di Luca Mazzucato

L'esercito israeliano ha occupato mercoledì mattina il sud della Striscia di Gaza, a quasi un anno dal ritiro unilaterale voluto da Sharon. Nella notte di martedì, i bombardamenti dell'aviazione israeliana hanno raso al suolo i tre ponti che collegano il nord al sud della Striscia e distrutto le centrali elettriche che danno la luce (e l'acqua) a un milione e trecentomila palestinesi, che vivono sotto il controllo dell'ANP. L'offensiva di Tel Aviv è tanto massiccia quanto improvvisa; centinaia di soldati hanno preso il controllo del territorio palestinese al seguito dei blindati e protetti da un continuo fuoco aereo, mentre migliaia di famiglie palestinesi hanno abbandonato le loro case a Rafah e nei villaggi circostanti. Al nord della Striscia, altre divisioni sono ammassate lungo il confine, in attesa del via libera di Olmert all'occupazione di Gaza city. Il rapimento del soldato israeliano

La rapidissima escalation militare è iniziata domenica scorsa, quando un gruppo di militanti palestinesi, appartenenti al Comitato di Restistenza Popolare, ad Hamas e al finora sconosciuto Esercito dell'Islam, hanno attaccato alcune postazioni israeliani al confine sud della Striscia, uccidendo due soldati e catturandone un terzo. L'azione di guerriglia ha scatenato una reazione a catena incontrollata nell'establishment israeliano. Solitamente, dopo un attacco suicida contro civili israeliani, la rappresaglia dell'esercito consiste nella chiusura dei check point in West Bank e nell'omicidio mirato di militanti palestinesi. Nel momento in cui, invece di attaccare i civili, vengono presi di mira i soldati dell'IDF, la reazione israeliana è di una violenza senza precedenti, fatto che getta forse luce sui reali equilibri di potere tra le leadership militare e politica in Israele. Il comandante in capo dell'esercito, Dan Halutz, preme fin dalle prime ore per andare a riprendersi il soldato rapito con una vasta operazione di fanteria, per stanare i terroristi casa per casa lungo la Striscia e, secondariamente, per "tenere alto il morale delle truppe." L'attacco palestinese infatti ha colto i soldati israeliani completamente alla sprovvista, come ha ammesso lo stesso Halutz. In una dichiarazione congiunta, i gruppi militari palestinesi hanno affermato che l'operazione militare è la rappresaglia per il massacro della famiglia palestinese sulla spiaggia di Gaza city alcune settimane fa. La nuova strategia contro l'occupazione, aggiungono i militanti, sarà il rapimento di israeliani; a poche ore di distanza infatti, il Comitato di Resistenza Popolare rapisce un colono israeliano nei pressi di Ramallah, chiedendo in cambio del suo rilascio il blocco delle operazioni a Gaza. Tuttavia, mercoledì, poche ore dopo l'invasione di Gaza, il colono viene trovato morto.

Fonti dei gruppi armati palestinesi chiedono in cambio del soldato rapito il rilascio dei bambini e delle donne palestinesi, incarcerati a centinaia nelle prigioni palestinesi. Tuttavia, Olmert e Peretz dichiarano fin dalle prime ore di ritenere il Presidente palestinese Abbas e il Primo Ministro Haniyeh, direttamente responsabili del sequestro e, rifiutando qualsiasi trattativa, pongono un ultimatum per il rilascio del soldato, minacciando di rioccupare la Striscia di Gaza in caso contrario. Le pressioni diplomatiche di Egitto, Giordania, Europa e Stati Uniti, che premono su Abbas per il rilascio del soldato, non portano a nessun risultato.

L'ironia della sorte vuole che Olmert autorizzi l'offensiva contro il "governo terrorista palestinese" proprio martedì notte, mentre Hamas e Fatah sottoscrivono, dopo settimane di trattative, il "documento dei prigionieri", elaborato nelle carceri israeliane dal leader di Fatah Marwan Barghouti.
In questo accordo, con cui Hamas riconosce implicitamente l'esistenza dello Stato di Israele, tutte le fazioni palestinesi, compresi Hamas e Jihad, si impegnano a limitare gli attacchi all'interno dei territori occupati nel '67 e riconoscono l'OLP come unico rappresentante del popolo palestinese negli accordi internazionali. Tuttavia, la notizia di questa storica intesa tra Hamas e Fatah è stata coperta dal rumore degli F16 israeliani che, passando a bassissima quota sopra Gaza, terrorizzano la popolazione intensificando i boom sonici nelle ore precedenti all'invasione.

Un avvertimento alla Siria

L'operazione in atto in queste ore a Gaza fa parte della nuova strategia di Olmert e Peretz contro il "governo del terrore" palestinese. Da una parte, è chiaro il messaggio ai gruppi militanti palestinesi: i soldati israeliani non devono essere toccati, altrimenti la reazione israeliana sarà "proporzionalmente cento volte più violenta," come ha dichiarato recentemente il Capo di stato maggiore. Siccome Israele non riconosce il governo palestinese guidato da Hamas, i soldati rapiti non vengono considerati da Gerusalemme ordinari prigionieri di guerra, ma vittime di attacchi terroristici. D'ora in poi nessun luogo sarà più sicuro per gli esponenti di Hamas. Olmert ha indicato come mandante del sequestro del soldato a Gaza il capo di Hamas, Khaled Meshaal, in esilio in Siria. Meshaal è già scampato ad un rocambolesco tentativo di assassinio nel 1997, quando due agenti del Mossad lo avvelenano in Giordania, ma vengono prontamente arrestati e Re Hussein ottiene dal governo di Gerusalemme l'antidoto in cambio del rilascio degli agenti.
In seguito, Meshaal ha trovato asilo in Siria e Israele ritiene quindi Assad, il presidente siriano, connivente con il gruppo terrorista. Mercoledì mattina, mentre le truppe israeliane entravano a Gaza, Olmert ha pensato di lanciare un avvertimento al governo siriano, mandando alcuni F16 israeliani a volteggiare a bassa quota sopra la residenza del presidente siriano per alcuni minuti, in un esplicito messaggio che vuol significare che l'esercito israeliano può colpire ovunque i propri nemici. L'incursione aerea ha suscitato reazioni irritate a Mosca, dove si sta svolgendo il G8, ma soprattutto ha provocato un'inedita reazione della Giordania e del Libano, che hanno espresso il loro supporto alla Siria contro l'aggressione israeliana. Questo avvertimento al governo di Damasco è probabilmente legato, oltre che all'appoggio ad Hamas, anche al recente piano di collaborazione militare che la Siria ha stretto con l'Iran con la clausola di reciproca difesa in caso di attacco da parte di Israele, i cui piani per l'attacco ai reattori iraniani sono ben noti.

Israele rapisce il governo palestinese

L'ultimo tassello nella nuova strategia israeliana è stato messo a punto giovedì mattina. Mentre l'esercito ammassava migliaia di soldati sul confine nord della Striscia, in West Bank la polizia israeliana arrestava sessantatrè membri del Parlamento palestinese, tra i quali sette ministri del governo di Hamas, decapitando in sostanza l'esecutivo eletto dai palestinesi in Gennaio. Questa decisione ha letteralmente tradotto nei fatti la minaccia a caldo del governo israeliano di reagire al rapimento di soldati con il sequestro del governo palestinese.
Gli esponenti politici sono stati tradotti nelle prigioni israeliane. Privati della residenza a Gerusalemme Est, verranno processati per aver organizzato le attività terroristiche durante la seconda Intifada.

La reazione dei vertici dell'ANP è stata duplice. Da una parte, il Primo ministro Haniyeh ha denunciato gli arresti come una "dichiarazione di guerra contro il popolo palestinese" e il resto del governo palestinese a Gaza è entrato in clandestinità. Il leader di Hamas in Libano ha fatto sapere che a questo punto il soldato israeliano sarà liberato solo in cambio del rilascio di tutti i prigionieri palestinesi ed in caso contrario deve essere giustiziato al più presto. A meno di un miracolo, sembra quindi che l'escalation militare abbia ridotto al minimo le speranze di recuperare in vita il diciottenne soldato israeliano.
Mamhoud Abbas, dal canto suo, ha colto l'occasione degli arresti dei ministri per promuovere la formazione di un nuovo governo di emergenza per fronteggiare la crisi e l'occupazione sotto la bandiera dell'unità nazionale. Se da una parte questa mossa riavvicinerebbe le due fazioni di Fatah e Hamas alla luce dell'accordo sul "documento dei prigionieri", dall'altra Haniyeh vede nella proposta l'ultimo tentativo di scippare la vittoria nelle recenti elezioni legislative di Gennaio.

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