di Michele Paris

NEW YORK. Dopo innumerevoli ipotesi e congetture giornalistiche, Mitt Romney ha finalmente sciolto le riserve sulla scelta del candidato alla vicepresidenza per il Partito Repubblicano, optando per l’astro nascente ultra-conservatore Paul Ryan, giovane deputato cattolico del Wisconsin. La decisione, annunciata ufficialmente nella prima mattinata di sabato, è stata subito accompagnata da una valanga di commenti negli Stati Uniti sui pro e i contro della presenza nel “ticket” repubblicano del 42enne presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Rappresentanti.

Secondo la ricostruzione fatta dal Wall Street Journal, Romney avrebbe informato della sua scelta la consigliera Beth Myers, anche responsabile del team per la scelta del candidato vice-presidente, già il primo agosto e si sarebbe incontrato con Ryan poco più tardi. Nell’ultima settimana erano circolati molti nomi di possibili prescelti dal miliardario mormone, anche se nei due giorni precedenti la decisione finale l’ipotesi Paul Ryan aveva cominciato a prendere consistenza. Nella serata di venerdì, poi, i giornali USA hanno diffuso la notizia dell’annuncio imminente, arrivato il giorno successivo durante un evento pubblico di Romney a bordo della nave da guerra “Wisconsin” a Norfolk, in Virginia.

Paul Ryan è una figura estremamente controversa a Washington, amato dai conservatori e dai falchi del deficit, è il bersaglio prediletto di politici e commentatori liberal. Allo stesso modo, Ryan è visto con sospetto dai moderati del Partito Repubblicano, i quali ritengono che la sua presenza al fianco di Romney possa attirare troppo facilmente le critiche dei democratici. Dopo aver conquistato la presidenza della Commissione Bilancio della Camera in seguito alle elezioni di medio termine del 2010, Ryan è stato costantemente al centro del dibattito sulla questione del debito come principale sostenitore della necessità di ridurre il deficit federale tramite il drastico ridimensionamento dei programmi pubblici di assistenza.

Nell’annunciare ai suoi sostenitori la scelta di Ryan, Mitt Romney ha subito tenuto a sottolineare che i due candidati repubblicani, se vittoriosi a novembre, lavoreranno per la salvaguardia di Medicare - il programma pubblico di assistenza sanitaria riservato agli over 65 - e Social Security (pensione), anche se il possibile futuro vice-presidente ha più volte sostenuto la necessità di privatizzare entrambi i programmi. Romney ha anche significativamente definito Ryan uno dei “leader ideologici” repubblicani, confermando così di avere ormai abbracciato completamente l’ala conservatrice del partito, una mossa che gli consentirà ora di avere tutto l’establishment repubblicano al suo fianco dopo i dubbi del passato nei confronti di un candidato ritenuto troppo moderato.

Se la selezione del candidato vice-presidente, in genere, difficilmente ha un effetto decisivo sull’esito del voto a novembre, quella operata da Romney lancia però un segnale chiarissimo circa il suo spostamento a destra in questa campagna per la Casa Bianca. Con Ryan al suo fianco, infatti, Romney sembra annunciare che una sua eventuale futura amministrazione opererà senza scrupoli nell’ambito dei tagli alla spesa pubblica, mentre si adopererà per garantire nuovi benefici fiscali ai redditi più elevati.

La decisione presa da Romney rappresenta perciò anche una concessione alla fazione più radicale del proprio partito che nell’ultimo periodo aveva aumentato le pressioni sul candidato alla presidenza per scegliere un “running mate” dalle credenziali rigorosamente conservatrici. Paul Ryan è oltretutto apprezzato da testate molto influenti a destra, come il Wall Street Journal e il Weekly Standard, le quali entrambe nei giorni precedenti la nomina avevano pubblicato editoriali molto benevoli nei suoi confronti.

Per i giornali d’oltreoceano, la scelta del candidato alla vice-presidenza da parte di Romney avrebbe potuto ricadere su un repubblicano di basso profilo, come l’ex governatore del Minnesota, Tim Pawlenty, o il senatore dell’Ohio, Rob Portman, così da non sconvolgere le dinamiche della competizione, oppure su una figura, come appunto Paul Ryan, in grado di animare una parte dell’elettorato ma anche portatrice di rischi perché considerata troppo faziosa.

Quest’ultimo è infatti immediatamente identificabile come uno dei più accesi sostenitori a Washington delle ricette ultra-liberiste che hanno prodotto sia la crisi economica in atto che le crescenti diseguaglianze sociali negli Stati Uniti. In ogni caso, oltre ai già citati Pawlenty e Portman, Ryan ha dovuto superare la concorrenza anche di altri possibili candidati ben visti dalla destra del partito, come il senatore cubano-americano della Florida, Marco Rubio, e i governatori di Louisiana e New Jersey, rispettivamente Bobby Jindal e Chris Christie.

Paul Ryan è salito alla ribalta delle cronache di Washington nell’aprile del 2011, quando presentò un progetto di bilancio, chiamato “Percorso verso la prosperità”, che conteneva tagli alla spesa pubblica pari a 6.200 miliardi di dollari in dieci anni e la sostanziale liquidazione di Medicare, da trasformare in un programma sovvenzionato con fondi limitati per acquistare prestazioni sul mercato delle assicurazioni private.

Proprio l’identificazione di Ryan con lo smantellamento di Medicare potrebbe trasformare il voto di novembre in una sorta di referendum su questo programma pubblico, come temono in molti nel Partito Repubblicano, spostando il dibattito dalla prestazione di Obama in ambito economico.

Gli attacchi a Medicare sono infatti tradizionalmente un tema molto delicato nelle campagne elettorali americane, tanto che, ad esempio, i repubblicani vinsero le elezioni del 2010 soprattutto presentandosi come difensori di questo programma di fronte ai tagli contenuti nella riforma sanitaria approvata dai democratici qualche mese prima.

Le posizioni di Ryan sui programmi di assistenza pubblica non sono peraltro così lontane da quelle di alcuni membri democratici del Congresso. Nella versione della proposta di budget per il 2013, infatti, il parlamentare del Wisconsin ha presentato una proposta relativa a Medicare in parte modificata rispetto all’anno scorso dopo averla concordata con il senatore democratico dell’Oregon, Ron Wyden. Inoltre, lo stesso Obama lo aveva incluso tra i tre deputati repubblicani scelti per far parte della speciale commissione sulla riduzione del debito istituita nel 2010.

Ryan, infine, è anche attestato su posizioni di estrema destra sui temi sociali, essendosi in questi anni mostrato favorevole ad un emendamento costituzionale che definisca il matrimonio come un’unione tra persone di sesso opposto e fermamente contrario all’aborto in tutti i casi, alla legge che proibisce la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale sui luoghi di lavoro e all’adozione per coppie omosessuali.

Solo 42enne, Paul Ryan dovrebbe in teoria portare, almeno in termini di immagine, una ventata di freschezza ai vertici del Partito Repubblicano, anche se tutta la sua carriera si è svolta finora esclusivamente all’interno dell’istituzione più screditata nel panorama politico americano, il Congresso, dove è entrato per la prima volta nel 1999.

In termini più concreti, nelle aspettative del team di Romney la candidatura di Paul Ryan alla vice-presidenza dovrebbe aiutare i repubblicani a conquistare i voti elettorali del Wisconsin, stato considerato in bilico quest’anno dopo che Obama lo aveva vinto a mani basse nel 2008. Dal momento che Romney è nato nel vicino Michigan, dove suo padre era stato governatore, il candidato repubblicano spera così di ribaltare gli equilibri elettorali nei fondamentali stati manifatturieri del Midwest.

 

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