di Michele Paris

Il candidato favorito per la conquista della nomination repubblicana martedì ha conquistato una nuova importante vittoria nelle primarie dell’Illinois. Il margine di vantaggio con cui Mitt Romney si è assicurato la maggior parte dei delegati in palio nello stato di Barack Obama è stato decisamente superiore alle aspettative ed è il risultato, oltre che della composizione dell’elettorato repubblicano in Illinois, dell’aggressiva e dispendiosa campagna elettorale volta a mettere in cattiva luce i rivali interni nella corsa alla Casa Bianca.

La vittoria di martedì va dunque ad aggiungersi a quelle che Romney già aveva ottenuto nelle precedenti settimane in altri due stati del Midwest - Michigan e Ohio - anche se qui la sfida con Rick Santorum era stata molto più equilibrata. Il distacco di quasi 12 punti percentuali inflitto all’ex senatore della Pennsylvania testimonia ancora una volta la preferenza per Romney degli elettori relativamente moderati che rappresentano la maggioranza dei repubblicani in questa regione degli Stati Uniti, così come di quella sezione della working-class bianca che vota per il “Gran Old Party” e che, secondo alcuni, avrebbe dovuto essere più in sintonia con il messaggio populista di Santorum.

In Illinois, Romney ha raccolto il 46,7% dei consensi, contro il 35% di Santorum. Molto lontani sono giunti Ron Paul (9,3%) e Newt Gingrich (8%), i quali non avevano praticamente fatto campagna elettorale nello stato. Romney si è assicurato il successo grazie al voto dei distretti di Chicago e della fascia che circonda la metropoli. Nelle aree rurali e dell’ovest dello stato, tradizionalmente più conservatrici, Santorum ha invece fatto meglio del rivale.

Dei 69 delegati complessivamente in palio in Illinois, Romney se ne sarebbe assicurati almeno 43 e Santorum una decina. Quest’ultimo è stato penalizzato anche dall’assenza del suo nome sulle schede in alcuni distretti elettorali. Le primarie di martedì assegnavano 54 delegati, mentre gli altri 15 saranno decisi dalla convention statale del partito in programma a giugno. Al saldo positivo di Romney in quest’ultima settimana hanno contribuito anche le primarie di domenica scorsa a Porto Rico, dove aveva vinto con un ampio margine su Santorum (88% a 8,5%), assicurandosi 22 delegati su 23.

La vittoria in Illinois consentirà nei prossimi giorni allo staff di Romney di ribadire l’appello all’unità nel partito attorno ad un solo candidato per la Casa Bianca in vista della sfida con il presidente Obama di novembre, nonostante i profondi dubbi che persistono nei suoi confronti tra l’ala conservatrice. Nel tentativo di promuovere la propria immagine di candidato “presidenziale”, Romney ha così festeggiato il successo di martedì proprio a Chicago, concentrando i suoi attacchi sullo stesso presidente democratico.

Grazie al numero di delegati finora accumulati, d’altra parte, Mitt Romney appare pressoché irraggiungibile. Per questo motivo, nei giorni precedenti le primarie in Illinois, Santorum aveva più volte sollevato l’ipotesi di una convention “divisa” o “aperta”, quando il Partito Repubblicano si riunirà a Tampa, in Florida, a fine agosto per stabilire ufficialmente il proprio candidato alla presidenza.

L’unica speranza per Santorum è infatti legata al mancato raggiungimento da parte di Romney della soglia dei 1.144 delegati che assegnerebbe automaticamente la nomination repubblicana. Nel caso Romney dovesse giungere alla convention senza la maggioranza assoluta dei delegati in palio, sostiene Santorum, il partito potrebbe decidere di attribuire la nomination al candidato che più rappresenta i valori conservatori, cioè lo stesso ex senatore della Pennsylvania.

In questa prospettiva, per molti osservatori risulterebbe fondamentale la permanenza nella corsa di Newt Gingrich. Se da un lato l’ex speaker della Camera continua a sottrarre voti conservatori a Santorum, dall’altro la sua continua presenza sulle schede elettorali toglie delegati allo stesso Romney, dal momento che essi vengono assegnati in gran parte su base proporzionale. Tanto più che molti sostenitori di Gingrich appaiono lontani dal fondamentalismo cristiano di Santorum e, con l’eventuale uscita di scena del loro candidato preferito, potrebbero dirottare il loro voto proprio su Romney.

A tenere accesa qualche residua speranza per Santorum sono anche le oscure regole delle primarie del Partito Repubblicano. Il conteggio e le proiezioni dei delegati conquistati dai vari candidati sono resi incerti dal fatto che essi, a seconda dei vari stati, sono suddivisi tra coloro che sono liberi di scegliere quale candidato appoggiare alla convention (“unpledged”), quelli che sono legati all’esito di primarie e caucus (“bound”) e quelli che, pur essendo teoricamente vincolati ai risultati, possono cambiare idea durante la convention stessa senza subire sanzioni (“pledged”).

Secondo il calcolo della Associated Press, dopo il voto in Illinois, Mitt Romney avrebbe raccolto un totale di 563 delegati, Rick Santorum 263, Newt Gingrich 135 e Ron Paul 50. Più bassi per tutti i candidati sono i numeri forniti dal Partito Repubblicano, il quale non include per ora i delegati non vincolati che hanno comunque già espresso la loro preferenza. Più favorevole a Santorum è infine la stima del suo team, in quanto tiene in considerazione l’ipotesi che molti delegati possano abbandonare il campo di Romney da qui alla convention.

A breve, in ogni caso, la competizione in casa repubblicana avrà con ogni probabilità un altro temporaneo capovolgimento di fronte in seguito alle primarie di sabato prossimo in Louisiana (46 delegati in palio), stato del sud degli Stati Uniti dove Santorum parte da favorito dopo i successi di settimana scorsa nei vicini Alabama e Mississippi. Ad aprile, tuttavia, Romney potrebbe chiudere definitivamente il discorso grazie ad una serie di primarie in stati, soprattutto nel nord-est del paese, dove l’elettorato repubblicano appare più moderato. Il mese prossimo, l’unica possibile vittoria di un certo peso per Santorum potrebbe arrivare dal suo stato, la Pennsylvania, che voterà il 24 aprile.

Le difficoltà per Rick Santorum, che si riflettono nel margine incolmabile di delegati rispetto a Romney, sono emerse anche martedì in Illinois, dove i sondaggi della vigilia davano una sostanziale equilibrio tra i due favoriti. L’ex senatore di fede cattolica fatica cioè a trovare un seguito consistente in quegli stati dove l’elettorato repubblicano appare relativamente eterogeneo o a maggioranza di orientamento moderato. I suoi successi sono finora giunti, al contrario, in stati dove a prevalere erano i seguaci dei Tea Party, i cristiani evangeli e, più in generale, gli elettori ultra-conservatori, i quali complessivamente sono però una minoranza su scala nazionale.

Questi stenti sono peraltro la conseguenza inevitabile delle posizioni tenute in campagna elettorale dallo stesso Santorum. Quest’ultimo, indicato da un recente profilo del Washington Post come molto vicino agli ambienti dell’Opus Dei, ha puntato tutto sui temi sociali e sulle questioni morali che tanto stanno a cuore all’estrema destra repubblicana, senza fare mistero della sua avversione per il principio di separazione tra Stato e Chiesa.

Queste sue opinioni, assieme alla sostanziale estraneità alle questioni economiche, in cima alla lista delle preoccupazioni della maggioranza degli elettori americani e che con ogni probabilità saranno al centro del dibattito con il presidente Obama il prossimo autunno, sono in sostanza alla base sia della sorprendente ascesa di Santorum che della ormai pressoché inevitabile sconfitta che lo attende al termine di una insolitamente lunga stagione di primarie repubblicane.

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