di Michele Paris

Al termine di una settimana che ha sconvolto gli equilibri nella corsa alla nomination repubblicana, l’ex speaker della Camera dei Rappresentanti, Newt Gingrich, ha conquistato una netta vittoria nelle terze primarie dell’anno, riaprendo inaspettatamente una competizione che sembrava ormai chiusa dopo il voto del New Hampshire.

In Carolina del Sud, Gingrich ha staccato il favoritissimo Mitt Romney e la sorpresa dei caucus dell’Iowa, Rick Santorum, capitalizzando i consensi degli evangelici e dei conservatori, più che mai decisivi per l’assegnazione dei delegati in palio nel primo appuntamento elettorale nel sud degli Stati Uniti.

La campagna di Gingrich per la Casa Bianca è stata dunque resuscitata sabato almeno per la seconda volta a partire dallo scorso anno. Dato per finito in partenza, l’ex leader repubblicano di maggioranza negli anni Novanta era stato protagonista di un imprevisto recupero nei sondaggi, per poi finire vittima del fuoco incrociato dei rivali che fin dalla vigilia delle primarie lo avevano bersagliato con un’ondata di messaggi televisivi negativi.

A fermare l’ascesa di Gingrich in Carolina del Sud non sono riusciti, nell’ultima settimana, nemmeno un’intervista rilasciata alla ABC della sua seconda moglie, Marianne, la quale ha raccontato delle infedeltà del marito durante il loro matrimonio, né l’appoggio ufficiale dato a Rick Santorum dai leader evangelici americani nel corso di un meeting in Texas. Secondo i dati ufficiali, Newt Gingrich ha così ottenuto il 40,4% dei suffragi espressi, contro il 27,8% di Mitt Romney, il 17% di Santorum e il 13% del deputato libertario del Texas, Ron Paul.

Nella settimana precedente il voto in Carolina del Sud, il campo degli sfidanti in casa repubblicana si era ridotto a quattro. L’ex governatore dello Utah e già ambasciatore di Obama in Cina, John Huntsman, e il governatore del Texas, Rick Perry, avevano infatti abbandonato la corsa a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, contribuendo a veicolare una parte del voto moderato e conservatore sui candidati rimasti in gara.

Il risultato di sabato della Carolina del Sud potrebbe in realtà rappresentare solo un ostacolo temporaneo nel percorso verso la nomination di Romney, il quale rimane di gran lunga il candidato meglio finanziato e con l’organizzazione più solida in vista di una possibile sfida prolungata. Oltre al fatto che dal 1980 il vincitore delle primarie repubblicane in questo Stato ha sempre finito per conquistare la nomination, la vittoria di Gingrich può aver determinato una dinamica temuta dal team di Romney, cioè la convergenza del voto conservatore su un unico candidato, mettendo fine alle divisioni nell’ala destra del partito di cui aveva appunto beneficiato il miliardario mormone.

Anche se i sondaggi subito dopo le primarie del New Hampshire lo davano con un chiaro margine sui rivali in Carolina del Sud, Romney è andato incontro a una serie di contrattempi che hanno finito per essergli fatali in uno Stato nel quale l’elettorato repubblicano risultava già di per sé cauto nei confronti del suo messaggio relativamente moderato. A contribuire al suo declino sono stati poi altri fattori, a cominciare dall’agguerrita prestazione di Gingrich nei due dibattiti televisivi che hanno preceduto il voto.

Un paio di giorni prima, inoltre, il Partito Repubblicano dell’Iowa aveva rivelato che il riconteggio delle schede dei caucus del 3 gennaio aveva dato un risultato diverso, privando Romney della vittoria - inizialmente annunciata con un margine di appena otto voti - e consegnandola a Rick Santorum.

La retorica populista adottata dai rivali ha poi contribuito a dipingere Romney come un candidato lontano dai bisogni delle classi più disagiate. Pressato soprattutto da Gingrich a rivelare la propria dichiarazione dei redditi, Romney si è limitato a valutare attorno al 15% il carico fiscale gravante sulle sue entrate milionarie, mentre in un’altra occasione ha definito “non molto” il compenso ricevuto per i suoi discorsi pubblici nel corso del 2010 e pari a 374 mila dollari.

Con la sfida repubblicana almeno parzialmente riaperta, i candidati sposteranno ora la loro attenzione verso il prossimo appuntamento, previsto per il 31 gennaio in Florida, il primo grande Stato americano a tenere le primarie repubblicane. Qui, dove il mercato pubblicitario televisivo è estremamente costoso e dove lunedì andrà in scena un nuovo dibattito, si stanno già riversando svariati milioni di dollari, soprattutto delle Super PAC affiliate in maniera non ufficiale ai candidati, come quella di Romney che ha speso 4 milioni ancora prima dell’inizio ufficiale della campagna elettorale nello Stato. E anche qui, Gingrich sembra essersi portato avanti, grazie alla manifestazione tenuta alcuni giorni orsono a Miami dove la lobby cubanoamericana gestita dalla FNCA ha già promesso il suo sostegno in cambio delle promesse di "mano dura contro Cuba" offerte dall'ex speacker del Congresso. Un'ulteriore segno di una candidatura all'insegna del bellicismo reazionario che conferma l'indirizzo elettorale dei fan repubblicani.

Anche se sconfitti nettamente, Rick Santorum e Ron Paul hanno annunciato infine di voler rimanere in corsa. Se per il 76enne Paul il risultato negativo in Carolina del Sud era ampiamente previsto (il suo staff è già concentrato nelle primarie e caucus negli USA occidentali che seguiranno la Florida) Santorum sperava in una prestazione migliore dopo le notizie positive dei giorni precedenti. Lo spostamento dei voti conservatori verso Gingrich non preannuncia perciò nulla di buono per l’ex senatore della Pennsylvania, il quale oltretutto non può contare sulle finanze e sull’organizzazione dei suoi rivali.

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