di Michele Paris

NEW YORK. Il presidente Mohamed Mursi ha sollevato dal proprio incarico di ministro della Difesa il dittatore de facto dell’Egitto post-Mubarak, feldmaresciallo Mohamed Hussein Tantawi, concentrando nelle proprie mani i poteri assoluti finora assunti dal Consiglio Supremo delle Forze Armate. Mursi ha pensionato anche il comandante delle Forze Armate egiziane, Sami Anan, e altre figure importanti tra i vertici militari; ma, soprattutto, ha revocato la modifica costituzionale decisa dalla giunta nel mese di giugno con la quale aveva assunto poteri pressoché assoluti, limitando drasticamente quelli presidenziali.

Con il colpo di mano di domenica, il presidente islamista ha anche assegnato a se stesso il controllo, in precedenza attribuito ai militari, del processo di scrittura della nuova Costituzione. In sostanza, cioè, se l’attuale assemblea non risultasse in grado di produrre una carta costituzionale per qualsiasi motivo, il presidente avrebbe il potere di nominare una nuova.

Oltre a Tantawi e Anan, Mursi ha rimpiazzato a sorpresa anche i comandanti delle forze navali e aeree dell’Egitto. Al posto del maresciallo fino a pochi giorni fa a capo della giunta militare al potere, il presidente ha nominato nuovo ministro della Difesa il capo dell’intelligence militare, Abdel Fattah al-Sissi, un generale con simpatie islamiste, diventato tristemente famoso lo scorso anno per aver difeso i cosiddetti “test di verginità” sulle manifestanti donne nel corso della rivolta.

Il nuovo capo di stato maggiore, al posto di Anan, sarà invece il generale Sidki Sobhi, già comandante delle forze armate egiziane dispiegate a Suez. Mursi ha infine nominato un nuovo vice-presidente, il giudice riformista Mahmoud Mekki.

Se dovesse andare a buon fine, la mossa del presidente Mursi rappresenterebbe una svolta significativa nel panorama egiziano, dal momento che ridimensionerebbe per la prima volta il ruolo dei militari, i quali hanno costituito il fulcro del potere fin dalla rivoluzione degli “Ufficiali liberi”, guidata da Nasser nel 1952. Un ribaltamento degli equilibri, quello tentato da Mursi, che vede oltretutto come protagonista il movimento dei Fratelli Musulmani, considerato ai limiti della legalità fino alla deposizione di Mubarak.

Lo sconvolgimento del quadro politico al Cairo giunge probabilmente non a caso in un momento di grandi tensioni, causate sia dalla crescente impopolarità dei militari e dei partiti politici egiziani nel quadro di un fallimentare processo di transizione democratica, sia dalle polemiche seguite alla recente uccisione di 16 soldati egiziani da parte di integralisti islamici nella penisola del Sinai. Un’azione, quest’ultima, a cui Mursi ha risposto molto duramente, ordinando tra l’altro bombardamenti aerei sul Sinai per la prima volta dalla guerra del 1973.

Proprio la risposta ai fatti del Sinai da parte di Mursi deve avere impressionato gli Stati Uniti, da dove rimaneva ancora qualche perplessità sui Fratelli Musulmani. L’offensiva militare del Cairo avrebbe cioè convinto Washington che il nuovo governo civile egiziano ha a cuore la sicurezza nella regione, a cominciare da quella di Israele. Per questo, è probabile che la mossa di domenica abbia ottenuto almeno il tacito assenso dell’amministrazione Obama.

Per alcuni, poi, la decisione di Mursi sarebbe servita per sventare una possibile azione contro il governo dei Fratelli Musulmani da parte degli ambienti secolari legati al vecchio regime. Secondo i media egiziani, infatti, dietro alla manifestazione di protesta indetta contro gli islamisti il 24 agosto prossimo poteva nascondersi un qualche tentativo di golpe.

In ogni caso, la manovra di Mursi ha contorni ancora non del tutto chiari ed effetti tutti da verificare. Significativo appare, tra l’altro, il fatto che l’estromissione di Tantawi e la nuova “dichiarazione costituzionale” emessa dal presidente sembrano essere state in qualche modo concordate con i militari stessi, i quali infatti non hanno reagito alla limitazione improvvisa del loro potere. Secondo quanto riferito in un’intervista alla Reuters dal neo vice-ministro della Difesa, Mohamed al-Assar, la decisione di Mursi sarebbe stata presa proprio in seguito a consultazioni con la giunta militare. Tantawi e Anan, peraltro, sono stati entrambi nominati consiglieri del presidente.

Dall’evoluzione dei fatti appare dunque possibile che i militari abbiano acconsentito alla cessione dei poteri politici al governo civile in cambio della rassicurazione che i loro enormi interessi economici nel paese non verranno toccati. Lo scontro tra i Fratelli Musulmani e il Consiglio Supremo delle Forze Armate degli ultimi mesi si era consumato proprio sulle questioni economiche, con i primi fattisi promotori di una liberalizzazione del mercato egiziano che potrebbe penalizzare fortemente il potere economico detenuto dai militari.

Le due parti, tuttavia, concordano sulla necessità di evitare l’esplosione di nuove proteste popolari che minaccerebbero la posizione di entrambi. Da qui, dunque, il raggiungimento di un accordo condiviso, giunto con la mossa di Mursi di domenica che, com’è ovvio, ha ottenuto il beneplacito di Washington.

L’assunzione dei poteri semi-dittatoriali finora nelle mani dei militari da parte del presidente è stata singolarmente salutata con entusiasmo da quasi tutti i partiti politici egiziani, compresi quelli di opposizione, come l’Alleanza Popolare Socialista e il movimento dei giovani manifestanti “6 Aprile”. Per tutti costoro i fatti dello scorso fine settimana rappresenterebbero un progresso per la democrazia egiziana.

In molti mettono però anche in guardia dalla concentrazione dei poteri nella figura del presidente, per di più islamista. Per il leader del Partito Social Democratico, Mohamed Abul-Ghar, “il problema ora è che l’Egitto non dispone di una costituzione che definisca i poteri presidenziali”, perciò il rischio è quello di avere “un presidente che concentri tutti i poteri di cui disponeva Mubarak”.

L’ex direttore dell’AIEA e premio Nobel per la pace, Mohamed ElBaradei, da parte sua ha affermato che la fine del monopolio del potere da parte dei militari rappresenta un passo avanti, ma la concentrazione dei poteri esecutivo e legislativo nelle mani di Mursi deve essere temporanea e quest’ultimo andrà conferito al più presto all’Assemblea Costituente.

A criticare duramente la presa di posizione di Mursi sono stati invece alcuni autorevoli giuristi egiziani. Secondo il quotidiano locale Al-Ahram, per molti esperti la revoca da parte del presidente della “dichiarazione costituzionale” fatta dai militari a giugno sarebbe incostituzionale e, anzi, Mursi andrebbe sottoposto ad azione legale.

Da questo punto di vista, dal momento che Mursi, assumendo la presidenza, ha giurato di fronte all’Alta Corte Costituzionale sottomettendosi a quella stessa costituzione modificata dalla giunta militare poco prima, non gli sarebbe consentito ora annullarla o cambiarla. Mursi avrebbe dovuto piuttosto rispettare la costituzione, anche se temporanea, in attesa della scrittura di una nuova carta.

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