di Michele Paris

Nella serata di mercoledì è andato in scena negli Stati Uniti il primo vero importante dibattito pubblico tra i contendenti alla nomination del Partito Repubblicano per le presidenziali del 2012. A dominare l’incontro dai toni accesi sono state le critiche nei confronti della politica del presidente Obama e, soprattutto, gli attacchi reciproci tra i due principali sfidanti che animeranno la competizione nei prossimi mesi.

Il dibattito repubblicano si è svolto presso il Ronald Reagan Museum and Library di Simi Valley, in California, ed ha in sostanza confermato l’evoluzione all’interno del “GOP Party” che era apparsa evidente già nelle ultime settimane. Il recente ingresso nella corsa alla nomination del governatore del Texas, Rick Perry, ha cioè sconvolto le dinamiche della competizione rispetto ai primi mesi di campagna elettorale e, di conseguenza, ha sancito che la sfida per la leadership del partito sarà, salvo sorprese, una questione limitata allo stesso Perry e a Mitt Romney.

A dimostrazione di ciò, gli scambi di battute tra questi ultimi hanno praticamente monopolizzato le quasi due ore di diretta televisiva, durante le quali gli altri candidati presenti hanno faticato a trovare spazio. Oltre a Rick Perry e all’ex governatore del Massachusetts, hanno partecipato al dibattito la deputata del Minnesota Michele Bachmann, il deputato libertario del Texas Ron Paul, l’ex speaker della Camera dei Rappresentanti Newt Gingrich, l’ex governatore dello Utah e già ambasciatore in Cina per l’attuale amministrazione John Huntsman, l’ex senatore della Pennsylvania Rick Santorum e l’imprenditore di colore Herman Cain.

Il confronto tra Perry e Romney non ha in realtà rivelato significative differenze nei contenuti dei rispettivi programmi, quanto piuttosto una diversità di stile e di toni. In ogni caso, il governatore del Texas presenta posizioni leggermente più conservatrici rispetto a Romney, relativamente moderato almeno rispetto agli standard della politica di Washington, il cui baricentro negli ultimi anni si è spostato notevolmente a destra. Lo scontro tra i due, così, si è risolto in uno scambio di accuse reciproche relative al loro passato e alle precedenti esperienze politiche.

Le questioni più calde del dibattito sono state quelle legate alla situazione economica americana, alla riforma sanitaria di Obama e ai programmi pubblici di assistenza (Social Security), per tutti o quasi da smantellare o ridurre drasticamente. Su tutti i punti i candidati hanno espresso il loro disaccordo con quanto fatto finora da Barack Obama.

L’aspetto più sentito è stato quello della creazione di nuovi posti di lavoro, affrontato a loro modo dai repubblicani proprio alla vigilia del discorso del presidente al Congresso per presentare il proprio piano di rilancio dell’economia. Tutte le ricette GOP prevedono ovviamente misure pro-business, come i tagli all’aliquota fiscale delle corporation, sostenuta recentemente dallo stesso Mitt Romney nel suo programma economico, o la soppressione di molte regolamentazioni nel settore privato.

I candidati hanno messo in discussione le capacità dei rispettivi avversari di creare nuovo impiego. Rick Perry ha sostenuto di aver creato un numero maggiore di posti di lavoro nell’ultimo anno in Texas rispetto a quanto fatto da Romney durante i suoi quattro anni alla guida del Massachusetts, senza ricordare peraltro che il primo stato conta 25 milioni di abitanti contro i 6,5 del secondo.

Sulla sanità Mitt Romney ha dovuto nuovamente far fronte alle critiche di Rick Perry e degli altri compagni di partito che lo accusano di aver creato in Massachusetts un programma di assistenza che sarebbe servito da modello alla riforma votata dal Congresso lo scorso anno. Il miliardario mormone ha replicato annunciando di volere abrogare la riforma di Obama in caso di successo nel 2012 e difendendo comunque la legge adottata in Massachusetts, a suo dire non replicabile nel resto degli Stati Uniti.

Pur avendo fatto irruzione sulla scena politica nazionale con una macchina elettorale ben finanziata ed essendo in vantaggio nei sondaggi tra gli elettori repubblicani, la figura di Rick Perry - ex democratico, diventato repubblicano nel 1989 - suscita non poche perplessità anche all’interno del suo stesso partito. Alcune sue posizioni risultano infatti decisamente troppo estreme per trovare un vasto sostegno nell’elettorato americano. Nel dibattito di ieri, ad esempio, Perry ha ribadito il suo giudizio sul sistema pensionistico, definito nient’altro che uno “schema Ponzi”, mentre ha nuovamente negato che il riscaldamento globale sia opera dell’uomo, mostrandosi contrario a qualsiasi intervento governativo per limitare le emissioni in atmosfera.

Se è vero che gli elettori repubblicani che votano nelle primarie sono in genere quelli più conservatori, essi tendono comunque a tenere in considerazione la cosiddetta “eleggibilità”, la capacità cioè del candidato scelto di fare appello ad una fetta più larga di elettorato - principalmente agli indipendenti - per avere concrete possibilità di battere l’avversario democratico. Questo problema di Perry potrebbe emergere nel corso della campagna, tanto più che un sondaggio di agosto della CNN ha evidenziato come il 57 per cento degli stessi elettori repubblicani sia contrario a modifiche sostanziali di “Social Security” e del programma di assistenza sanitaria per anziani, Medicare.

Su questa debolezza del rivale interno imposterà la propria campagna Mitt Romney, il cui appeal risulta comunque tutt’altro che irresistibile. Quest’ultimo, durante il dibattito in California, ha inoltre accusato Perry di essere un politico di carriera e di non avere esperienza nel settore privato, requisito necessario a suo dire per risollevare l’economia americana. Il curriculum di Romney include invece alcuni anni al vertice di una compagnia d’investimenti, grazie alla quale si è arricchito smantellando aziende e licenziando centinaia di persone.

La corsa a due che si prospetta in casa repubblicana ha inferto un colpo quasi mortale alle ambizioni di Michele Bachmann, la carismatica deputata ultraconsevatrice beniamina dei Tea Party, come ha dimostrato la sua difficoltà a farsi notare durante il dibattito. La Bachmann nel mese di agosto aveva vinto il cosiddetto “straw poll” dell’Iowa, cioè un voto nel quale una manciata di elettori repubblicani è chiamata a scegliere il proprio candidato preferito, sperando così di dare un impulso alla propria campagna elettorale. L’arrivo di Perry, invece, sembra averla privata improvvisamente di gran parte dell’appoggio dell’ala conservatrice del partito, relegandola ad un ruolo di secondo piano nella corsa alla nomination.

Il basso profilo complessivo dei candidati repubblicani alla Casa Bianca o le posizioni estreme sostenute da alcuni di essi sembrano giocare oggi in favore del presidente Obama. La pericolosa china verso cui sembra incamminata ancora una volta l’economia americana, nonché il conseguente malcontento diffuso per l’Amministrazione democratica, potrebbe però offrire una seria occasione al candidato repubblicano che si aggiudicherà la nomination, rischiando di complicare i piani di Obama per quella che sembrava una facile corsa verso la conquista del suo secondo mandato.

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