di antioccidentalismo che caratterizzò il potere centrale di Belgrado. Forte è poi l'attacco che il "Movimento" sferra al premier Djukanovic. Che è sì una figura ancora popolare, ma si porta dietro una trafila di inchieste giudiziarie con accuse relative ad un coinvolgimento in vecchi traffici di contrabbando. In proposito non va dimenticato che il Montenegro di questo premier attuale è un paese che, anche grazie alla penetrazione di criminali d'etnia albanese, funge da area di transito di grandi quantità d'eroina verso l'Italia.

I leader del "Movimento" - rilevando le ambiguità che pongono Podgorica sotto una cattiva luce nella scena internazionale - sottolineano poi la complessità della situazione finanziaria. E così l'accento cade anche sul rapporto con la Russia che è più che mai il partner favorito che occupa oltre metà dei settori economici nazionali.
Pesa su tutto quel grande affare degli anni scorsi quando il governo cedette - ai russi del "Rusal" - il kombinat dell'alluminio di Podgorica (Kap) da sempre considerato come la maggiore realtà industriale del paese. Quello che però colpì l'opinione pubblica montenegrina fu che grazie a questo "affare" uno dei maggiori e più discussi oligarghi della Russia - Oleg Deripaska, appunto capo della "Rusal" - riuscì a metter le mani anche sull'economia del loro piccolo paese.
Ed ecco che ora, proprio nel vivo della campagna elettorale, il problema della mano russa sul Montenegro torna d'attualità.

Si parla degli sconti che vennero concessi a Deripaska e delle mancate garanzie relative allo sviluppo del complesso del "Kap". E non è un caso se uno dei più autorevoli media di Podgorica, il Monitor, aveva già previsto che il Montenegro stava per cadere in una trappola. Perchè cedendo gli impianti d'alluminio, la corrente elettrica a buon mercato e i minerali, il paese si poteva trovare a ricevere tecnologia sporca. Con gravi conseguenze per l'ambiente e le risorse. Ma di sporco - sottolineano ora gli uomini che a Podgorica si riconoscono nel "Movimento per il cambiamento" - c'era soprattutto il capo dell'affare, quel Deripaska legato alle maggiori oligarchie del Cremlino. Il suo disegno era ed è quello di controllare economicamente l'area balcanica aggiungendo, con il "Kap" montenegrino (120 mila tonnellate di alluminio, 240 mila tonnellate di allumina all'anno, un fatturato di circa 200 milioni di dollari), un nuovo anello alla catena delle sue proprietà. E si sa che Deripaska non muove foglia se Putin non è d'accordo. Forse si potrebbe dire che il Montenegro non accenna a cambiamenti senza che Mosca non dia il suo ok. In tal senso il "Movimento" di Medojevic, ove si affermasse, potrebbe sconvolgere molti giochi che si snodano da Podgorica a Mosca, via Belgrado.

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