di Michele Paris

Con le tre vittorie conquistate martedì in altrettante primarie, Mitt Romney appare sempre più vicino alla nomination repubblicana. In quella che a tutti gli effetti è apparsa come una giornata decisiva per la corsa alla Casa Bianca, il miliardario mormone ha superato i propri rivali in Wisconsin, nel Maryland e nel Distretto federale di Columbia, a Washington.

La sfida più importante ed equilibrata era quella del Wisconsin, dove Romney ha ottenuto risultati convincenti anche tra quei votanti - conservatori, evangelici, aderenti ai Tea Party ed elettori meno istruiti e con redditi inferiori ai 50 mila dollari - che spesso nelle precedenti primarie gli avevano preferito Rick Santorum.

In Wisconsin, la composizione dell’elettorato repubblicano ha comunque consentito all’ex senatore ultraconservatore della Pennsylvania di rimanere in qualche modo competitivo. Qui, Romney ha raccolto il 42,5% dei consensi, staccando di quasi 5 punti Santorum (37,6%). Più indietro, e ormai fuori dai giochi, sono giunti il deputato libertario del Texas, Ron Paul (11,7%), e l’ex speaker della Camera, Newt Gingrich (6,1%).

Nelle altre due primarie di martedì, Romney ha vinto invece con un margine decisamente superiore, grazie alla prevalenza di elettori della media e alta borghesia suburbana che si sono recati alle urne. Nel Maryland, il 49,1% dei votanti si è espresso per il “front-runner” repubblicano e il 28,9% per Santorum. Nel District of Columbia, Romney ha addirittura sfondato la soglia del 70%, davanti a Paul (12%) e a Gingrich (10,7%), mentre Santorum non era nemmeno sulle schede elettorali. Le tre competizioni mettevano il palio un totale di 98 delegati, conquistati in gran parte da Mitt Romney.

Un nuovo rovescio decisivo per le residue velleità di nomination di Santorum è dunque arrivato ancora una volta da uno stato del Midwest, a testimonianza della sua incapacità non solo di eguagliare Romney sul piano finanziario, ma anche e soprattutto di allargare il suo appeal agli elettori di orientamento più moderato. Fino a qualche settimana fa, Santorum era dato in vantaggio in Wisconsin ma è stato progressivamente scalzato dal suo rivale, come era puntualmente accaduto in Ohio e in Michigan. La traiettoria calante di Santorum nel Midwest era peraltro già stata annunciata dalle più recenti primarie dell’Illinois, dove Romney si era imposto con un margine ben più consistente.

L’esito del voto in Wisconsin era guardato con particolare attenzione anche perché questo stato viene considerato in equilibrio tra repubblicani e democratici in vista di novembre. Nelle presidenziali, in realtà, l’ultimo candidato repubblicano ad aggiudicarselo è stato Ronald Reagan nel 1980, ma la rapida perdita di consensi di Obama a livello nazionale dopo la sua elezione nel 2008 ha determinato un risveglio della destra repubblicana, la quale sotto la spinta dei Tea Party nel 2010 ha messo le mani su entrambi i rami del parlamento locale e sulla carica di governatore.

Proprio il governatore del Wisconsin, Scott Walker, all’indomani del suo insediamento aveva proposto, e successivamente fatto approvare, una serie di impopolari misure anti-sindacali e fortemente penalizzanti per i dipendenti pubblici. Queste politiche hanno scatenato proteste e tensioni sociali senza precedenti in America negli ultimi tre decenni, dando vita ad un movimento di opposizione che misurerà la propria forza in una speciale elezione per rimuovere lo stesso governatore Walker il prossimo mese di giugno.

Le difficoltà che Santorum sta incontrando nel mese di aprile erano in ogni caso già state messe in preventivo dal suo team. Dopo il voto di martedì, il calendario repubblicano prevede per il giorno 24 le primarie di Connecticut, Delaware, New York, Rhode Island e Pennsylvania, tutte tranne l’ultima nettamente favorevoli a Romney. L’obiettivo di Santorum è così quello di limitare i danni in queste settimane per poi affrontare competizioni più agevoli a maggio in stati del sud e dell’ovest degli Stati Uniti, come North Carolina e, soprattutto, Texas.

Le ripetute affermazioni di Mitt Romney, tuttavia, lo stanno posizionando sempre più come inevitabile favorito per la nomination, così che nelle prossime settimane le pressioni su Santorum per abbandonare la corsa aumenteranno inevitabilmente. Se Santorum dovesse poi uscire sconfitto dalle primarie nel suo stato, la Pennsylvania, le chances di poter riprendere fiato a maggio, a quel punto, diventerebbero per lui pressoché inesistenti.

Secondo i più recenti sondaggi, Santorum conserva attualmente circa 6 punti percentuali di vantaggio su Romney nello stato che ha rappresentato al Senato per 16 anni, anche se l’ex governatore del Massachusetts ha da poco iniziato un’aggressiva campagna per ribaltare gli equilibri della sfida. Va ricordato comunque che le speranze di Santorum non sono legate alla possibilità di ottenere il numero di delegati necessari per assicurarsi la nomination, bensì unicamente al tentativo di impedire a Romney di raggiungere questo obiettivo al termine delle primarie e di giocarsi il tutto per tutto durante la convention del partito ad agosto.

D’altra parte, il vantaggio nel numero di delegati finora accumulati da Mitt Romney appare incolmabile per i suoi sfidanti. Secondo il conteggio non ufficiale della Associated Press aggiornato a mercoledì, Romney avrebbe un totale di 655 delegati, Santorum 278, Gingrich 135 e Paul 51. Per conquistare automaticamente la nomination repubblicana sono necessari 1.144 delegati.

Un altro segnale che sembra confermare la direzione ormai irreversibile presa dalla competizione repubblicana è il primo scambio di accuse a distanza tra Romney e il presidente Obama in previsione della campagna vera e propria che porterà all’election day del 6 novembre.

Nella giornata di martedì, il presidente democratico ha per la prima volta criticato Romney citandolo per nome nell’ambito di un attacco alla recente proposta di bilancio presentata dai repubblicani alla Camera e fatta di tagli devastanti alla spesa pubblica. Romney, a sua volta, nel discorso tenuto a Milwaukee dopo la diffusione dei primi risultati del voto in Wisconsin, ha preso di mira Obama per la sua incapacità a risolvere i problemi del paese senza fare alcun riferimento ai rivali repubblicani.

La sicurezza crescente del team di Romney è testimoniata anche dall’annuncio dell’avvio della raccolta di fondi destinati alla campagna elettorale per le presidenziali e dell’imminente coordinamento delle strategie finanziarie con l’organizzazione nazionale del Partito Repubblicano.

La sempre più marcata aggressività dello staff che lavora alla rielezione di Obama, infine, sta convincendo i vertici repubblicani della necessità di chiudere al più presto la sfida interna per la nomination, così da concentrarsi sull’inquilino democratico della Casa Bianca in vista di novembre. Tanto più che i sondaggi indicano un allargamento del vantaggio di Obama su Romney, come quello più recente della CNN, secondo il quale il presidente avrebbe un margine di 11 punti sul rivale repubblicano (54% a 43%) a livello nazionale e di 9 punti (51% a 42%) nei dodici stati considerati in bilico tra i due candidati.

Nelle prossime settimane, sono prevedibili perciò nuovi inviti a Santorum per fare un passo indietro e, nonostante le perplessità della destra del partito, un ulteriore compattamento dei ranghi in casa repubblicana attorno a Mitt Romney. Nei giorni che hanno preceduto il voto di martedì, questa evoluzione è stata confermata anche dall’appoggio ufficiale incassato dal favorito per la nomination di autorevoli membri del partito come l’ex governatore della Florida, Jeb Bush, ma anche del Senatore di quest’ultimo stato, Marco Rubio, e dell’influente presidente della commissione Bilancio della Camera, Paul Ryan, entrambi conservatori di ferro e, non a caso, considerati tra i più probabili candidati alla vice-presidenza in un’ipotetica amministrazione Romney.

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