di Carlo Musilli

Se all'improvviso i vostri figli sognano di visitare il Colorado o lo Stato di Washington, non è detto che sia solo per la bellezza dei paesaggi. Mentre votavano per il loro nuovo presidente, in questi due brandelli di terra americana gli elettori si sono prodotti anche in un referendum. E hanno liberalizzato l'uso della marijuana “a scopo ricreativo”, rispettivamente con il 53 e il 55% dei voti favorevoli.

Dai 21 anni d’età sarà consentito il possesso personale di 28,5 grammi di sostanza. Più sobri i cugini del Massachussetts: sì alla canna libera, ma solo “a scopo terapeutico” (diritto già concesso in 17 Stati, più il District of Columbia). Intanto, Maryland e Maine hanno dato il via libera alle nozze fra omosessuali.

Sembrava fosse uno scherzo da sbornia post-elettorale, invece è vero. Nella terra natale del proibizionismo è arrivata una sorprendente ventata liberal. Dal '19 al '33 negli Stati Uniti non si poteva fabbricare, vendere, importare né trasportare alcol. Alla fine capirono che il divieto non riduceva affatto il tasso d'alcolismo, anzi. Distillare nelle vasche da bagno era diventato uno sport nazionale.

Oggi come allora, un paio di states si sono finalmente resi conto che vietare l'erba non risolve granché. Almeno per tre ragioni. Primo: le droghe leggere non producono gli stessi effetti di quelle pesanti. Secondo: diverse ricerche hanno dimostrato che la cannabis può essere utilizzata a scopi terapeutici o palliativi contro alcune patologie. Terzo: in nessuna epoca o paese il proibizionismo ha mai funzionato fino in fondo come deterrente, tant’è vero che gli americani sono oggi fra i maggiori consumatori di droghe al mondo.

Il pragmatismo di Colorado e Washington sorprende soprattutto perché da anni siamo abituati a conoscere un'America strozzata dal bigottismo repubblicano. Non è questione di etica protestante, qui voliamo molto più basso. Basta ricordare la cronaca recente. Nella campagna elettorale appena conclusa, la destra ha contrapposto a Barack Obama un impresentabile mormone del Michigan. Un tizio alla “Settimo cielo”, Mitt Romney, che ha pensato bene di candidare gente arrivata con la macchina del tempo direttamente dal medioevo.

Un esempio su tutti è quello di Richard Mourdock. Correva per il Senato in Indiana, sostenuto dal reazionario Tea Party, e ci ha regalato la seguente perla antiabortista: “Penso che anche quando la vita comincia nell'orribile situazione di uno stupro, si tratti comunque di qualcosa che Dio voleva che accadesse". Non viene da pensare a una classe dirigente illuminata, al passo coi tempi. Ma gli Stati Uniti sono davvero un grande Paese, almeno in senso geografico. E al loro interno riescono a contenere personaggi da Controriforma come cittadini del XXI secolo.

Certo, la novità di legge non può esser vista di buon occhio dall’amministrazione centrale. L’operazione apre un conflitto diretto con il governo federale, che classifica ancora la cannabis come sostanza illegale. Il dipartimento di Giustizia americano ha chiarito che, nonostante i risultati dei due referendum, le norme nazionali restano confermate. Una contraddizione davvero scomoda.

Tanto è vero che John Hickenlooper, governatore del Colorado, ha scritto in un comunicato che “non è ancora tempo di festeggiare”, perché l’attuazione della nuova norma sarà “un processo complicato”. E, non si sa bene in che modo, dovrà tener conto dei regolamenti federali.

C'è però anche un altro aspetto da considerare. “Let's get down to business”, direbbero gli americani. Parliamo d'affari. Oltre a danneggiare il narcotraffico dal Messico e dall'America Latina, la liberalizzazione porterà anche un discreto gruzzolo nelle casse pubbliche. Grazie alle nuove tasse sul commercio di marijuana, oltre mezzo miliardo di dollari si materializzerà ogni anno nel bilancio dei due Stati, che pure non sono affatto fra i più popolosi degli Usa. Viene da chiedersi allora cosa succederebbe se la cannabis fosse legalizzata anche in posti come la California, la Florida, New York.

Secondo uno studio condotto da 300 esperti di economia (tra cui tre premi Nobel) la legalizzazione in tutti gli Stati Uniti consegnerebbe al governo americano 13,7 miliardi di dollari l’anno. Alle tasse (6 miliardi) si sommerebbe il risparmio dei soldi spesi per far rispettare il divieto in vigore (altri 7,7 miliardi). Uno sballo, no?   

 

 

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