di Michele Paris

Con una settimana di ritardo rispetto alle previsioni, lunedì la commissione elettorale di Haiti ha proclamato il discusso cantante Michel Martelly nuovo presidente dell’isola caraibica. Il ballottaggio per le presidenziali è andato in scena dopo il contestato primo turno dello scorso novembre ed è stato nuovamente caratterizzato da numerose accuse di brogli e da una bassissima affluenza alle urne.

L’altro contendente a succedere all’attuale Presidente, René Préval, era la 70enne docente universitaria, Mirlande Manigat, moglie dell’ex presidente haitiano Leslie Manigat. Al secondo turno del 20 marzo, secondo i dati provvisori, Martelly - conosciuto con il nome di scena “Sweet Micky” - avrebbe raccolto ben il 68 per cento dei voti contro poco più del 32 per cento a favore della sua rivale, ottenendo la gran parte dei consensi andati agli altri diciassette partecipanti esclusi dopo il primo turno.

Il dato più significativo del confronto tra i due candidati, entrambi di destra, sarà in ogni caso quello dell’astensione. Anche se il Consiglio Elettorale Provvisorio non ha ancora reso noto questo numero, è improbabile che lo scoraggiamento degli elettori e la sostanziale affinità di vedute tra Martelly e Manigat siano riusciti a trascinare alle urne più del già misero 23 per cento di votanti che avevano partecipato al primo turno.

Subito dopo l’annuncio dei risultati, i sostenitori del neo-presidente si sono riversati nelle strade della capitale, Port-au-Prince, per festeggiare, mentre il contingente militare delle Nazioni Unite presente sull’isola aveva alzato il livello di allerta in previsione di possibili scontri. Disordini diffusi erano infatti avvenuti in occasione del primo turno, dopo che le voci di irregolarità avevano iniziato a diffondersi nel paese.

Ad alimentare gli scontri in quell’occasione erano stati soprattutto gli elettori di Martelly. Il loro candidato, secondo i primi dati, si era classificato terzo alle spalle di Mirlande Manigat e del candidato del partito di governo, Jude Célestin. Dopo una lunga indagine sui brogli da parte dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), le pressioni degli Stati Uniti e della comunità internazionale avevano finito per convincere Célestin a fare un passo indietro, promuovendo invece Martelly al ballottaggio.

Secondo le parole dello stesso Consiglio Elettorale Provvisorio, anche per il ballottaggio, “nel calcolo dei voti è stato riscontrato un livello elevato di brogli e irregolarità di vario genere”. Questo giudizio aveva così determinato il rinvio della pubblicazione dei dati provvisori, inizialmente fissata per giovedì scorso. I risultati definitivi verranno resi noti solo il 16 aprile prossimo, una volta scaduti i termini per eventuali ricorsi.

Per i pochi haitiani che si sono recati alle urne, la candidatura di Michel Martelly può aver rappresentato l’illusione di una scelta alternativa alla classe politica locale per fronteggiare i drammatici problemi del paese più povero dell’intero continente, che continua a vivere le conseguenze del devastante sisma del gennaio 2010. Martelly, tuttavia, oltre a dover fare i conti con un primo ministro scelto dal Parlamento nel quale il partito dell’ormai ex presidente Préval detiene la maggioranza, ha un passato tutt’altro che cristallino.

Il 50enne cantante di kompa ha basato la propria campagna elettorale su un messaggio di cambiamento per rompere con decenni di corruzione e cattivo governo dell’isola. Il suo appello contrasta però fortemente con un passato che l’ha visto molto vicino ai regimi dittatoriali, e alle relative forze paramilitari, che hanno governato Haiti negli ultimi tre decenni. Martelly è considerato inoltre un oppositore irriducibile del due volte ex presidente Jean-Bertrand Aristide, rimosso da altrettanti Colpi di Stato nel 1991 e nel 2004 con il beneplacito di Washington.

Proprio il ritorno in patria di Aristide dal suo esilio in Sudafrica due giorni prima del ballottaggio aveva fatto temere l’esplosione di possibili tensioni, soprattutto alla luce del consenso ancora molto forte raccolto da quest’ultimo tra gli haitiani più poveri e dalla controversa esclusione del suo partito - Fanmi Lavalas - dal voto. Nonostante la condanna espressa da Aristide nei confronti del trattamento subito dal suo movimento, il suo rimpatrio non ha apparentemente contribuito ad aggravare l’atmosfera nella quale si è tenuto il secondo turno delle elezioni presidenziali.

Se l’elezione di Michel Martelly farà ben poco per migliorare la situazione della maggior parte degli haitiani, il voto del 20 marzo scorso è sembrato invece soddisfare ampiamente la comunità internazionale che di fatto controlla le sorti dell’isola. Gli USA, l’Unione Europea, l’OSA e le Nazioni Unite, attraverso il Segretario Generale Ban Ki-Moon, si sono congratulati per la buona riuscita dell’elezione.

Il loro auspicio, d’altra parte, era precisamente quello di un passaggio dei poteri senza scosse e di installare un nuovo presidente in grado di continuare a garantire la stabilità ad Haiti e nell’intera regione caraibica. Un obiettivo che potrebbe però essere messo in pericolo già a breve, di fronte ad un malcontento sempre crescente e agli effetti del ritorno dello stesso Aristide, tuttora estremamente popolare proprio tra quella massa di haitiani che difficilmente potrà beneficiare della recentissima elezione di Michel Martelly.

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