di Michele Paris

Il potente uomo politico giapponese Ichiro Ozawa è stato prosciolto qualche giorno fa dalle accuse di aver violato la legge locale sul finanziamento ai partiti. La sentenza emessa giovedì da un tribunale distrettuale di Tokyo getta le basi per il ritorno di Ozawa sulla scena politica nipponica e minaccia di destabilizzare ulteriormente il già impopolare governo in carica guidato dal suo compagno di partito, nonché rivale, Yoshihiko Noda.

Il 69enne Ozawa, vera e propria eminenza grigia del Partito Democratico (DPJ) al potere, nel corso di una carriera politica che dura da quattro decenni, ha frequentemente incontrato impedimenti sulla sua strada, spesso in momenti cruciali che sembravano dover segnare la sua definitiva consacrazione. Già segretario del Partito Liberal Democratico (LDP) conservatore, che ha governato il Giappone pressoché ininterrottamente dal dopoguerra al 2009, nei primi anni Novanta Ozawa formò un proprio movimento politico che sarebbe poi confluito nel DPJ di centro-sinistra nel 2003.

Le più recenti disavventure giudiziarie di Ichiro Ozawa erano iniziate nel maggio 2009, quando fu costretto a lasciare la carica di leader del Partito Democratico in seguito all’arresto di un suo collaboratore invischiato in un altro scandalo legato alla violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Questo inconveniente giunse qualche mese prima dello storico voto del settembre 2009 che decretò la netta vittoria del DPJ, impedendo ad Ozawa di conquistare l’incarico di formare il nuovo governo. Alla carica di primo ministro venne nominato invece Yukio Hatoyama, politico facente parte della corrente all’interno del partito che fa capo allo stesso Ozawa.

Il potenziale prossimo ritorno alla politica attiva di quest’ultimo minaccia di generare nuova instabilità nella compagine di governo giapponese, proprio mentre il premier Noda è impegnato a cercare la difficile approvazione dell’aumento della tassa sui consumi all’8% nel 2014 e al 10% nel 2015 per contenere un gigantesco debito pubblico. La nutrita corrente del DPJ fedele a Ozawa, così come l’LDP che controlla la camera bassa del parlamento, è infatti contraria alla tassa e, alla luce del nuovo scenario creato con l’assoluzione di giovedì, promette di dare battaglia per farla naufragare e assestare un colpo letale a ciò che resta del prestigio del primo ministro.

Le profonde divisioni all’interno del Partito Democratico sono apparse in tutta la loro gravità anche alla luce delle differenti reazioni dei suoi leader alla sentenza. Se per il primo ministro l’assoluzione è una questione puramente giuridica, il segretario e numero due del DPJ, Azuma Koshiishi, ha subito annunciato di voler prendere provvedimenti per reintegrare Ozawa nel partito.

L’ennesima resa dei conti all’interno del DPJ è prevista per il prossimo mese di settembre, quando dovrà essere eletto il nuovo presidente del partito. Il voto ha implicazioni più ampie per il paese, dal momento che tradizionalmente in Giappone il leader del partito di maggioranza accede alla carica di primo ministro.

Il caso giudiziario risolto l’altro giorno era stato riaperto nel gennaio 2011 a carico di Ozawa, accusato di aver falsificato le dichiarazioni relative a finanziamenti al suo partito per l’importo di circa 5 milioni di dollari. Lo scorso febbraio un tribunale aveva però respinto alcune delle prove contro di lui perché raccolte illegalmente dall’accusa. Ciononostante, il procedimento, evidentemente motivato politicamente, era proseguito. Secondo molti osservatori, Ozawa era stato punito per aver cercato di riformare il sistema giapponese, in gran parte controllato da una potente burocrazia statale a scapito dei politici eletti.

Sulle disavventure di Ozawa e sulle conseguenti vicende dei governi succedutisi dal 2009 hanno pesato anche le questioni di politica estera. Ozawa e i suoi alleati nel DPJ, oltre a promuovere un’agenda economica che predilige misure di spesa per stimolare la crescita rispetto a politiche di rigore, auspicano infatti un certo avvicinamento diplomatico di Tokyo alla Cina, dal momento che rappresentano quei settori dell’élite nipponica che hanno beneficiato dei sempre più intensi rapporti commerciali tra i due paesi vicini.

Questa politica, avanzata dallo stesso ex premier Hatoyama, aveva suscitato più di una preoccupazione negli Stati Uniti, i quali proprio a partire dall’ingresso di Obama alla Casa Bianca nel 2009 hanno decretato un cambiamento delle priorità strategiche americane, con al centro dell’attenzione l’Estremo Oriente in funzione di contenimento di Pechino. Questa svolta epocale decisa a Washington presuppone perciò una partnership sempre più stretta con i tradizionali alleati asiatici, a cominciare da paesi come Corea del Sud e, appunto, Giappone.

Anche per questo motivo, dunque, il governo Hatoyama ebbe vita breve, tanto che il premier vicino a Ozawa finì per dimettersi nel giugno del 2010 in seguito al mancato mantenimento della promessa di chiudere la base militare americana di Okinawa. Dopo Hatoyama, la fazione guidata da Ozawa fu messa in minoranza all’interno del Partito Democratico e perse le due successive sfide interne per la nomina dei successori alla guida del governo, Naoto Kan e, dal settembre 2011, Yoshihiko Noda.

Il nuovo rimescolamento delle carte nel panorama politico giapponese lascia intravedere tuttavia un possibile nuovo ribaltone nel paese del Sol Levante, sul cui governo del prossimo futuro influiranno in maniera determinante i nuovi equilibri all’interno del DPJ, a loro volta determinati, sul fronte interno, dagli obiettivi contrastanti dei grandi interessi economici nipponici e, su quello estero, dalla crescente rivalità tra Cina e Stati Uniti.

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