di Carlo Benedetti

Mirjana Markovic MOSCA. L'alleanza slava tra la Russia e la Serbia è di nuovo alla prova. Archiviato il ''caso Slobodan Milosevic'' (con un Cremlino che non ha mai visto di buon occhio le sedute del Tribunale dell'Aja) scoppia ora la questione della vedova dell'ex leader yugoslavo. Perchè la Corte distrettuale di Belgrado ha annunciato l'imminente ripristino dell'ordine di arresto nei confronti di Mirjana Markovic, accusata di vari reati di malversazione. Il problema che si apre è quello relativo alla estradizione della ex first lady di Belgrado che, dal febbraio 2003, si è rifugiata a Mosca. Lontana, quindi, dalla portata degli organi giudiziari della nuova Serbia, dopo che era riuscita a farsi sospendere un mandato di cattura, in cambio del pagamento d'una cauzione. Ed era stato, quello, un beneficio che il tribunale di Belgrado le aveva concesso per consentirle di tornare in patria e assistere ai funerali del marito, morto in una cella di quel Tribunale internazionale dell'Aja (Tpi) dove era sotto processo per i crimini delle guerre jugoslave degli anni '90. Ma allora Mirjana decise, per prudenza, di non lasciare la capitale russa. Ora Belgrado torna all'attacco. La revoca della sospensione del provvedimento è stata decisa dalla Corte in quanto non si è presentata a una successiva convocazione e non ha neppure comunicato ai giudici belgradesi il cambiamento del suo indirizzo moscovita. Ed è chiaro che, da questo momento, entra in clandestinità con la copertura delle autorità russe.
Ma non c'è solo Mirjana nell'arena del conflitto Belgrado-Mosca. Perchè tornano d'attualità quelle procedure giudiziarie che la magistratura serba ha avviato nei confronti dei due figli dei coniugi Milosevic: Marko - coinvolto nei traffici più disparati - e la solitaria, misteriosa e defilata Marija.
Marko, che risulta ancora rifugiato in Russia (ma secondo alcune voci avrebbe già trovato asilo politico nel Kasachstan), si è visto però annullare un mandato d'arresto emesso a suo tempo dalla Serbia per il suo presunto coinvolgimento in minacce e affari sporchi, oltre che per un'aggressione. Grava però su di lui un nuovo ordine di cattura. Quanto a Marija, separata dal resto della famiglia, si sa che ha trovato riparo in Monenegro riuscendo così a sfuggire all'arresto per essersi opposta alle forze di polizia nel momento in cui il padre, a Belgrado, veniva ammanettato.

Problemi in arrivo, quindi, per il Monenegro, ma soprattutto per la Russia, dal momento che l'occidente, saldati i conti con Milosevic, si appresta a portare avanti il caso di Mirjana. Una donna - scrivono i giornali di Mosca - che è stata l'ideologa del regime yugoslavo.
Sulla sua figura tornano a circolare le definizioni più varie: ''malvagia psicopatica'', ''strega rossa'', ''genio del male''... E c'è chi, in questo clima, ricorda il suo diario nel settimanale belgradese Duga (racconti sul canto degli uccelli, sull'erba tagliata di fresco e sulle previsioni relative al futuro del paese...) e ricostruisce la sua biografia. Figlia di una partigiana uccisa dai tedeschi; compagna di Slobodan Milosevic e sempre alla testa del Partito della Sinistra Yugoslava (Yul). Ora, a 63 anni, (donna robusta, dita tozze, grandi occhi scuri, frangetta da scolara con un casco compatto di capelli tinti di nero) si ritrova nascosta a Mosca dove rischia sempre più di divenire un ostacolo ai buoni rapporti che Putin ha voluto e vuole stabilire con la Belgrado del dopo-Milosevic. Il ''caso'' si avvia a diventare, quali che siano i processi che verranno, un fenomeno mediatico che il Cremlino vorrebbe allontanare dal suo territorio.

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