di Michele Paris

Il limitato entusiasmo generato dal discorso di Barack Obama, che ha chiuso giovedì la convention democratica, è stato immediatamente ridimensionato dalla pubblicazione poche ore più tardi dei nuovi preoccupanti dati sull’andamento dell’occupazione negli Stati Uniti. La modestissima crescita di posti di lavoro nel mese di agosto ha infatti confermato come il quadro ottimistico della situazione economica dipinto dal presidente sia del tutto illusorio e che la crescita è ancora ben lontana dal portare reali benefici alla maggior parte della popolazione americana.

Secondo i dati diffusi venerdì dal Dipartimento del lavoro, durante il mese appena trascorso l’economia USA ha aggiunto appena 96 mila nuovi posti, un numero nemmeno sufficiente a tenere il passo con la crescita demografica. Secondo un recente studio del think tank Economic Policy Institute, gli Stati Uniti dovrebbe creare almeno 350 mila nuovi posti ogni mese solo per tornare in tre anni ai livelli di disoccupazione precedenti la recessione.

Il tasso ufficiale di disoccupazione è in realtà sceso dall’8,3% di luglio all’8,1% ma soltanto perché 368 mila persone hanno smesso di cercare lavoro e perciò sono rimaste fuori dai calcoli del governo. Per i più giovani, invece, il livello di disoccupazione è salito in un mese dal 16,4% al 16,8%.

A questi dati preoccupanti va aggiunto anche il fatto che le retribuzioni orarie nel mese di agosto sono scese di un altro1%, mentre nell’ultimo anno sono cresciute solo dell’1,7%, cioè meno del tasso di inflazione. Ciò conferma che i pochi posti di lavoro che vengono creati consentono oltretutto ai lavoratori di guadagnare di meno rispetto al recente passato.

Inoltre, il numero delle persone occupate negli Stati Uniti è crollato al 63,5%, vale a dire al livello più basso da 31 anni a questa parte. Come se non bastasse, il Dipartimento del Lavoro ha anche corretto al ribasso i dati sull’occupazione di giugno e di luglio, durante i quali sono stati creati 41 mila posti di lavoro in meno rispetto a quanto inizialmente annunciato.

Ad aggravare la situazione attuale sono anche le politiche del governo federale che, al contrario di quanto è accaduto nelle precedenti crisi economiche, ha contribuito in maniera massiccia all’aumento della disoccupazione. Ad agosto, infatti, 7 mila dipendenti pubblici hanno perso il lavoro, portando il totale a 670 mila dal giugno 2009, data in cui la recessione è ufficialmente terminata negli Stati Uniti.

Numeri simili, di cui Obama si è più volte vantato in campagna elettorale, smentiscono la retorica democratica sentita nei giorni scorsi a Charlotte per cui lo stato dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel rilanciare l’economia di un paese.

Nella lettura degli ultimi dati sulla disoccupazione, l’amministrazione Obama è apparsa ancora una volta fuori dalla realtà. Il capo dei consiglieri economici della Casa Bianca, Alan Krueger, ha ad esempio affermato che “i dati sono un’ulteriore conferma che l’economia americana sta continuando la sua ripresa”.

Il presidente, da parte sua, nel corso di un evento elettorale in New Hampshire si è limitato a far notare che il numero di posti di lavoro aggiunti ad agosto “non è sufficiente” e ha lanciato un nuovo appello ai repubblicani per l’approvazione della sua proposta di legge di stimolo all’occupazione che consiste principalmente in sussidi e sgravi fiscali per le aziende private.

I dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti si accompagnano a quelli altrettanto negativi sull’andamento economico a livello internazionale. Ad agosto, ad esempio, la produzione industriale nei paesi dell’eurozona è scesa per il tredicesimo mese consecutivo, mentre quella cinese ha fatto segnare il rallentamento più marcato dal 2009.

Nonostante i numeri così negativi del Dipartimento del Lavoro americano, la borsa di Wall Street nella giornata di venerdì ha fatto segnare sensibili rialzi. Secondo i commentatori ciò sarebbe la conseguenza delle decisioni annunciate giovedì dal presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, e del probabile prossimo intervento della Fed americana per cercare di invertire il trend negativo.

La reazione sostanzialmente positiva dei mercati riflette però anche il fatto che le grandi aziende americane intendono mantenere a lungo un livello di disoccupazione elevato per forzare i lavoratori ad accettare impieghi sottopagati e privi di diritti.

Di conseguenza, appare tutt’altro che sorprendente che la classe politica americana, e non solo, di fronte ad un tale scenario continui a perseguire politiche che contribuiscono ad aggravare la situazione. Per  Obama e i democratici il numero enorme dei senza lavoro costituisce tutt’al più un motivo di preoccupazione che potrebbe mettere a repentaglio le loro chance di vittoria nel voto di novembre.

A conferma del totale disinteresse di Washington per le sorti dei senza lavoro negli Stati Uniti, entrambi i partiti concordano nel non prolungare i sussidi federali di disoccupazione che scadranno a fine anno, così che a gennaio altri due milioni di americani si ritroveranno improvvisamente senza alcun reddito e con ben poche prospettive di trovare un impiego stabile e ben retribuito.

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