di Michele Paris

Le elezioni anticipate di sabato scorso in Slovacchia hanno assegnato, come previsto, una nettissima maggioranza all’opposizione social-democratica dell’ex premier, Robert Fico. A uscire sconfitta è stata così la coalizione del primo ministro uscente, Iveta Radicová, il cui governo era di fatto crollato lo scorso ottobre sul voto di fiducia per l’approvazione del Fondo Europeo di Stabilità (EFSF).

In quell’occasione, il Parlamento slovacco riuscì a dare il via libera alla legislazione richiesta da Bruxelles solo grazie all’appoggio dei social-democratici, i quali in cambio chiesero appunto il voto anticipato.

Secondo i dati definitivi, il partito di centro-sinistra SMER-Socialdemocrazia di Fico ha ottenuto il 44,4% dei consensi che si tradurrà in 83 dei 150 seggi in Parlamento. Grazie a questo risultato, Fico - già premier tra il 2006 e il 2010 - sarà in grado di formare un nuovo governo senza ricorrere al sostegno di altri partiti. Una situazione questa del tutto insolita per la Slovacchia, che ha avuto governi di coalizione fin dalla divisione della Cecoslovacchia nel 1993.

La campagna elettorale per il voto di sabato ha visto al centro del dibattito lo scandalo-corruzione esploso alla fine dello scorso anno e che ha coinvolto praticamente tutti i partiti slovacchi, rivelando le modalità con le quali la classe dirigente ha governato il paese da quasi due decenni a questa parte.

Lo scandalo è legato alla cosiddetta operazione “Gorilla”, condotta tra il 2005 e il 2006 dai servizi segreti slovacchi, i quali avevano piazzato delle microspie in un appartamento di Bratislava dove avvenivano incontri segreti tra importanti personalità del mondo politico e imprenditoriale. Il materiale così raccolto ha documentato la corruzione ampiamente diffusa nella gestione degli affari pubblici in Slovacchia. La pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni lo scorso dicembre ha portato a numerose proteste di piazza in molte città alle quali hanno partecipato decine di migliaia di persone.

Lo scandalo “Gorilla” ha messo in luce un sistema corrotto con al centro, soprattutto, le privatizzazioni delle aziende statali e l’assegnazione degli appalti pubblici. A farne le spese nelle urne è stato in particolare il partito del premier Radicová, l’Unione Democratica e Cristiana Slovacca (SDKU-DS), al governo nel 2005-2006 sotto la guida di Mikulás Dzurinda, attuale ministro degli Esteri e presidente del partito. L’SDKU-DS è così andata incontro ad un autentico tracollo, passando dal 15,4% dei consensi raccolti nel 2010 al 5,9% di sabato.

Quest’ultimo partito e gli altri tre della coalizione di governo uscente avranno complessivamente appena 51 seggi nel prossimo Parlamento, contro i 79 vinti nelle precedenti elezioni. Nel giugno 2010 i quattro partiti di centro-destra, nonostante i socialdemocratici di SMER avessero ottenuto la maggioranza relativa, diedero vita ad un’alleanza di governo alquanto instabile. Il premier Radicová è riuscita in due anni a portare comunque a termine alcune delle “riforme” richieste dalle élite economico-finanziarie slovacche e dall’Unione Europea, come quella delle pensioni, del settore pubblico e del fisco.

Tra le altre formazioni politiche in corsa sabato, il nuovo partito conservatore Gente Comune, fondato lo scorso ottobre e protagonista di una campagna anti-corruzione, ha vinto 16 seggi, mentre l’ultra-nazionalista Partito Nazionale Slovacco (SNS) non è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 5% per entrare in Parlamento. L’affluenza, infine, è stata superiore alle aspettative e attestata al 59,1%, cioè praticamente simile al 2010.

Tra le promesse elettorali del premier in pectore, Robert Fico, ci sarebbe il mantenimento dell’attuale livello di spesa sociale, l’aumento del carico fiscale per le aziende e le classi più agiate, l’eliminazione della tassa sui redditi ad aliquota unica (19%) introdotta dal precedente governo e lo stop alle privatizzazioni.

Nonostante la retorica, tuttavia, le politiche del prossimo governo slovacco non si scosteranno in maniera sostanziale da quelle degli ultimi due anni. Fico ha infatti già confermato di voler rispettare gli impegni presi dal suo paese riguardo la messa in ordine delle finanze: il deficit di bilancio dovrà così scendere quest’anno al 4,6% del PIL e al 3% nel 2013. Questi obiettivi, ovviamente, dovranno essere raggiunti con ingenti tagli alla spesa pubblica.

Allo stesso modo, come dimostra il voto sul Fondo di Stabilità, il leader social-democratico appoggia in pieno le misure UE per la risoluzione della crisi del debito e il salvataggio della moneta unica, introdotta in Slovacchia nel 2009 sotto la guida dello stesso Fico. Orientamenti di questo genere, inevitabilmente, porteranno nell’immediato futuro all’adozione di nuove pesanti misure di austerity anche in questo paese già segnato da tassi di povertà e disoccupazione ben superiori alla media europea.

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